Omelia (03-01-2016) |
mons. Antonio Riboldi |
Gesù venne tra i suoi Oggi, con il Vangelo di Giovanni, la Chiesa continua a farci respirare la Bellezza del Natale di Gesù, con inizio che celebra la solennità e Misericordia di Dio, il cui Figlio, il Verbo, si fa carne. Leggiamolo insieme: è la bellezza del nostro credo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta... Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne tra i suoi, e i suoi non l'hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo,, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi: e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito, che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.". (Gv. 1, 1-18) È un meraviglioso ‘credo', suggerito dallo Spirito Santo a Giovanni. Ma colpisce quel leggere la non accoglienza di tanto Dono: ‘venne tra i suoi e i suoi non l'hanno accolto', ma subito, l'evangelista definisce la sorte di quanti Lo accolgono: ‘A quanti però l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio'. Ma noi siamo tra quelli che Gli chiudono la porta in faccia o tra i beati che gli spalancano la porta della fede e del cuore? E' il grande interrogativo che ci pone oggi il Vangelo. Come possiamo essere ‘sicuri' che la porta del nostro cuore sia aperta? Riprendo tre espressioni di Papa Francesco, in un discorso tenuto al "Centro Astalli" di Roma per il servizio ai rifugiati. Forse che quaggiù non siamo tutti ‘rifugiati', ‘pellegrini', bisognosi gli uni degli altri? Cosa dobbiamo fare per accogliere il Verbo nella nostra vita e così ‘diventare figli di Dio'? "Servire... significa accogliere la persona con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione, come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli. Servire significa lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Solidarietà, questa parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. E' quasi una parolaccia per loro. Ma è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione. I poveri sono anche maestri privilegiati della nostra conoscenza di Dio; la loro fragilità e semplicità smascherano i nostri egoismi, le nostre false sicurezze, le nostre pretese di autosufficienza e ci guidano all'esperienza della vicinanza e della tenerezza di Dio, a ricevere nella nostra vita il suo amore, la sua misericordia di Padre che, con discrezione e paziente fiducia, si prende cura di noi, di tutti noi. Una domanda per tutti: mi chino su chi è in difficoltà oppure ho paura di sporcarmi le mani? Sono chiuso in me stesso, nelle mie cose, o mi accorgo di chi ha bisogno di aiuto? Servo solo me stesso o so servire gli altri come Cristo che è venuto per servire fino a donare la sua vita? Accompagnare... La carità che lascia il povero così com'è non è sufficiente. La misericordia vera, quella che Dio ci dona e ci insegna, chiede la giustizia, chiede che il povero trovi la strada per non essere più tale. Chiede che nessuno debba più avere bisogno di una mensa, di un alloggio di fortuna, di un servizio di assistenza legale per vedere riconosciuto il proprio diritto a vivere e a lavorare, a essere pienamente persona...Ecco, questa responsabilità è la base etica, è la forza per costruire insieme. Mi domando: noi accompagniamo questo cammino? Difendere... vuol dire mettersi dalla parte di chi è più debole. Quante volte leviamo la voce per difendere i nostri diritti, ma quante volte siamo indifferenti verso i diritti degli altri! Quante volte non sappiamo o non vogliamo dare voce alla voce di chi ha sofferto e soffre, di chi ha visto calpestare i propri diritti, di chi ha vissuto tanta violenza che ha soffocato anche il desiderio di avere giustizia! E, per la nostra riflessione, aggiungo alcune forti espressioni del caro e beato Paolo VI "Cristo è venuto per tutti. Cristo sarà raggiunto da chi vuole raggiungerLo. La sua salvezza non ci sarà data senza una nostra cooperazione. Non è magica, non è automatica la sua salvezza. Non è un dono imposto a chi non vuole riceverlo. L'economia della misericordia non ci dispensa da un nostro sì, libero e personale, di buona volontà, da una collaborazione di accettazione. Anzi la venuta di Cristo fra noi fa risaltare, come una scelta drammatica, la vocazione della nostra libertà nel gioco della nostra salvezza. Chiamati ad un soprannaturale destino, siamo liberi, siamo responsabili, della scelta con cui noi lo applichiamo o da noi lo respingiamo. Il dramma morale del mondo e delle anime si fa grandioso e tremendo". (25 dicembre 1960) Ed è vero: è meravigliosa e nello stesso tempo drammatica la libertà di accogliere Gesù nella nostra vita o di ignorarne addirittura la presenza o l'esistenza, come se Lui nulla avesse a che fare con la nostra vita. Come è altrettanto triste illudersi di essere Suoi discepoli e amici, restando chiusi nelle nostre misere sicurezze, in una religiosità intimistica e fuorviante. Siamo nell'anno Santo della Misericordia e non ci possono più essere ‘giustificazioni' o ‘scuse' o ‘ignoranze'. Dio è Misericordia verso ciascuno di noi, ma proprio per il Suo Dono ci chiede di diventare misericordiosi come Lui verso ogni fratello che pone sulla nostra strada. Solo così potremo accogliere il Suo Verbo e ‘diventare figli' nel Figlio. |