Omelia (24-01-2016)
don Giacomo Falco Brini
Gesù, l'opera scritta e compiuta di Dio

Non ho mai nascosto la mia predilezione per Luca evangelista, per come ci racconta la storia di Gesù, per il profilo della personalità che ne emerge. De gustibus. Sappiamo che era medico e anche pittore. Forse queste due attività aguzzarono per bene il suo orecchio, il suo occhio e la sua mano, poi la grazia di Dio gli ha donato di cogliere in profondità il mistero di Gesù con la parola e con la pittura. Il suo vangelo ha un solo dichiarato obiettivo: perché tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto (Lc 1,4). Ecco, mi sembra già molto significativa questa semplice annotazione: tornare sempre ad ascoltare il vangelo è fondamentale, perché giorno dopo giorno ci si renda conto che Luca e fratelli evangelisti, con tutti coloro che hanno collaborato a trasmetterci la fede, non ci hanno raccontato frottole. Con tutte le frottole spacciate per verità che oggi si trovano un po' dappertutto, meglio costruire la nostra vita sulle cose solide della fede.
Secondo Luca evangelista, Gesù, all'inizio della sua pubblica manifestazione, si presenta al Giordano in fila con i peccatori per farsi battezzare. Non è che questa cosa dovette subito consolidare la fede di Giovanni Battista, anzi. Poco prima (Lc 3,15-16) Giovanni chiariva che lui non era il messia e che attendeva (come tutti) qualcuno di cui non era nemmeno degno di slegare i lacci dei sandali. Il che, più o meno, equivaleva a dire che non si sentiva nemmeno degno di inginocchiarsi davanti a lui. Però qualche istante dopo troviamo Giovanni "costretto" a battezzare Gesù, il messia che s'inginocchia davanti a lui! Il primo modo per rendere solida la nostra fede è lasciare che l'Autore della stessa scombini un po' le nostre certezze. Come ci sta insegnando Francesco Pontifex. Scrutando nel ministero della sua parola, troviamo come tema ricorrente l'invito a lasciarsi sorprendere da Dio: lo chiama proprio così, "il Dio delle sorprese", perché la sua azione è imprevedibile.
Il vangelo di oggi ci narra di Gesù che rientra nella sua Nazareth, il luogo dove visse per circa 30 anni vivendo una vita così comune, così umana, così poco sotto i riflettori, così semplice che....che era proprio difficile credere che fosse il figlio di Dio e non di Giuseppe! (Lc 3,23) Chi l'avrebbe mai previsto? Lo vedremo meglio domenica prossima, nella seconda parte di questo vangelo, dove gran parte dell'uditorio passerà dalla meraviglia all'incredulità in un brevissimo lasso di tempo. Gesù era solito andare in sinagoga e leggere le Scritture; quel giorno gli toccò il rotolo di Isaia, quel passo dove il messia atteso esprime la sua coscienza di essere inviato, nello Spirito di Dio, ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi e agli oppressi, per proclamare l'anno di grazia del Signore (Lc 4,18-19). Poi Luca, con poche e magistrali righe ci conduce, come dentro lo zoom di una macchina fotografica, a concentrarci su Gesù che compie i gesti naturali e lenti del riavvolgere e riconsegnare il rotolo per poi sedersi. Sembra quasi che la narrazione rallenti di proposito per creare un clima di grande attesa nel lettore. E' come se Luca ci volesse dire: adesso apri bene l'orecchio a quello che sta per comunicare, sono le prime parole pubbliche di Gesù. La sua omelia fu solamente dire: oggi si è compiuta questa Scrittura che avete ascoltato (Lc 4,21). I nazaretani non si aspettavano quella affermazione così categorica. Il Signore non fece l'esegesi del testo, né fece applicazioni morali su di esso, ma con quelle poche parole attirò l'attenzione di tutti su di sé. In Lui, la parola predicata e il predicatore diventano una sola cosa. Gesù è il messia atteso, l'opera annunciata e scritta da Dio che si è finalmente compiuta. Come dicevano gli antichi padri, tutte le Scritture ci parlano di Cristo e tutto è stato scritto in vista di Lui. Il rotolo del libro profetico di Isaia ora è chiuso. Da allora, chi vuole capire il senso profondo di tutto quanto è stato scritto nella Bibbia, deve guardare a Lui.
L'evangelista sottolinea che Gesù cominciò a dire "oggi...". Cioè, quell'oggi è iniziato con Gesù ma si protrae fino a i nostri giorni: è l'oggi di Dio che compie ancora la sua Parola in chi l'ascolta e la pratica. E' l'anno di misericordia del Signore che, una volta cominciato, non finisce più! Lo Spirito di Dio anche oggi, invita la sua Chiesa a vivere l'anno di grazia, il Giubileo, nella rinnovata missione di dirigersi dove si è diretto per primo Cristo suo capo: verso i poveri e gli emarginati, verso gli oppressi da ogni sorta di male. La Chiesa non è al mondo per condannare, ma per permettere l'incontro con quell'amore viscerale che è la misericordia di Dio. Perché ciò accada, è necessario uscire. Uscire dalle chiese e dalle parrocchie, uscire e andare a cercare le persone la dove vivono, dove soffrono, dove sperano... (Papa Francesco, Il nome di Dio è Misericordia). Per vivere l'anno giubilare con questo spirito, per poter essere veramente un segno tangibile della misericordia divina, c'è una prima cosa fondamentale da non trascurare: gli occhi della chiesa devono stare fissi su Gesù per ascoltarlo e imparare da Lui.