Omelia (10-01-2016)
don Maurizio Prandi
Come un tuffo

Con la festa di oggi si conclude il tempo di Natale e il fatto che da domani si entri nel tempo ordinario forse ci può aiutare a capire uno dei motivi di questa celebrazione. Una celebrazione che fa come "da ponte" per avvicinare ancora di più Dio a noi. E' importante tener presente che la chiesa da sempre ha considerato il battesimo di Gesù come una epifania, una manifestazione, cioè come qualcosa che ci può aiutare a capire meglio, conoscere meglio il volto di Dio. Ma, (perdonate la rozzezza dell'espressione), se il Natale e l'Epifania corrono il rischio di presentarci un Dio rinchiudibile da qualcuno nella leggenda, il battesimo di Gesù no! Proprio no! Certo in me, forse in noi, rimane quell'immagine un po' zuccherina, edulcorata di Giovanni il Battista che versa un po' d'acqua sul capo di Gesù. Ma il Battesimo non ha niente a che vedere con lo zucchero: il battesimo è una cosa seria. Ai due discepoli che gli avevano chiesto di sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel Regno dei cieli, Gesù non ha parlato di massimi sistemi, ha chiesto loro semplicemente (!!!) se se la sentivano di ricevere il Battesimo che lui stava per ricevere, ovvero gli ha parlato di quell'entrare, immergersi così tanto nella vita degli uomini da essere disposti a dare la propria. Battezzare, immergere, è dare una direzione, dare un orientamento nuovo, è immergersi ed è riemergere, è rinascere, è venire alla luce (un tempo si chiamava Illuminazione il battesimo e il cero che si consegna ha proprio questo significato, quello del dare una direzione per una vita che comincia). Battezzare è dare la possibilità di guardare tutto ciò che ti circonda con occhi nuovi, differenti, che si immergano essi stessi e vadano a cercare e scoprire un significato, un senso ultimo in ciò che vedono.

In questi giorni pensavo ai miei occhi; ci pensavo in riferimento ai cieli aperti di cui parla l'evangelista Luca. Pensavo a quanto i miei occhi non sono abituati a guardare oltre, a guardare distante ma al contrario a fermarsi vicino, troppo vicino. Gli occhi che non guardano lontano vedono soltanto cieli chiusi, vedi solo i tuoi cieli chiusi e quindi non sei capace di aprire i cieli dei tuoi fratelli! È una cosa seria il cielo chiuso e ringrazio il Signore che sempre più spesso mi fa capire che il mio cielo chiuso è solo lamento di basso profilo.

Se, (ritorno alla rozzezza di prima), al Natale e all'Epifania qualcuno può dare la tara della favoletta, ripeto: il battesimo al Giordano no! Perché quello al Giordano è davvero il Dio con noi, il Dio che si mette in fila, il Dio che attende il suo turno, il Dio che non si fa annunciare in pompa magna, il Dio che non si fa precedere da sfilate o segni straordinari. Questa festa, ci introduce (mi piace questa espressione letta qualche giorno fa), alla quotidianità di un rapporto personale. Come un tuffo, il battesimo, un tuffo nell'amore di Dio il nostro battesimo, un tuffo nell'umanità quello di Gesù: ecco che le due quotidianità si incontrano, si mescolano, diventano un tutt'uno ed è in questo tuffo che il Padre riconosce suo Figlio. Non c'è scritto molte volte nei vangeli che il Padre dica di Gesù: è proprio lui! È mio Figlio! Non lo dice al termine di un miracolo, non lo dice al termine di un incontro con folle sterminate, lo dice al termine della sua immersione nell'umanità. In te mi sono compiaciuto dice la Voce dal cielo. Che bello che a distanza di alcune settimane torni il volto di un Dio contento, felice, un Dio che dice a suo figlio: Tu mi fai felice!

C'è qualcosa che fa contento Dio!!!

La felicità di Dio è un Figlio totalmente immerso nell'umanità. La felicità di Dio è un Figlio che non si nasconde, ma che pubblicamente inizia la sua missione. La felicità di Dio è un Figlio che non vuole distinguersi, che non vuole un'acqua diversa. La felicità di Dio è un Figlio che assomiglia al papà e rivela nella mitezza e nell'umiltà e non nella potenza o nella superiorità, il suo volto.

E' proprio bello il vangelo che abbiamo ascoltato perché ancora una volta ci parla della vicinanza, della prossimità di Dio. Parla anche della nostra condizione, quella di un popolo (speriamo), in attesa. Non c'è presunzione, non ci sono sicurezze o certezze, c'è la ricerca del Messia. A me piace anche l'esempio che dà Giovanni il Battista che non si approfitta di quello di cui tutti pensavano: con tutto il desiderio che c'era di incontrare il Messia sarebbe stato facile, sarebbe stato sufficiente dire: Eccomi! Sono io! Avete proprio ragione, mi avete scoperto! Quanti vantaggi, quanti privilegi per lui, e invece, prima di tutto, la verità! La prima lettura ci invita con forza a preparare la strada per l'incontro con Gesù e il Battista ci dice che la prima preparazione consiste semplicemente nel dire la verità (ha un prezzo la verità molto alto. I versetti che vengono omessi dalla liturgia di oggi parlano dell'arresto di Giovanni).

Dicevo della vicinanza di Dio: il testo ci presenta Gesù, tra gli uomini, battezzato, è insieme a loro, sta con loro. E ancora una volta il vangelo ribadisce: tutto il popolo fu battezzato; tutti, non molti, non alcuni: tutti!!! Mi piace anche che Gesù sia insieme a loro e stia pregando. C'è tutto il popolo, ci sono tutti gli uomini e c'è Gesù in mezzo a loro che prega. Il vangelo non vuole dirci che Gesù stava dando il buon esempio, che dopo un dono così grande bisogna ringraziare, no! Il vangelo ci dice una cosa bellissima: che la vita di tutti gli uomini è avvolta nella preghiera di Gesù!!! Qui nella missione ce ne siamo già accorti mercoledì, quando in Italia si ascoltava il vangelo del giorno dell'Epifania (qui l'abbiamo celebrata domenica scorsa); i discepoli, obbligati da Gesù a partire per attraversare il lago di Galilea sono in difficoltà sulla barca a causa del forte vento contrario e Gesù sul monte, pregando, li vede e gli si fa vicino. Il cammino, il viaggio, la traversata dei discepoli e di ciascuno di noi è avvolta, custodita dalla preghiera di Gesù.

Il vangelo, così essenziale ci racconta semplicemente che tutto il popolo ha ricevuto il battesimo e che anche Gesù lo ha ricevuto. Considerato che il testo non specifica nulla riguardo a effetti speciali particolari che possano dire una differenza tra il battesimo di Gesù e quello delle altre persone o che ci possano aiutare a riconoscere il battesimo di Gesù rispetto a quello degli altri, le parole che vengono dai cieli finalmente aperti, dobbiamo intenderle, credo, come rivolte ad ognuno dei presenti e quindi ad ognuno di noi. Tu, è quella umanità nella quale Gesù si è immerso! E' bello l'insistere della liturgia sulla preghiera di Gesù in questi ultimi giorni, preghiera che, scusate se insisto, avvolge e custodisce la vita di ogni uomo e apre il cielo. Aprire il cielo chiuso è il modo che Dio ha per farti sentire custodito; aprire il cielo è dirti che sei avvolto dal suo amore, aprire il cielo non è far piovere miracoli, ma dirti che c'è una speranza, che al di là delle nubi puoi intravvedere una luce; aprire il cielo è far volare lo Spirito, come il primo giorno della Creazione, come alla fine del diluvio, per dirti che c'è un nuovo inizio, una nuova vita, una nuova possibilità per te.

Leggevo che in greco, (e concludo), il verbo usato per dire la preghiera di Gesù è un verbo di pura comunione, di affetto, di intimità; non è chiedere, nemmeno ringraziare, semplicemente è abbandonarsi allo stare insieme. Possiamo pregare gli uni gli altri allora, in questa domenica, perché quest'abbandono apra i cieli dei nostri fratelli e sorelle, apra il nostro cielo, prepari il cammino al Signore che viene!