Omelia (10-01-2016)
fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 3,15-16.21-22

Ecco la seconda epifania del Signore: la Chiesa ha scelto questa festa liturgica per chiudere il Tempo di Natale; da domani, basta presepio e albero sfavillante di luci! riprende il tempo ordinario, un mese esatto, fino al 10 febbraio, mercoledì delle Ceneri, che inaugurerà la Quaresima.
Quest'anno i tempi sono ridotti, la Pasqua è molto bassa, il 27 marzo.
La nostra Pasqua cade la domenica che segue il (primo) plenilunio di primavera.
Non è il momento per spiegare la complicatissima questione della datazione della Pasqua, sulla quale (datazione) si accese una diatriba così violenta che la Chiesa d'Oriente si separò da quella di Occidente. Qualcuno si sarà chiesto se fosse il caso di mandare a monte l'unità della Chiesa proprio sulla data della Pasqua, manifestazione definitiva della pace tra Dio e gli uomini. Ma tant'è! C'erano motivazioni di natura politica - siamo alle solite! - che infiammarono la polemica e pesarono in modo determinante sui rapporti tra la Chiesa di Roma e la Chiesa bizantina.
"De hoc satis", dicevano i Latini, per chiudere una discussione dai risvolti quantomeno imbarazzanti. E lo dico anch'io, il Vangelo di oggi è ricco già di suo di spunti per la riflessione della settimana entrante; la prossima domenica ci attende il racconto di un'altra epifania del Signore, il miracolo di Cana, che segnò l'inizio della vita pubblica di Gesù.
Con il Battesimo al Giordano, il Signore ricevette, per così dire, il mandato ufficiale da parte del Padre a condurre la missione per la quale era nato.
Siamo nell'Anno Santo della Misericordia e questo rito al quale Gesù liberamente si sottopose era necessario perché Lui sperimentasse di persona la misericordia celeste ed essere così ambasciatore di misericordia presso i suoi contemporanei e, più tardi, davanti al mondo intero.
Non che fosse colpevole di peccato alcuno; tuttavia, Gesù sentì il bisogno di mettersi nei panni dei peccatori che affollavano le rive del fiume sacro di Israele. Venuto anche per lui il momento di immergersi in quelle acque, il cielo si aprì e il Figlio di Dio sentì la voce del Padre che dichiarava a lui personalmente: "Tu sei mio figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.".
Gesù fu ripieno di Spirito Santo e cominciò a percorrere in piena consapevolezza il viaggio che lo avrebbe condotto a trasfigurarsi sul monte Tabor, ma ancor più sul Calvario, ove, più che trasfigurato, apparve sfigurato, Uomo dei dolori che ben conosce il patire (cfr. Is 53).
Questa è la novità che fa la differenza tra il Battesimo di Giovanni e il Battesimo cristiano; e fa anche la differenza tra una confessione interiore, privata, e il sacramento (pubblico) della riconciliazione: pronunciate le parole di rito, espletati i gesti prescritti, anche oggi, il cielo virtualmente si apre, scende su di noi lo Spirito Santo e il Padre, pieno di gioia, dichiara a ciascuno di noi: "Tu sei mio figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.": nel Cristo, noi diventiamo figli eletti del Padre! e vi sembra poco?
Peccato che poi ce ne dimentichiamo... Ecco perché è necessario ritornare regolarmente alle fonti della misericordia, per confessare la nostra fede e ricevere nuovamente il perdono di Dio, il quale, ancora dichiarerà a ciascuno: "Tu sei mio figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.".



Allora, che cosa è rimasto (dei misteri) del Natale che abbiamo celebrato in queste due settimane?
Almeno un po' di devozione? Ma la devozione non basta. È necessario l'amore!
Mi riprendo immediatamente, per scongiurare l'obbiezione che i preti e le suore, gira che ti rigira, finiscono sempre a parlare di amore... E di cosa dovrebbe parlare un prete, se non di amore? Naturalmente non di un amore qualsiasi... men che meno di amore sdolcinato e ruffiano!
Il primo amore che possiamo, dobbiamo nutrire a Natale è l'amore per Dio; sia chiaro, Dio non pretende nulla da noi: siamo liberi di dirgli di sì, o di no. Lo sapeva, Dio, che, creandoci liberi, avremmo potuto usare della nostra libertà per corrispondere al Suo amore, oppure rifiutarlo.
Proviamo a chiederci: che cosa significa rifiutare (volontariamente e in tutta libertà) l'amore di Dio?
Non è necessario compiere dei crimini contro la fede, o la carità... Basta solo non pensare mai a Dio, o quasi mai; dedicargli un istante la mattina quando, appena svegli, abbiamo ancora inserito il pilota automatico; o la sera quando, stanchissimi, abbiamo nuovamente inserito il pilota automatico.
E questo sarebbe l'amore che sentiamo di volere a Dio, l'amore di un figlio amatissimo, nel quale il Padre ha posto il suo compiacimento?
È vero, potremmo anche rovesciare la domanda: "e questo sarebbe l'amore di Dio per i suoi figli?" guerre, malattie, tragedie familiari, eserciti di profughi che premono ai nostri confini, donne incinte e bambini morti in mare... Se Dio ci ama così tanto, perché non fa qualcosa?
Per non parlare dell'amore di Dio per Gesù... Come può Dio dichiarare a Gesù: "Tu sei mio figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento", se poi lascia che Giuda, un povero meschino, accecato dalla smania di far soldi, lo venda per appena 30 denari? Come può Dio dichiarare a Gesù: "Tu sei mio figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento", e lasciare che Simon Pietro, un esaltato dalla coda di paglia, lo rinneghi dopo aver giurato e spergiurato che lo avrebbe seguito fino alla morte?... Il resto della storia lo conosciamo tutti.
"Muori in croce, figlio mio prediletto! In te ho posto il mio compiacimento... e il tuo sacrificio placherà la mia ira contro gli uomini!"... Un modo a dir poco singolare di amare un figlio, non trovate?
Bando alla tristezza! Oggi dobbiamo esultare di gioia perché la luce di Cristo non splende solo ai pastori, nella steppa desolata di Betlem; la luce di Gesù risplende sui peccatori accorsi numerosi al Giordano...e splende anche sui Farisei... Per i primi, è pegno di consolazione e di speranza; per i secondi, invece, è motivo di scandalo e di condanna. Del resto, il vecchio Simeone lo aveva annunciato a Maria, nel Tempio: "Questo bambino è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. Ed anche a te una spada trafiggerà l'anima." (Lc 2,34-35).
Lasciamoci illuminare dalla luce di Cristo, senza paura e senza vergogna! "Ecco, egli ha con sé il premio. Come un pastore fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri." (Is 40,11).