Omelia (25-12-2015)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Eduard Patrascu

"La Parola di Dio oggi è diventata uomo ed è in mezzo a noi"

Eccoci un'altra volta arrivati a Natale. Ogni anno, alla fine di dicembre, c'è il Natale. Tutti festeggiano il Natale, almeno per la festa che porta, ma non tutti si accorgono che prima c'è l'Avvento e quindi arrivano sotto Natale con i regali fatti, le spese per il pranzone fatte, magari con qualche vestito nuovo, insomma esteriormente... preparatissimi! Ditemi chi non si prepara, in un modo o nell'altro, al Natale? Eppure, la preparazione esterna non basta per vivere in maniera autentica il Natale. Pensate, se Gesù non fosse nato, non avremmo avuto il Natale, questa ricorrenza che oggi è festeggiata (a modo suo o secondo interessi tipici) anche da chi non si professa cristiano. Si può dire allora che chi festeggia il Natale senza accorgersi che è Gesù al centro di tutto, lo fa in maniera laica, come se fosse la festa della repubblica: non si va al lavoro, ci si trova con i familiari o amici mangiando e stando un po' insieme, ma questo è troppo poco per un Natale da cristiani!
C'è in Italia, come sapete meglio di me, il detto: "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi". Cercate di immaginare dove voglio arrivare. Eh si, a sottolineare che tante volte rischiamo di vivere il Natale solo con i familiari. Credo che si intuisce che così indeboliamo veramente il miracolo che viviamo con la venuta di Gesù in mezzo a noi. Eh si, perché Gesù, la Parola eterna di Dio, Dio stesso, è uno di noi, è nostro familiare. Molti lo lasciano fuori proprio a Natale, facedogli fare la stessa fine di 2 mila anni fa, quando non trovò posto dove nascere perché le case erano piene, come ci dice la tradizione dei "familiari", o se pensiamo agli alberghi, addirittura di sconosciuti.
Ma perché si festeggia il Natale senza colui che ci ha dato la possibilità di festeggiarlo? È la stessa cosa di una festa di nozze senza gli sposi: si può mangiare, e anche divertirsi, ma mancherebbe l'essenziale; insomma si potrebbe tornare a casa con lo stomaco che scoppia, ma con il cuore vuoto, o meglio, pieno di tristezza. E così succede anche con il nostro Natale se lo si festeggia senza Gesù. Voi mi direte che siccome molti non ci pensano nemmeno, non sentono questa mancanza. Forse è vero che le cose materiali possono oscurare persino i più grandi desideri del cuore umano, ma, come diceva un vecchio parroco di campagna, anche coloro che puntano tanto a riempirsi lo stomaco o a soddisfare certi desideri, anche loro in realtà cercano Dio, cercano il bambino Gesù che dia senso a tutto ciò che vivono e fanno.
Ecco perché noi cristiani siamo fortunati, perché sappiamo custodire e dare il giusto posto a ciò che è più importante a Natale: Gesù. Ma nemmeno per noi cristiani è scontato di poterlo vivere con intensità. Anche noi dobbiamo prepararci bene per poter gustare un'altra volta la bellezza, la tenerezza di questo Natale.
Diceva un padre della chiesa (s. Gregorio di Nissa): se noi riuscissimo a capire cosa significa per Dio l'essersi fatto uomo, moriremo di stupore per la tenerezza del cuore di Dio, la cui capacità di amare è così grande da farsi un bambino, che magari conta tanto per i suoi, ma la maggioranza non se ne accorge nemmeno che è nato. E così è avvenuto anche con Gesù: quanti si sono accorti? Quanti si accorgono che non si vive veramente il Natale se non ci si emoziona davanti a all'amore di Dio, se non ci si stupisce per questo stile incredibile di Dio di amare l'umanità! Come si fa a non commuoversi guardando il nostro presepe e pensando come è stato piccolo Dio in Gesù, come si è ridotto per amor nostro? Io penso che la nostra vita diventa così insipida, cosi piena di abitudini, così stressata e pesante perché non abbiamo la capacità di fermarci a riflettere sulle cose essenziali della vita. Spesso facciamo tante cose senza chiederci perché le facciamo: le facciamo solo perché dobbiamo farle e basta. Ma se nel trambusto della nostra vita agitatissima ci fermassimo un po' a considerare le cose più ovvie, riusciremmo a scorgere che la vita è bella, che merita essere vissuta, nonostante le difficoltà. E nella vita di fede avviene lo stesso. Bisogna fermarsi ogni tanto per ricordarsi, per rinfrescare i motivi della nostra fede.
Ecco perché anche quest'anno sentiamo, nella liturgia di Natale, lo stesso vangelo. "In principio era la parola, la parola era Dio... la parola di Dio si è fatta carne, uomo". E si tratta non di una Parola qualsiasi, ma di quella Parola/Dio che incarnata ha cambiato il senso della storia. Non siamo più nel buio della storia, ma abbiamo un senso: viviamo per Gesù, sì per il bambino che oggi contempliamo in una stalla povera. E come sapete le cose più importanti non sono rintracciabili facilmente: si nascondono, si velano. E cosi ha fatto anche Gesù: lui, Dio, si è nascosto dietro la carne di un bambino, e lo ha fatto per essere più vicino a noi e, allo stesso tempo, per invitarci a imparare ad andare oltre l'apparenza, tanto lodata e proposta anche nel nostro tempo.
Che questo Natale ci ricordi che se proviamo tanta sofferenza nel nostro cuore, è perché lo nutriamo di apparenze, di superficialità. E al cuore, realtà profonda per definizione, non piacciono le cose superficiali, apparenti. Il bambino Gesù, nato nel nascondimento a Betlemme, può e vuole riscaldare il nostro cuore. Dipende da noi se glielo permettiamo: Fermati! Fermati e rifletti. Fermati e ascolta il cuore alla cui porta bussa timidamente Dio, fallo entrare nella tua vita e vedrai che la tua vita riceverà senso, cambierà di tono.