Omelia (06-01-2005)
padre Antonio Rungi
Dov'è il Re dei Giudei che è nato?

"Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?"
Quanto mai attuale è questa domanda oggi di fronte a nuovi e terribili drammi personali, collettivi e dell'intera umanità. E' la domanda che molti si stanno ponendo in questi giorni di lutto e sofferenza davanti al dramma dei bambini e dei tanti morti del maremoto dell'Asia. Dov'era Dio? Dio c'era allora, al tempo dei Magi che andavano alla ricerca della verità e c'è oggi, sempre, ovunque, perché Egli, anche nel dolore nella prova non abbandona mai i suoi figli.
La solennità dell'Epifania, che chiude tutto il periodo natalizio, ci immette nel clima di quella legittima esigenza della ragione umana di capire le cose, di saperle interpretare. Tuttavia, lo sforzo della ragione per quanto legittimo ed ardito non arriva alla comprensione piena dei misteri della fede e della vita, dei misteri di Dio e della sua autorivelazione all'uomo. E' necessario quel salto di qualità, quell'approccio diverso alle problematiche esistenziali, che solo la fede può dare. Fede e ragione, ci dice il Santo Padre Giovanni Paolo II, riprendendo temi cari alla filosofia cristiana dei primi secoli, nella splendida enciclica "Fide et Ratio", sono due ali per volare verso la verità. E' l'atteggiamento dei re Magi che dimostrano questo duplice modo, che si integrano a vicenda e si compensano, per affrontare il problema della conoscenza, del sapere, della verità. Temi dibattuti nel corso dei millenni, prima e dopo la venuta di Cristo e che hanno trovato risposte filosofiche diversificate e a volte contrastanti. Noi partiamo, come cristiani, da una certezza di fede, quella che afferma che Cristo è la Via, la Verità e la Vita per il genere umano. E, come i Re magi, ci incamminiamo per un sentiero che solo se fatto di disponibilità, di autenticità, umiltà, ci condurrà ad incontrare Cristo sempre e soprattutto ai piedi della Croce, quando, per amore, Egli, Figlio di Dio, Verbo Incarnato, offre tutta la sua vita per la redenzione del genere umano.
In questo tempo di crescente e diffuso ateismo, di secolarismo, di nichilismo, della morte di Dio, dell'indifferenza, dell'assenza di ogni ideale ultraterreno, ci risulta particolarmente incoraggiante la parola di Dio di questa solennità dell'Epifania che, oltre a manifestare la chiamata universale alla salvezza da parte di Dio nei confronti dell'intera umanità, mette in chiara luce quanto sia difficile entrare in questa prospettiva soteriologica. I Magi, pur sapienti e capaci di leggere i segni dell'universo, manifestano la volontà e la gioia di conoscere fino in fondo l'assoluta novità di quel tempo. Novità che è Vangelo. Novità che è incontrare Cristo nella grotta di Betlemme. Novità che significa cambiare strada, significa convertirsi, significa allontanare dai propri orizzonti e dalle proprie visioni di vita la prospettiva del male, dell'odio, della guerra, espressi dalla figura emblematica del Re Erode. Ecco vorremmo anche noi vedere sorgere la stella di Cristo nella vita personale e dell'intera umanità per venire a ringraziarlo e ad adorarlo, per offrire a lui ciò che siamo, come siamo, con i nostri limiti e con i nostri carismi, con le nostre grazie e con le nostre disgrazie, con le nostre illusioni e le nostre delusioni, con le nostre grandi attese e con le poche cose realizzate davvero. Ma certamente vorremmo molto di più e, sicuramente convinti fino in fondo, distanziarci da un modo di pensare ed agire che riflette l'orgoglio, l'arroganza, la dittatura del pensiero e dell'azione, la presunzione di essere gli unici e gli insostituibili, di sentirsi padroni della propria ed altrui vita e di decidere anche sul futuro degli altri. Erode insegna a riguardo e bisogna prestare attenzione, molta attenzione che la sindrome erodiana possa entrare a far parte della nostra vita e magari accondiscendere ad essa consapevolmente o inconsapevolmente.
"Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese". (Mt. 2,1-12).
E' qui la sintesi di un'esperienza ascetica e mistica che ogni cristiano è chiamato a fare alla scuola di Gesù Bambino e alla scuola del Vangelo della vita, della pace, dell'amore universale. La gioia di incontrare Cristo è una gioia tale che non ammette ripensamenti né ritorni alle precedenti esperienze di sofferenza o di apparenti gioie di questa terra. Chi si lascia intenerire dal cuore di Cristo non può non essere uomo della tenerezza e della bontà, non può non essere uomo della pace e della bontà, anche di fronte alle evidenti sfide dell'odio e della cattiveria degli altri. Bisogna davvero vincere il male con il bene, non entrare in quella mentalità che ci porta a rispondere all'offesa ricevuta con altra e più pesante offesa. Si genera una reazione a catena che non si arresta più. Invece è di forte insegnamento l'atteggiamento dei Magi che, illuminati nella loro mente ed intelligenza, cambiano strada e non ritornano da Erode, ma vanno dritti per il sentiero della loro vita e conoscenza, avendo sperimentato la dolcezza di un Dio, la cui stella continuava a brillare sulla loro vita con altro e più luminoso splendore e fulgore.
Quella stella che vorremmo illuminasse tutti coloro che ancora oggi, nella vita quotidiana, progettano e fanno il male agli altri, incapaci come sono di fissare il loro sguardo sulla vera sorgente di luce che è Gesù. Le guerre, il terrorismo, le organizzazioni malavitose, le ingiustizie sociali, le violenze soprattutto sui bambini, le stragi silenziose dell'aborto e della morte per fame e mancanza dell'essenziale, gridano vendetta davanti a Dio. Noi come cristiani dobbiamo lottare contro la cultura della morte e della violenza per fare emergere la cultura della vita e della verità, quella della giustizia e della fraternità, quella di un risanamento etico che parte da noi stessi e dagli ambienti in cui viviamo per estendersi intorno a noi. Il senso più vero della solennità dell'Epifania è farsi apostoli, come i Re Magi, di luce e speranza nel cuore della gente del nostro tempo, afflitta, affaticata, demotivata, portando a loro la gioia della nostra esperienza di cristiani che amano la vita e la promuovono in tutte le situazioni e condizioni. Ed un pensiero speciale per i bambini di tutto il mondo, quelli che sono i soggetti più deboli e indifesi della malizia e dell'egoismo dei grandi. Oggi ricordiamo anche la giornata mondiale della Santa Infanzia: sia questa ricorrenza un'opportunità in più per investire sulla vera risorsa del futuro della nostra società, che sono proprio loro, i bambini dell'intero pianeta Terra, nel cui animo annidano solo pensieri di bene. Come il Bambino della grotta di Betlemme si rivela ai sapienti del suo tempo, tutti i bambini del nostro tempo siano i profeti della gioia, della speranza, della vita e della pace per i sapienti di quest'era, che stenta ad accostarsi alla grotta di Betlemme, forse lo rifiuta pregiudizialmente, perché sa che da quella grotta non si può ripartire senza un profondo rinnovamento del cuore e della mente.