Omelia (10-01-2016) |
Michele Antonio Corona |
La figura di Giovanni riprende nuovamente la scena nel vangelo odierno ed è presentata in relazione con Gesù. I primi due versetti del brano che ascoltiamo nella celebrazione del Battesimo ci sono già stati proposti nella terza domenica di avvento. In quel contesto ci preparavano alla venuta del Signore e ci esortavano a guardare l'attesa che il popolo viveva nell'ascolto della parola del profeta. Il popolo che accorreva da Giovanni aspettava con una domanda profonda nel cuore: è lui il Cristo? Interrogativo che non si conclude, per noi, con la celebrazione del Natale, ma che alberga nel nostro cuore ogni giorno. Come riconoscere il Signore? Come identificare il vero Messia, il Signore della storia, l'atteso per la salvezza? Tutto ciò non è scontato né a livello teologico né a livello esistenziale. Ancor più per il fatto che il modo di rivelarsi di Dio è spesso opposto al nostro naturale ragionamento. Giovanni presenta Gesù in continuità alla propria opera di predicazione: mentre il figlio di Zaccaria battezza per la purificazione, il Cristo lo farà per l'effusione dello Spirito. La prima lettura, tratta da Isaia, sottolinea il sentimento di consolazione che il profeta infonde nel suo popolo, storicamente stremato dall'esilio e riluttante al ritorno in patria. Quel viaggio fisico è segno di conversione, di ritorno alle origini e di fiducia nella promessa di Dio. In questo senso, Giovanni nella sua predicazione attualizza la parola di Isaia, la rende vicina a chi lo ascolta e attende. L'allusione ai sandali non si riferisce al moralistico segno dell'umiltà da parte del profeta nei confronti del Cristo; neppure all'indegnità esistenziale dello schiavo nei confronti del padrone. Questa interpretazione appare totalmente fuorviante in riferimento a Gesù e alla sua vicenda di vita. Invece, l'azione è molto più significativa se inserita nel panorama dell'antico testamento. In esso - esempio emblematico è l'ultimo capitolo del libro di Ruth - i sandali vengono slacciati e consegnati all'altro per convalidare un patto. In particolare per affidare ad altra persona la possibilità di riscatto. In altri termini, chi riceveva il sandalo aveva il dovere di salvare la persona che gli veniva affidata o assumeva il compito di portare a termine un'opera iniziata. Pertanto, Giovanni non ha diritto né di ricevere il sandalo di Gesù né tantomeno di slacciarlo. Perché il diritto di riscatto è saldamente in mano all'uomo che è andato come gli altri a farsi battezzare. Questo uomo, apparentemente uno tra tanti, è colui di cui la voce dal cielo dice: "Tu sei il mio figlio, l'amato". Tra gli uomini, figli e amati, questi è colui di cui il Padre dice la benedizione. La seconda lettura sottolinea e fortifica questa opera del Figlio amato a favore di tutti gli uomini: "Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le buone opere". Il dono del Cristo, supremo e totale, non è a proprio vantaggio, ma per tutti coloro che sono entrati nell'ottica di un battesimo di rigenerazione. Un lavacro non più (soltanto) di acqua purificatrice, ma di fuoco che consuma, riscalda, arde, illumina. Il battesimo del Cristo, donato a prezzo di sangue, non solamente rende pronti e puliti per l'incontro, ma diventa esso stesso incontro dell'opera redentrice. Il richiamo al pastore presente nel finale del brano di Isaia rende evidente il modo paterno e attento di operare la salvezza da parte del vero pastore, che da la vita per le sue pecore fin dall'incarnazione. |