Omelia (10-01-2016)
don Walter Magni


Celebriamo oggi la manifestazione di Gesù nelle acque del Giordano, mentre anche il cielo si apre e si manifesta definitivamente su di Lui (Battesimo del Signore, 10 gennaio 2016). Mi lascio guidare per il commento da questa intuizione: "Forse non è un giorno solo quello in cui Dio dice: "Tu sei mio Figlio...". Come per un padre, come per una madre - così mi sembra di capire -, ci sono giorni in cui ti vengono alle labbra come una necessità, quelle parole: Tu sei mio figlio. È un'esclamazione del cuore. Io vorrei oggi sottolineare tre giorni in cui Dio dice: Tu sei mio Figlio". (d. A. Casati).


Siamo già figli

Che Gesù fosse Suo Figlio stava scritto molti e molti anni prima del Suo Battesimo al fiume Giordano. Stava già scritto nella carne di quel bambino che abbiamo guardato con tenerezza a Natale. Anzi, stava già scritto sin dal momento del Suo concepimento nel grembo di Maria. Quando l'angelo le dice: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra". Anche in quel caso lo Spirito Santo discende dall'alto e avvolge Maria come "potenza dell'Altissimo". E così termina l'angelo dell'Annunciazione: "Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio". Dunque: Gesù è concepito e nasce e Dio già Lo chiama Figlio: "tu sei il Figlio mio, l'amato".

E come quando si mette un bambino appena nato nelle braccia di sua madre o di suo padre e questi dicono, come un'esclamazione del cuore: "tu sei proprio mio figlio", così anche Dio: appena un bambino vede la luce, uomo o donna che sia, per Dio è già un figlio. È già scritto nella sua carne che è suo figlio. Figlio di Dio amato da Lui. E col Battesimo di un bambino noi non facciamo altro che ridire sacramentalmente qualcosa che è già iscritto nella carne. Prima ancora che tu possa dire "amen", prima ancora che tu possa fare un passo nel bene o nel male. Tu, sei già figlio amato.


Il posto di Gesù

Ma vorrei venire al secondo giorno, un secondo giorno in cui a Dio, sull'uomo venuto da Nazareth, vien fatto di esclamare: "Tu sei mio Figlio". Succede, infatti, come a un padre o a una madre, quando il figlio è ormai cresciuto e ti sembra che sia arrivato là dove era suo destino arrivare. O meglio: là dove era la sua vocazione, in ragione di quella chiamata che era già scritta nella carne. Dunque, come capita di dire anche a noi: "è a posto", cioè ha raggiunto la sua postazione, la sua realizzazione. "E qui sta lo sconcerto: che la voce dal cielo dica Tu sei mio Figlio, sei al posto giusto, proprio su un Figlio d'uomo, che si è immerso nelle acque nella fila dei peccatori, nel battesimo di tutti: ‘quando tutto il popolo fu battezzato, essendo stato battezzato anche lui'-, in questo atto di solidarietà, di condivisione con la vicenda del suo popolo. Non nella distinzione, ma nell'immersione, non nella potenza o nella superiorità, ma nella mitezza e nell'umiltà" (d. A. Casati). Davvero è una grazia se i cieli si aprono su Gesù, il Figlio dell'uomo, che così ha trovato posto tra di noi. Cioè: Dio Lo conferma Suo figlio in ragione di questo Suo posto, di questa Sua singolare realizzazione. Proprio di questo Dio, in tutta la Sua manifestazione, Si compiace: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento". Ci sarebbe da pensare quando noi diciamo, anche con un certo orgoglio, a chi abbiamo generato: tu sei mio figlio? Quando ha fatto carriera o quando lo vediamo immerso nella solidarietà, nella condivisione?


"Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (Sl 2)

E siamo a un terzo giorno, pur trascurando altri giorni in cui ancora Dio ripete su Gesù: "tu sei mio figlio". Come il giorno della Trasfigurazione, per esempio. Un terzo giorno, invece, è sicuramente quello della Sua risurrezione. Il riferimento è in un passo degli Atti, dove si ricorda che in un giorno di sabato Paolo entra nella sinagoga di Antiochia di Pisidia. Paolo prende allora la parola e ricorda la discendenza dei padri e in quella discendenza Gesù, giungendo ad affermare che Gesù non è altro che il compimento della promessa che era stata fatta ai padri. E precisamente dice: "poiché Dio l'ha attuata (la promessa) per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: ‘Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato'" (At 13,33). Bellissimo! È come se Dio, risuscitando Gesù, un figlio d'uomo che è stato crocifisso, dicesse ancora una volta e per sempre: sei mio Figlio, io oggi ti rigenero. Ti riporto alla vita nella sua pienezza, ti faccio entrare nella pienezza della mia vita, della vita di Dio. "Ebbene oggi - sono sincero - mi commuovo al pensiero che, il giorno in cui morirò e arriverò a lui, Dio, egli mi guarderà: sarò un pover'uomo, pieno di dubbi e di fragilità, ma lui mi guarderà e mi dirà: mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (d. A. Casati).