Omelia (27-12-2015) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Rocco Pezzimenti 1. Subito dopo il ritorno a Nazareth un altro contrattempo sembra turbare la pace della Sacra Famiglia. Un altro adempimento religioso, quello del pellegrinaggio a Gerusalemme per la festa di Pasqua, la induce a un nuovo spostamento. Gesù aveva dodici anni. I genitori, sulla via del ritorno, si accorgono che il figlio non è più con loro e, per questo, sono costretti a tornare indietro e a cercarlo per tre giorni. Immaginiamo l'ansia e l'attesa che in qualche modo prefigurano i tre giorni del futuro trittico pasquale di cui, questo smarrimento, sembra una prefigurazione. Alla fine, come sarà per la Resurrezione, lo trovarono pieni di sorpresa e di stupore per quello che era accaduto. 2. Era nel tempio, seduto in mezzo ai dottori della legge, ad ascoltarli e a interrogarli. Costoro "erano stupefatti della sua intelligenza e delle sue risposte", che erano pur sempre quelle di un bambino. Lo stupore colpì anche i genitori. È uno stupore che deve far riflettere. La presunta scienza degli adulti sembra come ridimensionata dalla apparente e ingenua sapienza di Dio che prende le vesti della fanciullezza. Quasi a commento, forse, Paolo dirà che la "scienza gonfia" perché il presunto sapere umano è pretestuoso e, alla fine, ingombrante e, a volte, persino inutile. La domanda di Maria è quella di qualunque madre: Perché ci hai fatto questo? Tuo padre ed io eravamo angosciati. 3. La risposta è, però, quanto meno singolare in quanto Gesù vuole sapere il perché di quella affannosa ricerca: "Perché mi cercavate?". Aggiunge poi che Egli deve attendere alle cose del Padre. I genitori, dice il vangelo, non capirono. Eppure questa risposta è in linea con tutto il segreto dell'annuncio evangelico: una sola cosa è necessaria. Il Signore ribadisce che una sola cosa val la pena di essere ricercata. L'unica ricerca che placa tutte le altre o che a tutte le altre dà un senso. Malgrado non abbiano capito, Luca ribadisce ancora una volta che "sua madre conservava tutte queste cose in cuor suo". Ribadisce pure l'umiltà del figlio che, frattanto, cresceva "sottomesso ad essi". 4. Si tornò a Nazareth e Gesù riprese la vita ordinaria e nascosta, senza clamore, come quella di un normale figlio, che pure era il Figlio di Dio. Giovanni ci ricorda che questa apparente vita ordinaria, è la vita di tutti noi, che come Gesù, siamo chiamati a essere figli di Dio: "Guardate quale immenso amore ci ha donato il Padre, così che siamo chiamati figli di Dio e tali realmente siamo". Aggiungendo poi subito che questo è il motivo per il quale il mondo non ci conosce. 5. Per l'apostolo della Verità, questa è una verità che non si può ignorare e il mentitore per eccellenza, colui che viene definito l'anticristo, chi è "se non colui che nega che Gesù è il Messia?", ossia nega che Gesù è il Figlio del Padre. "Chi rinnega il Figlio, non possiede neppure il Padre; chi confessa il Figlio, possiede anche il Padre". Questa convinzione deve rimanere in noi e guidare la nostra vita. Giovanni è chiarissimo nel ribadirlo. Questo è quanto si è udito sin dal principio e che deve guidare la vita del cristiano. Così facendo "anche voi dimorerete nel Figlio e nel padre". |