Commento su Mc 1, 22-26
«Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!" E Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!" E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui».
Mc 1, 22-26
Come vivere questa Parola?
L'evangelista Marco nel brano odierno del suo Vangelo, con stringatezza e lapidarietà, com'è nel suo stile caratteristico, propone alcune linee essenziali sull'identikit di Gesù, in perfetta consonanza con la tradizione sinottica, che presenta il Maestro di Nazareth come «il profeta potente in opere e parole» (Lc 24,19). Marco vuole che il lettore, come la folla, prenda atto che Gesù insegna come «uno che ha autorità, e non come gli scribi» e che il suo insegnamento è un qualcosa di nuovo e di sorprendente. Nella Parola di Gesù infatti, si avvertiva la presenza della novità assoluta di Dio, una novità qualitativa, "creatrice", che non proveniva dall'esterno, ma dall'interno, e che purificava e ringiovaniva.
L'insegnamento degli scribi invece, mutuava la propria autorità dall'esterno, era puramente ripetitivo, perché rimandava all'autorità di qualche scuola del passato o di qualche celebre rabbì. Non così la Parola di Gesù: una parola diretta, che attinge in sé la sua forza chiara, trasparente e inaspettata, senza bisogno di argomenti esteriori che la rafforzino. La Parola del Maestro di Nazareth non è come quella dell'uomo. Per l'uomo dire e fare sono due momenti distinti e perlopiù separati. Al primo non segue necessariamente il secondo: tra il dire e il fare - dice saggiamente il proverbio - c'è di mezzo il mare. Invece per Gesù sono la stessa cosa. La sua Parola è un fatto, qualcosa che accade realmente. Quando Gesù dice una cosa la fa, e la fa per il fatto stesso che la dice. Nel Vangelo di oggi, per esempio, il Signore comanda allo spirito impuro: «"Taci! Esci da lui!". E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui».
«Signore, io non son degno che tu entri nella mia casa, ma dì soltanto una Parola, e io sarò salvato!».
La voce di Ignazio di Antiochia
"È meglio tacere ed essere che parlare e non essere. Insegnare è bello se chi parla fa. Uno solo è il Maestro che disse e fu fatto, e le cose che egli ha fatto nel silenzio, sono degne del Padre".
Dalla lettera agli Efesini 15, 1
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it