Omelia (06-01-2016) |
padre Antonio Rungi |
Gesù, astro della misericordia divina La solennità dell'Epifania di quest'anno 2016 assume un particolare significato spirituale ed ecclesiale nel cammino dell'anno giubilare che stiamo facendo in tutta la Chiesa cattolica. La prima manifestazione globale di Cristo Salvatore dell'umanità, avvenuta a Betlemme quando, da Gesù Bambino, arrivarono i Magi d'Oriente, ha un valore simbolico in quest'anno della misericordia, in quanto Gesù che si manifesta quale redentore ai Magi è lo stesso Cristo che oggi, nella sua Chiesa, manifesta il volto misericordioso del Padre. Egli è l'astro della misericordia, perché in Lui l'umanità intera, senza esclusione di nessuno, trova la sorgente della vera gioia e speranza nell'amore e nella riconciliazione. Il racconto del Vangelo di Matteo sulla venuta dei Magi a Betlemme, fa risalare figure inquietanti come Re Erode che ha come idea portante del suo operato quella del male. Poi ci sono i tre sapienti che mossi dal desiderio dei sapere e di scrutare le verità della ragione, seguono l'indicazione della stella cometa, che li fa approdare ai piedi della vera luce e astro dell'universo, che è Gesù, ci aiutare a capire quanto sia importante, nella ricerca della verità, far ricorso alla ragione e parimenti alla fede. Tutte e due sono ali e possibilità per raggiungere la verità, possederla ed annunciarla agli altri con l'umiltà di chi è in un continuo pellegrinaggio giubilare, che ci porta ad attraversare la porta santa che è Gesù Cristo. Il bene e il male coesistono nel tempo e nella storia e solo la cernita finale potrà separare per sempre chi è dalla parte del bene e chi, purtroppo è dalla parte del male, chi è cristiano davvero e chi è erodiano che cultura e atteggiamento di vita, finalizzato alla distruzione e all'eliminazione fisica degli altri. Tra Gesù ed Erode non ci può essere incontro. Tra bene e male non c'è una via di mezzo. Ci può essere una possibilità per approfondire nella conoscenza e nella ricerca cosa sia il vero bene e cosa sia il vero male, e questo può essere espresso giustamente dalla figura dei Re Magi che si recano da Gesù ed offrono al vero Re, oro incenso e mirra, i doni di un Natale che dura nel tempo ed è costante richiamo alla misericordia di Dio, al perdono di Dio. La solennità dell'Epifania è proprio la festa del perdono, cioè del dono dato in modo massimo, gratuito e con generosità. A partire da questa solennità così importante nella cristianità, ogni credente faccia tesoro dello stile di vita dei sapienti dell'Oriente ed orienti la sua vita sull'astro della misericordia che è Gesù Cristo, ma è anche Maria, la sua madre tenerissima, che pure i Magi ebbero la gioia di incontrare in quel luogo di luce, di speranza e di pace che era la grotta di Betlemme, dove nacque Gesù il Messia, atteso dalle gente e loro liberatore. In questa prospettiva di fede e di rinascita che viene a portare il Salvatore, si colloca il testo della prima lettura della solennità di oggi, quando il profeta Isaia, sollecita una risposta di impegno e coraggio per tutto il popolo santo alla venuta del Redentore: "Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te". L'anno giubilare è questo rialzarsi dei singoli cristiani, ma dell'intera chiesa che necessita di conversione, perdono e riprendere un cammino, spesso dimenticato nel cultura dell'indifferenza in cui si trova ad operare, divenendo essa stessa indifferente verso certi bisogni essenziali della persona umana. La chiesa si deve rivestire di luce, si deve rivestire di Cristo, più che vestire abiti ed abbigliamenti sontuosi che sono solo apparenze e non vanno al cuore del vero e sostanziale messaggio evangelico, che è quello dell'amore, della solidarietà e della fraternità universale, della misericordia. Ce lo ricorda con grande passione apostolica san Paolo nella lettera agli Efesini, quando parlando della venuta di Cristo sulla terra dice che "le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo". L'eredità di Cristo è il Paradiso, la gloria del cielo, la felicità eterna. Gesù non ha altre eredità. E' nato povero, è vissuto da povero ed è morto sulla croce svestito e privato di tutto. Siamo chiamati a formare il corpo lo Cristo, che è la chiesa e sentirci davvero uniti ad essa e in essa, sviluppando quella comunione ecclesiale che è fondamentale per essere dei buoni cristiani. Siamo chiamati ad essere partecipi della stessa promessa che troviamo espressa nel Vangelo e che trova la sua piena espressione in quel Dio che è misericordia per sempre e per tutti. Nessuno è escluso da questa misericordia, da questo progetto universale di perdono, in quanto Cristo è venuto per salvare e non condannare, è venuto a salvare ciò che era perduto è venuto per sostenere il cammino di conversione, penitenza e riconciliazione dei peccatori. Non senza motivo la solennità dell'Epifania ci proietta già nel mistero della Pasqua-Risurrezione ed è chiamata Pasqua-Epifania e in questo giorno si legge, dopo la proclamazione del Vangelo e prima dell'Omelia, l'Annuncio del giorno della Pasqua. Sia questa la nostra preghiera nel giorno in cui i Re Magi adorarono Gesù e offrirono a Lui i doni, espressione di una regalità, che in quel Bambino, appena nato, è presente con i segni della tenerezza e della misericordia: Prostrati davanti a Te Gesù Bambino, come i Re Magi venuti dall'Oriente, noi oggi ti ringraziamo per averci scelti, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati nella carità, predestinandoci ad essere Figli adottivi di Dio, mediante la opera di redenzione, o Gesù Cristo.
|