Omelia (27-12-2015)
don Luciano Cantini
Cresceva...

Quando egli ebbe dodici anni

Il racconto dell'infanzia di Gesù è, nel vangelo di Luca, una sorta di prologo fortemente connotato da aspetti simbolici resi evidenti dalla esperienza pasquale che pervade tutto l'Evangelo. Luca nel corpo del suo scritto immagina un lungo viaggio che culmina a Gerusalemme, proprio come nei primi capitoli dell'infanzia che culminano col pellegrinaggio pasquale. Anche qui i suoi tornano sui loro passi mentre Gesù rimane e soltanto dopo tre giorni viene ritrovato.

Non è raccontato ciò che era realmente accaduto, non una scappatella da adolescente, piuttosto nella struttura di una cronaca è nascosta una pagina di teologia o meglio di profonda Cristologia, perché ci viene detto chi è Gesù di Nazareth.

A dodici anni viene raggiunta la maggiore età, si esce dalla tutela paterna per assumersi la responsabilità di se stessi davanti alla Toràh, e Gesù viene ritrovato seduto tra i maestri nel Tempio: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?

Il Padre è nominato per la prima volta, Luca vuole liberare in noi lo spirito che grida Abbà Padre e la rivelazione del nome e del volto del Padre è una costante nel suo vangelo. Ma dice anche che Gesù deve occuparsi delle cose del Padre suo, letteralmente la traduzione dovrebbe essere: Non sapevate che nelle cose del padre mio è necessario sia io?

Non è un compito o un incarico, qualcosa di cui occuparsi tra le tante altre cose della vita, ma coinvolgimento totale del suo essere, della sua volontà, una immersione piena (battesimo) nel Padre suo. È la stessa rivelazione di Giovanni: io sono nel Padre e il Padre è in me (14,11)

Gesù è, come ogni uomo, nato da donna (Gal 4,4), ma è anche figlio di Dio (Lc 1,35), primogenito di molti fratelli (Rm 8,29) mandato nel mondo per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli (Gal 4,5).


Ma essi non compresero

Il racconto sembra sottolineare l'inadeguatezza di quei due giovani genitori che prima si fidano della famiglia allargata: la comitiva, parenti e conoscenti, poi la ricerca in Gerusalemme, infine il rimprovero in cui si pongono al centro ci hai fatto.

In fondo ogni genitore è inadeguato di fronte ad una vita che cresce, i figli sono e rimangono un mistero da accompagnare e seguire, forse si possono capire ma non comprendere, perché appartengono a se stessi e alla loro vocazione.

Luca ci racconta l'umanità di Giuseppe e Maria che nella loro incertezza, nei loro interrogativi, nei loro atteggiamenti, nella loro debolezza, lungi dalla perfezione e dall'ideale, ci assomigliano ed assomigliano a tanti genitori. È una esperienza faticosa, piena di incertezze, anche di frustrazioni per l'inadeguatezza dei genitori e la insufficienza dei figli, ma è anche una avventura affascinante e liberante perché accompagna una vita nelle diverse fasi della crescita. Questo brano è incastonato tra due frasi simili: Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui (Lc 2, 40); E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (2,52).

Il vero significato della famiglia è accompagnare questa crescita con rispetto e discrezione, meravigliandosi di ogni passo, anche senza comprenderlo perché proiettato nella inconoscibilità del futuro, fino alla responsabilità di una personalità adulta.

Così è costante in Maria il custodire nel suo cuore un mistero più grande di lei: è il suo modo di accompagnare il mistero del suo Figlio fino ai piedi della croce.