Buon Natale
Sono passati più di duemila anni dall'evento che noi oggi celebriamo, nonostante questo continuiamo a stupirci per un bambino che ci è nato.
Davanti ad un neonato è facile intenerirsi, la sua piccolezza ci spiazza, il suo abbandono ci disarma; è la vita che mostra se stessa nella totale potenzialità, in tutto il suo splendore. È il contrasto tra piccolezza e potenzialità che ci meraviglia, ci fa capire che ogni bimbo che nasce è il segno che Dio non si è ancora stancato dell'umanità (Tagore).
In fondo questo è il Natale: Dio, dall'alto del cielo, non solo non si è stancato dell'umanità ma è voluto entrare nella storia degli uomini, facendosi lui stesso carne e sangue, vene e muscoli, respiro e sudore.
Questo è il Vangelo, la buona notizia, la novità... la cosa più incredibile: un Dio che diventa uomo.
È nella fantasia dell'umanità il desiderio di diventare come Dio, arrampicarsi fino al paradiso, salire sulle impervie vette dell'impossibile. Invece Dio inaspettatamente compie per noi la strada inversa e si china sulla nostra piccolezza e si fa piccolo. Si intenerisce come noi ci inteneriamo davanti alla piccolezza di un bambino e vorremmo farci come lui, lo vezzeggiamo e lo assecondiamo nei versi e negli atteggiamenti, quasi da perdere la nostra identità e dignità di adulti mettendoci al suo livello.
È difficile immaginare un Dio privato della sua aura di mistero, di gloria, di unicità, calato in una anonima vita di un essere umano confuso tra milioni di suoi consimili. Un Dio così che si lasciare contaminare dalla umanità sembra negare ogni visione di soprannaturale onnipotenza e perdere ogni dignità divina, diventa irriconoscibile come Dio ma riconoscibile in un volto umano, un volto deturpato dalla fatica, dalla sofferenza, dal dolore.
Dio nascendo uomo ci costringe a contemplare questa nostra umanità e scoprire in essa i barlumi di divinità, quella somiglianza con Lui che ha posto nell'umanità fin dall'inizio della creazione (Gen 1,27).
Giovanni nel prologo del suo vangelo, lamenta: era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,10-11). È perché l'uomo da sempre cerca in Dio l'onnipotenza, lo splendore, la santità, l'alterità che non riesce a riconoscere nell'umanità dei suoi simili.
La tradizione del presepe, che in questi giorni trova posto nelle nostre case, ha proprio la caratteristica di contemplare questa umanità... vi troviamo di tutto: i magi, i pastori, la lavandaia, il fabbro, il boscaiolo, il pescatore, il fornaio... tutta l'umanità è rappresentata nella sua multiforme diversità, ma tutta si rispecchia in quel bimbo che ci è dato che è anche l'unico motivo che dà ragione al loro esistere; un presepe senza il bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia (Lc 2,12) non avrebbe senso. Eppure siamo arrivati anche a questo nella moda tutta americana della rappresentazione della festa invernale, illuminata e in movimento con le giostre, la pista di pattinaggio, perfino la chiesetta che fa di contorno al nulla.
All'aurora della salvezza, è la nascita di un bambino che viene proclamata come lieta notizia: "Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2, 10-11). A sprigionare questa "grande gioia" è certamente la nascita del Salvatore; ma nel Natale è svelato anche il senso pieno di ogni nascita umana, e la gioia messianica appare così fondamento e compimento della gioia per ogni bimbo che nasce (cf. Gv 16, 21). [Giovanni Paolo II]
Il Natale ha il sapore, i colori, la luce della festa, ha la musica e i suoni della festa, è un grido di gioia e di speranza di una umanità che ha ancora voglia di "nascere", una umanità gravida di vita, capace di rigenerarsi davanti alla scoperta, come i pastori di Betlemme, di Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia (Lc 2,16).
Non è il compleanno di Gesù, come a volte si sente dire - tra l'altro il 25 dicembre è una data fittizia che ha altre origini storiche -, neppure la festa della nascita di un Dio che è in principio e tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1,3): Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, o Dio (Sal 90,2).
Natale è la festa dell'uomo che rinasce nella profondità del suo esistere perché scopre che l'amore di Dio non lo abbandona, anzi scopre un Dio che si fa amabile, tenero, piccolo, capace di abbandonarsi tra le braccia dell'uomo.
Natale è la festa dell'uomo vivente perché avvolto dall'amore di Dio così come il bambino avvolto in fasce dall'amore dell'uomo.
Natale è la festa dell'uomo che scopre di essere ancora capace di generare vita, di superare la morte e le sue manifestazioni di odio e di guerra perché Dio lo ha adombrato con la sua Misericordia, si è fatto Emmanuele (Dio con noi), ha posto la sua dimora in mezzo a noi (Gv 1, 14), ma ancora di più è in noi: non vivo più io, ma Cristo vive in me (Gal 2,20).
Non smettiamo di augurarci un buon Natale.