Omelia (25-12-2015)
fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 2,1-14

Stiamo aspettando, anche noi, la grande luce che illumini le nostre tenebre.
Saremmo tentati di interrompere per un istante i contatti con la realtà, così precaria e piena di incognite, per rifugiarci nella poesia del presepe... Che dite, lo facciamo?
No, meglio di no... almeno noi adulti, restiamo in contatto con il mondo reale.
Lasciamo i sogni ai bambini... Arriverà anche per loro il momento di scegliere tra il sogno e la realtà; speriamo che, nonostante tutto, scelgano la realtà...
Ecco, volevo iniziare in tonalità maggiore, e invece... Provo a riprendere quota!
Nell'omelia della prima domenica di Avvento, scrivevo che non possiamo festeggiare il Natale del Signore, se il nostro cuore è pieno di ambiguità, di contraddizioni, di finzioni...
Natale è la festa della luce, Natale è la festa della Verità!
Chi parteciperà alla Messa di domani, ascolterà il Vangelo del Prologo di Giovanni, un inno alla Verità che risplende nelle tenebre e che le tenebre non hanno il potere di oscurare.
A Natale non possiamo essere ambigui, non possiamo cadere in contraddizione con la fede.
A Natale non c'è posto per le finzioni! A Natale, o si fa sul serio, o non si fa Natale!
Invece, quanta gente, a Natale, va a trovare parenti e amici, o li accoglie in casa propria, ostentando una cordialità, una affabilità che durano lo spazio di un pomeriggio, o di una sera...
E poi, se ne riparla il prossimo Natale!
A volte, spesso, la nostra pace è piuttosto una (breve) tregua dalle ostilità.
La terza domenica di Avvento, ho ricordato quella tregua divenuta famosa, improvvisata e spontanea, che intervenne tra un contingente inglese e uno tedesco la notte di Natale del 1914, in una trincea sul fronte franco-belga: durò fino alla sera di Santo Stefano.
Poi imbracciarono nuovamente i fucili....
Noi non siamo in guerra,...per ora. Tuttavia non siamo capaci di una pace vera e duratura...
Si può vivere sotto lo stesso tetto, in famiglia, in convento, in ufficio, a scuola, ed essere in guerra.
Per questo, ogni anno celebriamo il Natale del Signore; non come un ricordo, ma come un evento che accade in tempo reale! Le quattro orazioni della Messa sono coniugate al presente indicativo. Non è un semplice "facciamo finta che il Figlio di Dio nasca questa notte"... non siamo a teatro, anche se per molti sedicenti cristiani, la Messa di Mezzanotte non è granché diversa da una messinscena teatrale... Qui è tutto vero! Nel cerchio magico della Messa, i misteri di Cristo sono assolutamente attuali; potenza della liturgia!
"Hodie, Christus natus est! Hodie, Salvator apparuit!...". Oggi Cristo è nato! Oggi è apparso il Salvatore! Per questo noi cantiamo insieme agli angeli: "Gloria in excelsis Deo! Alleluia!".
Ma, come cantare Gloria-Alleluja con il cuore gonfio di rabbia, di rancore, di angoscia? sarebbe una finzione anche questa! Onestà e sincerità prima di tutto!
Alla luce di questo principio morale, siamo posti davanti a un bivio: o uscire di chiesa perché il peso che abbiamo sul cuore è oltremodo pesante, l'offesa imperdonabile, l'angoscia troppo ormai cronica, e non siamo in grado di perdonare. Perché il perdono non è un colpo di spugna!...
Oppure proviamo a fare pace, con noi stessi e con gli altri... Per far pace con Dio.
Siamo cristiani e sappiamo che l'ostilità contro gli uomini è ostilità indiretta contro Dio (cfr Mt 25).

Come si fa ad avercela su con un bambino che giace in una mangiatoia?
Intuisco l'obbiezione: l'incarnazione è una mossa ruffiana di Dio, per far leva sulle nostre emozioni, suscitando commozione, tenerezza, un po' di buonismo, etc. etc.
Ma l'obbiezione cade, quando ripercorriamo la vita di Gesù e scopriamo ciò che ha dovuto patire per rimanere fedele al Padre suo e agli uomini, per rimanere fedele a noi!
Il mistero dell'incarnazione non è la semplice manifestazione della solidarietà di Dio per gli uomini: l'incarnazione è la vita nostra in Dio e la vita Sua in noi! Gesù ha voluto vivere di persona le situazioni che è venuto a liberare.
Questo è il modo con cui Dio intende la salvezza degli uomini: mettersi nei loro panni, nei nostri panni. Sono i panni di tutti i bambini violati e vilipesi, sono i panni dei profughi rifiutati, sono i panni dei giusti perseguitati, sono i panni degli innocenti condannati, di coloro che non riescono ad arrivare a fine mese, che hanno perduto casa, o lavoro, o tutti e due.
Dio ha vestito i panni dell'abbandonato, dalla nascita alla morte... abbandonato dai capi del popolo, abbandonato dai custodi della religione, abbandonato da coloro che aveva chiamato amici.
"Elì, Elì, lemà sabactani?" Sulla croce, Cristo sembrò addirittura abbandonato dal Padre suo.
Vivendo personalmente le nostre vite, Gesù le ha redente dal di dentro.

Per questo, stanotte noi facciamo festa!

A nome della comunità dei frati Predicatori, vi auguro la pace di Cristo.
E spero che, come noi preghiamo per voi, voi preghiate un po' anche per noi Domenicani.
Il Giubileo che abbiamo appena cominciato - 800 anni di storia - segni l'inizio di una nuova primavera per l'Ordine e per la Chiesa.
BUON NATALE a tutti!