Omelia (24-01-2016)
padre Gian Franco Scarpitta
Quale è veramente: Parola di Dio

Esdra è uno scriba di Gerusalemme che ha ricondotto in patria gli esuli dell'esilio di Babilonia, che ora si accinge a ricostruire le mura della città e a riprendere la consueta vita di sempre. Nella circostanza della ricostruzione, raduna però l'intero popolo e dà lettura pubblica del libro della Legge di Dio, spiegandone il senso a volte velato. Il popolo ascolta con attenzione e poi esclama: "Amen, amen", disposto a ritenere per vera la parola divina appena accolta. "Amen", parola che ripetiamo automaticamente nelle nostre liturgie quasi senza accorgercene, significa "E' vero"e indica il consenso che si dà a quanto è stato appena ascoltato. Quindi: "E' vero" e "Acconsento", meglio detto "così sia". "Amen amen" che il popolo ebraico proferisce alla Scrittura è l'accoglienza della medesima come verità: il popolo ritiene per parola di Dio l'intero libro della Legge appena ascoltato e si dispone ad eseguire ogni indicazione che esso contiene con spirito di fede e di apertura di cuore. Riconosce cioè la parola di Dio che si distingue di gran lunga dalle asserzioni e dalle idee dell'uomo. Anche Paolo, rivolgendosi ai Tessalonicesi, esprime la sua soddisfazione per aver annunciato loro nonostante innumerevoli travagli e sacrifici il Vangelo di Gesù Cristo senza presunzione o vanagloria, ma consci di dove comunicare un messaggio di provenienza divina e conclude con un atto di ringraziamento ai suoi interlocutori perché "avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete." (1Ts 2, 13). Si tratta della parola della predicazione degli apostoli, quella che si basa soprattutto sulla testimonianza dell'esperienza concreta del Cristo e della sua Parola di Figlio di Dio Padre, del suo vangelo (lieto annuncio) di salvezza, e l'argomento della discussione non ha alcuna valenza umana, ma dev'essere concepito esclusivamente come Parola del Signore, che a sua volta apporta i suoi effetti nella vita dell'uomo. Nella vita ecclesiale, anche all'interno del cattolicesimo praticante, si pretende molto spesso che il Magistero del papa e dei Vescovi modifichi tante disposizioni e tanti insegnamenti soprattutto in materia di morale. Si vorrebbe cioè che la Chiesa "mutasse il suo pensiero", si "aggiornasse ai tempi odierni" abbandonando determinate posizioni da sempre sostenute intorno a temi scottanti quali la sessualità, la contraccezione, il divorzio o l'eutanasia, senza considerare che certe tematiche scaturiscono dalla lettura attenta della Scrittura e della Tradizione e sono quindi di scaturigine divina. Nessuna autorità umana, non importa quanto influente sia nella Chiesa, potrà mai modificarle. Nessuno infatti può manomettere gli insegnamenti di Cristo o adattarli a proprio piacimento e c'è una differenza serrata ( e poco conosciuta) fra le leggi divine e le leggi ecclesiastiche. Le prime provengono da Dio e non potranno mai essere mutate, le altre sono state introdotte dalla Chiesa e potrebbero anche essere suscettibili di cambiamento. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre e non può sottostare alle mode cangianti o alla frivolezza di determinati costumi. La nostra fede dovrebbe piuttosto orientarci ad accettare per veritieri tutti gli insegnamenti proposti dalla Chiesa, considerando che essa è pur sempre l'Istituzione di salvezza, nella quale in forza dello Spirito Santo Cristo opera invisibilmente nel ministero dei suoi vicari visibili. Ogni verità che siamo chiamati ad accogliere nella fede scaturisce dalla Parola di Dio e come tale va accolta e riverita. Non si può obiettare con gratuite affermazioni quali "Credo in Dio, in Gesù Cristo non credo nei preti", che molte volte sottendono una malcelata negligenza in fatto di fede, o l'ostinazione a voler coltivare i propri comodismi. Gesù Cristo è o stesso ieri, oggi e sempre; non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine, dice l'autore della Lettera agli Ebrei (Eb 13, 8 - 9).
Le parole proferite da Gesù nella sinagoga di Nazaret dopo la lettura del profeta Isaia suscitano dapprima semplicemente perplessità negli astanti, e quando Gesù rincara la dose con appropriati approfondimenti su Elia ed Eliseo si scatenano le reazioni di sdegno nei suoi confronti, semplicemente perché lui afferma la verità intorno a se stesso e al suo messaggio (Lc 4, 20-30) ma i suoi concittadini non lo apprezzano perché stentano a vedere in lui il Messia promesso dai profeti.

In effetti non è sempre facile accogliere nella Chiesa la Parola di Dio riconoscendola come tale, soprattutto quando determinate disposizioni ecclesiali ci chiamano all'eroismo di rinunce e di sacrifici; la dottrina cristiana non di rado si manifesta come "la religione dell'assurdo e del paradossale" poiché ci invita a credere in ciò che umanamente è inconcepibile e non sempre le scelte che la nostra fede ci propone sembrano all'apparenza scaturire da Dio. Molte volte si vacilla e si prova anche molta difficoltà a perseverare nella fede. Ma domandiamoci: la religione della rinuncia, del sacrificio e della difficoltà non è forse quella più veritiera e promettente? Proprio la croce costituisce la caratteristica inalienabile del discepolo, che non è mai tale quando rifiuta immolazione e sacrificio e il cristianesimo per l'appunto è la religione della croce. Non va confuso con le religiosità alienanti che promettono paradisi tangibili e gioie venture immediate senza pagare alcun prezzo, ma promette semplicemente di risuscitare e gioire con il Cristo dopo che con Lui ci si è crocifissi. Anche nei casi più difficili e impensabili occorre allora che noi accogliamo la parola di Dio nella sua interezza, accettando che essa sia davvero parola del Signore e non della speculazione umana. Ad essa occorre sempre dare il nostro "amen" quale atto di assenso esistenziale. Certo è però che la Parola non si arrende e non deroga al fatto di dover comunicare se stessa: alla fine trionferà su tutto e apporterà i suoi frutti tanto attesi e sospirati. Vale la pena allora di trovare sostegno nelle parole che Dio rivolge al suo profeta Ezechiele: "Ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro"(Ez 2, 5).