Omelia (25-12-2015) |
don Alberto Brignoli |
Ti sei fatto carne, adesso...aiutaci! In un mondo in cui camminare lungo i marciapiedi delle grandi città, oppure prendere una metropolitana, o anche solo passeggiare da semplice turista, è diventato un rischio a causa delle molte minacce e grida di terrore, ci saremmo aspettati un Dio forte, difensore dei deboli, presenza sicura a fianco delle nostre vite. In un mondo in cui le stagioni ci mancano di rispetto, e la natura pure, e il clima fa quello che vuole, mandando all'aria tanti sforzi per ottenere un'alimentazione più sana, ci saremmo aspettati un Dio Creatore del cielo e della terra, regolatore e impeccabile orologiaio di quell'universo che noi non controlliamo più, ma sul quale lui può fare ancora molto. In un mondo in cui ci si preoccupa di salvare dal dissesto finanziario chi, forse, potrebbe anche salvarsi da sé, o comunque ha più possibilità di farlo rispetto a chi nella vita ha lavorato onestamente e ha accumulato qualcosa solo per vederselo portare via, ci saremmo aspettati un Dio giusto, che consegni alla giustizia chi ha rubato e sollevi dall'indigenza il povero. In una Chiesa che ancora non capisce che è ora di finirla con i giochi di potere, e che deve finalmente spalancare le porte sul mondo con atteggiamenti di ascolto e di misericordia, ci saremmo aspettati un Dio riformatore, che non ha riguardi per nessuno e che persegue i propri obiettivi fino in fondo, senza pietà per chi non ha pietà. In tutto questo bel "caos" ci vorrebbe proprio un Dio che - come al principio - riporti ordine e rimetta ogni cosa al suo posto. Invece, proprio per tornare "com'era al principio", Dio è il Verbo, la Parola, una Parola che crea e ordina le cose, certamente, ma lo fa "facendosi carne". E non si fa "uomo", e nemmeno "anima"... troppo nobili, quei termini. Si fa "carne", debolezza totale, limite, mortalità, elemento così umano che più povero non si può. Colui che sembrava essere il Dio potente, creatore e signore dell'universo, Dio dell'Esodo, della storia e degli eserciti, Dio immortale, si fa "carne" e viene ad abitare in mezzo a noi. Così, però, non si risolve nulla... perché Dio non si rivela in maniera un po' più forte? Perché non viene una volta per tutte a sistemare le cose? Perché non appare sulle nubi del cielo a proclamare il suo Regno? Almeno, forse, gli crederemmo... Invece no, "si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi". Si indebolisce, si svuota della sua potenza, per diventare debole come noi. Ma così, siamo ancora al punto di prima. Ci aspettavamo - e forse in questo Avvento ci abbiamo pure creduto - un Dio forte, capace di prendere in mano le sorti del mondo e le nostre personali, e ci ritroviamo ancora una volta in balia delle sofferenze e dei mali del mondo. Con una differenza, però: non siamo più soli. La nostra carne non è più abbandonata a se stessa: qualcuno se ne prende cura, qualcuno si fa prossimo, qualcuno si fa talmente uguale a noi da rendere noi totalmente uguali a lui. E lo fa nella "carne". Non nella psiche, nemmeno nel pensiero: lo fa nella carne, ciò che di più debole l'umanità porta con sé. E allora, visto che si fa "carne", esattamente come noi, e poiché decide di venire "ad abitare in mezzo a noi", chiediamogli, già che viene, di condividere la sua abitazione con noi. Dal momento che ha scelto di assumere la nostra debolezza per aiutarci a redimerla, oggi gli chiediamo, con tutto il rispetto che si deve a un Dio, di aiutarci a vivere le nostre debolezze, e - chissà - pure a riuscire a superarle un po' e magari iniziare il nuovo anno ormai alle porte con un pizzico di entusiasmo in più. E allora, aiutaci, Bambino di Nazareth, figlio di Davide e della nostra umanità! Aiutaci ad alleviare la solitudine di tanti anziani, che oggi si sentiranno dire "Buon Natale" solo dall'annunciatrice della televisione; aiutaci a non litigare tra vicini, e ancora meno tra fratelli, a ricambiare sempre il saluto, a sorridere con sincerità e non con apparenza; aiutaci a non rimanere senza lavoro, e a tenerci ben stretto quel poco che abbiamo; aiutaci a sopportare l'ingratitudine dei nostri figli, e anche a lasciarli liberi di fare le loro scelte, come anche noi le abbiamo fatte a nostro tempo; aiutaci ad ascoltare con pazienza i mugugni dei nostri genitori anziani, l'elenco delle loro malattie che li rende vulnerabili e scontenti, le loro continue recriminazioni, perché un giorno toccherà pure a noi, con i nostri figli; aiutaci ad avere una società che si occupi di noi, che non ci prenda in giro ogni volta che reclamiamo un diritto, che non ci faccia percorrere chilometri o attendere mesi per una visita medica, che non bruci i nostri risparmi di una vita in inutili speculazioni o sprechi, che ci permetta di sentirci sicuri senza dover vivere con le porte sbarrate; aiutaci tu, a non sbarrare le porte, soprattutto quelle del nostro cuore, a chi è diverso da noi per il credo religioso, il colore della pelle, la cultura o la mentalità, perché già l'hanno fatto con te, quella notte, a Betlemme, costringendoti a nascere in una stalla; aiutaci a non rimanere scandalizzati da una Chiesa che fa ancora fatica a cambiare; aiutaci a cambiarla un po' anche noi, questa Chiesa, vivendo la fede e l'impegno nella comunità non come se fossero un monopolio o un'esclusiva, ma accogliendo le proposte e la disponibilità di tutti; aiutaci a comprendere - in questo Anno della Misericordia - che perdere una messa non è bello, ma ancor peggio è perdere l'opportunità di compiere un gesto di carità verso i fratelli che soffrono; aiutaci a perdonare, ma ancor di più, aiutaci a fare la cosa più difficile per noi umani, quella di dimenticare il male ricevuto e di non avere più rimorsi per gli sbagli compiuti nel passato. Aiutaci, in definitiva, a capire che la nostra "carne", la nostra debolezza, non è un ostacolo alla salvezza, ma è la strada per arrivarci, perché oggi, quella strada, ce l'hai riaperta tu. |