Omelia (01-01-2016) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di don Paolo Ricciardi Eccoci qui, al passaggio di un anno, tra fuochi d'artificio, botti, giochi, cene e pranzi da consumare con parenti ed amici. Sono giorni particolari, fatti di bilance (con l'aumento per tutti di qualche chilo) e soprattutto di "bilanci", come naturalmente avviene quando aggiungiamo una unità all'anno in corso. Si fanno considerazioni sul tempo, più o meno banali, attese e speranze di circostanza, augurandoci sempre che il futuro sia migliore del passato. E in questo ottavo giorno del tempo di Natale, nel primo giorno del nuovo anno civile, la liturgia ci ripropone il messaggio di Betlemme suggerendoci due vie per viverlo in pienezza: lo stile di Maria e la via dei Pastori. Lo stile di Maria, prima di tutto. Maria, maestra di fede e di stupore, non è come noi che ci lasciamo sorpassare dal tempo in modo inesorabile, ma ferma le cose, le rallenta, le "fa parlare", meditando su tutto ciò che accade e interrogando in silenzio il volto di Dio, che si esprime ora con lacrime e vagiti di un bimbo che ha bisogno di una Madre. "Custodire" è il verbo che salva il passato, che ci invita alla gratitudine, che fa della memoria un albero vivo di frutti, del cuore un "archivio di grazia". "Custodire" salva il presente e il domani, è scoprire per oggi e per domani le strade che conducono verso la pace, la grande pace promessa dalla benedizione di Mosè. E poiché il nostro difetto più grande è quello di essere superficiali, la liturgia ci invita a vivere il primo giorno dell'anno come Maria, custodendo e meditando. Siamo invitati a cantare un "Te Deum" di ringraziamento per il passato e a dire un "Sì" per un futuro che non conosciamo. Il secondo modo per vivere in pienezza il Natale è la via dei pastori, che se ne tornano lodando, ringraziando e testimoniando. Non basta vedere e meditare, è necessario celebrare e farlo insieme, testimoni gli uni per gli altri, profeti gli uni per gli altri. I pastori, gli ultimi della regione, andarono, videro e riferirono. E la gente si stupiva. Di fronte all'annuncio del Natale bisogna allora celebrare, come fanno i pastori, dimenticare tutta la liturgia profana di alberi e luminarie e regali, per conservare ciò che vale, con la capacità di lasciarci stupire, perché la nostra capacità di essere felici è proporzionata alla nostra capacità di provare meraviglia. La capacità di cantare e di esultare nasce in Maria perché conserva in cuore lo stupore "per Colui che opera meraviglie", e che ha fatto dei suoi giorni un tempo di stupore e della sua vita un luogo di prodigi. Se custodiamo una fede che sa ancora stupirsi, potremo incontrare la capacità, il dono, il miracolo di riuscire a stupire qualcuno, imparando a raccontare una storia che è il racconto del cielo che si è fatto vicino. La nascita di un bambino è la vicenda più semplice e normale che ci sia, succede tutti i giorni, fa parte della vita. Ma, quella notte, il bambino che nasce come ogni bambino riempie di ammirazione il cuore dei pastori, perché vedono... una madre: Dio ha voluto una madre, come ogni uomo, perché ogni uomo potesse dire a Dio "Abbà", padre. Nella apparente normalità di una nascita, in questa madre che stringe fra le braccia il suo piccolo nato e lo mostra ai pastori accorsi per vederlo, si compie l'immenso mistero del Dio-con-noi. Allora lo stupore per la vita che nasce diventa meraviglia che il Figlio di Dio diventi uomo nel modo normale degli uomini, che la via di Dio all'umanità sia aperta dalla maternità di Maria. Guardare alla Madre, allora, diventa per noi obbligatorio se vogliamo accostare Dio, se vogliamo "capirlo", sapere di lui e di noi, entrare nella sua confidenza. E lo facciamo oggi, giornata d'inizio del nuovo anno, quando siamo tentati di lamentarci già delle cose che non vanno, e invece siamo invitati a benedire. Lo facciamo oggi, nella Giornata Mondiale della Pace, con l'invito di Papa Francesco - che oggi apre la Porta Santa di Santa Maria Maggiore - a "vincere l'indifferenza e a conquistare la Pace". Per questo guardiamo ancora a Colei che non è mai indifferente a ciascuno di noi, ma che ci invita a "fare ciò che Gesù ci dirà", per permettere ancora una volta il segno del Vino nuovo nella festa dell'umanità. Nello scorrere dei giorni del nuovo calendario, vogliamo sognare giorni di pace, di incontri, di rinnovata amicizia. Non sappiamo cosa ci riserverà il 2016. Non possiamo conoscere quali saranno i giorni felici e quelli tristi, come non possiamo prevedere i giorni di bel tempo o di pioggia a lunga distanza. Ma di una cosa siamo certi: Dio non mancherà di starci accanto neanche per un giorno, neanche per un secondo. Lui è qui. Ci ama così come siamo, inondandoci della Sua Misericordia. È chiaro che l'anno sarà "buono" se noi, rispondendo alla chiamata d'amore di Dio, saremo "buoni", capaci di bene, capaci di "bene-dire" e mai di lamentarci o addirittura di maledire. Benedire e non lamentarmi. Benedire e mai maledire. Questo è l'augurio che ci facciamo, guardando alla Madre di Dio, che con la sua misericordia ricca di tenerezza ci indica il Figlio, nato per noi. |