Omelia (24-01-2016) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 1,1-4; 4,14-21 ...E dopo la parentesi di domenica scorsa, nella quale abbiamo ascoltato il Vangelo di Giovanni, oggi ritorniamo a san Luca, l'evangelista che ci sta accompagnando in questo nuovo anno liturgico. Dopo il cappello iniziale, che introduce l'intera opera del terzo evangelista e spiega i motivi di questa opera - redigere un resoconto ordinato e preciso sui fatti e le parole di Gesù - i versetti che seguono descrivono l'inizio della vita pubblica del Signore: un inizio, per la verità, non proprio facile... Domenica prossima ascolteremo la seconda parte della vicenda, e scopriremo come va a finire la storia... non mancate! Che cosa era successo prima? Era successo che Giovanni Battista aveva battezzato Gesù nel Giordano: lo Spirito Santo era sceso su di lui in forma come di colomba e lo aveva spinto nel deserto per il collaudo finale, potremmo dire: il collaudo della Grazia consistette in 40 giorni di digiuno, di solitudine, di riflessione sul progetto che il Padre aveva pensato per il Figlio e che il Figlio avrebbe sottoscritto liberamente e volontariamente. In questo progetto di vita da Messia in terra, era coinvolto anche il diavolo; possiamo chiamarlo come più ci piace: il Male, Satana, malasorte, destino avverso... Luca lo chiama ‘diavolo': nella prima parte del cap. 4 ci racconta l'incontro tra il Figlio di Dio e il Grande Tentatore; subito dopo, la scena si sposta nella sinagoga di Nazareth, in giorno di sabato. Leggendo i Vangeli non è facile mantenere in tensione le due nature di Gesù, vero Dio e vero uomo: del resto, anche i suoi contemporanei non furono in grado di cogliere la divinità della persona del Verbo incarnato, senza nulla togliere alla sua natura umana. Tuttavia, tra noi e loro c'è una differenza sostanziale: i parenti, gli amici di Gesù, le autorità religiose del tempo intuirono, sì, che da quell'uomo si sprigionava una forza straordinaria, misteriosa, singolare, unita ad una sapienza ispirata e ad una coerenza morale a dir poco sconcertanti. Ma non vollero arrendersi, preferirono rinunciare alla fede in Lui, piuttosto che rinunciare alla fede in Mosè e nella Legge; o, meglio, alla convinzione di credere in Mosè e nella Legge. Le profezie annunciavano, infatti, la venuta del Signore, e la Legge, come un pedagogo, avrebbe dovuto preparare il popolo ad accogliere il Messia, come dichiara Paolo nella Lettera ai Galati (3,19-4,7); ma Israele intendeva l'avvento del Messia, come giudizio finale... Parliamo pure di un colossale equivoco: la nascita di Gesù non era certo il preludio della fine dei tempi, ma solo inaugurava la pienezza dei tempi, come proclama ancora san Paolo, nella stessa lettera (cfr. Gal 4,4). Questa fede nell'avvento ultimo e definitivo del Signore era così assoluta e totalizzante, da non lasciare spazio ad alcuna venuta intermedia. Il Natale del Signore, che, ripeto, non sostituiva l'Avvento ultimo, ma ne qualificava, per così dire, l'attesa, non rientrava nella forma mentis degli uomini di Israele...e forse neanche tanto nella nostra forma mentis. Ora, se i contemporanei di Gesù non vollero riconoscere in Lui (il figlio di) Dio sceso in terra, noi non riusciamo a valutare appieno l'altra faccia della medaglia, l'umanità del Cristo! Ne è prova il fatto che quando si parla del perdono che il Signore donò ai suoi aguzzini, a Giuda che lo aveva tradito, a Pietro che lo aveva rinnegato, soprattutto quando la Chiesa insegna che anche noi dobbiamo perdonare sull'esempio di Gesù, l'obbiezione che si leva quasi ovunque - senza ‘quasi' - è: "Sì, ma Lui, Gesù, era Dio! noi non siamo Dio - anche se qualche volta ci crediamo Dio - e non saremo mai come Lui!". Avete ragione, noi non saremo mai come Gesù: c'è una differenza assoluta tra il Suo perdono e il mio perdono; il perdono che Lui ha donato morendo sulla croce, ha redento tutto il mondo, ogni uomo di ogni tempo; il perdono che io voglio e posso donare al mio prossimo consente a me e al mio prossimo di aver parte alla Redenzione! Niente di più... Ma vi pare poco? Torniamo un'ultima volta a Nazareth, in quella piccola sinagoga di paese, ove Gesù ha appena letto il brano di Isaia (cap.61): l'aspetto fondamentale della vicenda è la Sua dichiarazione finale: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato", la quale, come sappiamo, scatenerà la reazione degli ascoltatori. Di questo, vi ricordo, parleremo domenica prossima. Vedete, è quell'oggi che urtò profondamente la sensibilità degli abitanti di Nazareth e che urta ancora la nostra sensibilità. Le Scritture guardano a Cristo, come Colui che porterà ai poveri il lieto annunzio, che proclamerà ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, agli oppressi la libertà... Sono venti secoli e più che la Chiesa ci chiede di crederci... OK!, possiamo anche crederci! Noi crediamo fermamente che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore... È cambiato forse qualcosa? Dopo venti secoli? Sembra di no!! Perché, invece di scegliere i poveri, i malati, gli emarginati della società, Cristo non si è rivolto direttamente ai ricchi, agli sfruttatori, ai mafiosi, ai dittatori politici ed economici?... Perché non ha cominciato da loro a predicare l'amore, la gratuità, la rettitudine, partendo, per così dire, dalla cima? Convertendo la politica, convertendo l'economia, l'alta finanza, tutti ne avrebbero giovato, dal capo di industria, fino all'ultimo barbone della stazione Termini... E invece no! Gesù ha cominciato dal fondo, anzi ha scelto di nascere, di vivere e di morire come un povero, tra i più poveri. Ed è rimasto in fondo! Qualcuno temeva che potesse risalire la scala sociale, arrivando alle porte dei palazzi del potere... e l'ha fermato prima che fosse troppo tardi. È quasi comico: nella nostra presunzione, ormai elefantiaca, inguaribile, vogliamo addirittura insegnare a Dio come salvare il mondo dal peccato, e tutto il resto.... Ebbene tutti i nostri ragionamenti non valgono nulla! E l'Onnipotente sorride di tenerezza... La logica umana non ha nulla a che vedere con la bontà e la sapienza del Padre! Io sono convinto che, come ci stupisce ora il pensiero di Dio, ci stupirà ancor di più nell'altra vita... Uno stupore che si rinnova ad ogni istante, per l'eternità. Ne scopriremo delle belle! Speriamo che il cuore regga a tanta celeste sorpresa... |