Omelia (24-01-2016)
don Maurizio Prandi
L'emozione per la Parola

Dopo i due tempi cosiddetti "forti" di Avvento e di Natale e la seconda domenica del tempo ordinario che ci hanno offerto pagine di tutti gli evangelisti, cominciamo con questa domenica l'avventura della lettura continuata del vangelo di Luca, che è quello che più di tutti gli altri sottolinea la compassione di Gesù per l'umanità e ci permetterà di entrare spero, nel mistero della misericordia di Dio, così al centro non sol di questo anno giubilare, ma anche di tutta la predicazione di papa Francesco. Ci tengo a dire che la misericordia non è prerogativa unicamente divina: tutti siamo chiamati ad essere, come Gesù, il volto misericordioso del Padre per i nostri fratelli.

Ci viene donato oggi, nelle parole che abbiamo ascoltato, un duplice inizio: quello del vangelo di Luca nei suoi primi quattro versetti, e quello della vita pubblica di Gesù che, entrato nella sinagoga, si presenta come colui che compie le parole dell'A.T.

Per quello che riguarda la prima parte vorrei condividere con voi una traduzione del primo versetto sulla quale non mi ero mai soffermato prima ma che oggi mi colpisce particolarmente. Leggevo, in un commento che le famiglie della Visitazione fanno a questo brano, che quello che solitamente traduciamo con: gli avvenimenti accaduti tra di noi, si può anche tradurre con: gli avvenimenti accaduti in noi... lo trovo bellissimo! La vicenda di Gesù, la nascita della chiesa, le prime persecuzioni (Stefano), il vangelo che comincia a diffondersi, sono avvenimenti che non sono solamente successi tra persone, ma qualcosa che è entrato dentro ognuno di quelli che li ha vissuti. È un avvenimento accaduto dentro, una parola che è entrata dentro, è il desiderio di raccontare, annunciare, proclamare che cosa questa parola ha provocato nella vita delle persone. Luca è un evangelista al quale piace narrare con "precisione storica", ma qui c'è molto di più: c'è una vangelo che rimane in, ci sono parole che rimangono in, ci sono gesti, scelte, domande che rimangono in. E questo vale, credo, ancora oggi per noi, che ci accostiamo a queste pagine che non sono solo parole, ma qualcosa che entra nel nostro profondo ed è capace di suscitare emozioni, decisioni, cambi. Qualcosa in Luca è cambiato, qualcosa in lui si è mosso: desidera far vivere a Teofilo le stesse cose che lui ha provato. Solo a Teofilo? Il significato del nome (amico di Dio, amato da Dio) ci induce a pensare che le stesse cose che lui ha provato le vuole far vivere anche ad ognuno di noi, perché Teofilo è ognuno di noi!

Non si può allora, non fare un riferimento alla prima lettura, la quale anche ci parla di emozioni che nascono dalla parola di Dio, emozioni per il libro della Legge, emozioni che percorrono tutto un popolo. Nel brano del libro di Neemia troviamo la Parola di Dio che risuona di nuovo alle orecchie del popolo di Israele, dopo il lungo esilio babilonese; letta ad alta voce sulla piazza, "dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno", e spiegata dai leviti, questa parola suscita l'entusiasmo, la commozione, la gioia in tutto il popolo. È proprio per tutti la parola di Dio: uomini, donne bambini, tutti, indistintamente, ne sono destinatari e la chiesa non può che cercare di fare tutto il possibile perché la parola arrivi a tutti! Scrivono, in un commento a questa prima lettura gli amici di don Daniele Simonazzi: la Parola di Dio è per tutti e assume un valore pieno quando è proclamata davanti a tutti. Il motivo è evidente: la Parola di Dio vuole costituire il popolo del Signore; non le basta suscitare singoli desideri di bene; non le basta essere accolta docilmente da singoli individui. La Parola di Dio vuole radunare un popolo, animarlo con le promesse di Dio, unirlo con la legge di Dio. Inoltre è importante il contesto di preghiera entro cui si colloca la proclamazione della Parola di Dio. Quando la Parola è annunciata l'uomo sta non davanti a un libro, ma davanti a Dio; non si tratta di accogliere delle parole ma di accogliere il Dio vivente nelle sue parole. Per questo la preghiera non è solo un ottimo accompagnamento della Parola, ma il suo ambiente vitale, il contesto nel quale la Parola di Dio esprime se stessa con il massimo di efficacia (Diaconia). E qui, mi viene da aggiungere, avviene anche l'incontro personale, quello di ogni amico, quello di ogni amato da Dio, nasce il desiderio di portare la Bibbia al cuore del popolo, della città. Dico questo pensando ad una omelia del Card. Martini, tanti anni fa al pian di Verra inferiore, (durante il campo giovanissimi della parrocchia partecipammo a questo momento così bello), quando a più di 2000 metri di quota il suo pensiero andava alla città dove dopo giorni intensi di ascolto tutti saremmo ritornati: Come riuscire a fare veramente sì che tutti i cristiani, anche i più semplici, gustino la Scrittura? Avrete notato che il Salmo Responsoriale fa riferimento ai semplici e parla di emozioni: la legge del Signore, (la Torah) secondo le parole che abbiamo pregato produce insieme la conoscenza e la gioia: la parola del Signore "rende saggio il semplice" e "fa gioire il cuore". Chissà che questa gioia non nasca proprio dal fatto che la parola ha raggiunto anche chi non avremmo mai pensato. Di fronte al popolo emozionato all'arrivo del Libro Sacro di cui ci ha raccontato la prima lettura, di fronte al conforto, alla gioia del cuore, al palpitare del cuore di cui ci racconta il salmo, di fronte agli avvenimenti accaduti dentro, accaduti nell'intimità di chi ha visto ed annunciato di cui ci ha detto Luca iniziando il suo vangelo, mi domando se l'incontro con Gesù provoca in me emozione, gioia, commozione, quel palpitare del cuore. Gesù, il grande libro, lui il libro vivente; Gesù, la Parola, la Parola vivente (Casati).

Mi piace anche tanto, rispetto a questa prima parte, l'obiettivo che Luca si pone: renderci consapevoli. Qui nessuno vuole obbligarci, nessuno vuole convincerci ma si vuole suscitare una risposta responsabile: Si! Questo è quello che fa per me!!! E poi ci sono altri particolari a dirci la bellezza di un cammino che non è fatto di dottrina ma di relazione: quello che le bibbie hanno tradotto con "ricerche accurate" in realtà dovrebbe essere tradotto con "seguire da vicino". Anche qui stupore e meraviglia: il vangelo non è un'operazione culturale ma è un "seguire da vicino" è farsi discepoli. Parlando di vangelo si tratta di esperienze vissute e di essere, contemporaneamente, anche se distanti nel tempo, comunque presenti. Quello poi che traduciamo con la parola avvenimenti, tradotto letteralmente è: i fatti che si sono compiuti... Non so, ma mi da l'idea di un qualcosa di importante, qualcosa di pratico e di assolutamente non cervellotico, qualcosa che è accaduto e che non posso assolutamente permettermi il lusso di perdere. L'ultima nota su questa prima parte è sulla solidità degli insegnamenti. Leggevo che con solidità si è tradotto un termine greco che indica un luogo dove non si può scivolare, sul quale sei certo di fare presa: in mezzo alle tante proposte che oggi ci raggiungono, in mezzo allo "strame" di parole che vengono pronunciate, il vangelo rimane un terreno sicuro, che non ti inganna, che non ti fa scivolare.

C'è poi tutta una seconda parte del vangelo, ma mi accorgo che l'ho già fatta lunga. Mi limito ad accennare che ci viene data una conferma del fatto che Dio sceglie la piccolezza, la minorità.

Intanto la Galilea (già altre volte lo abbiamo detto) dalla quale ha inizio il ministero di Gesù: era una regione di nessuna importanza dal punto di vista religioso. Terra pagana fino a 150 anni prima di Gesù, poi era stata rievangelizzata e reintrodotta nella vita religiosa di Israele; aveva però conservato molte infiltrazioni di paganesimo: era la Galilea dei Gentili, e proprio per questo a Gerusalemme era considerata con un tantino di disprezzo; basta ricordare le parole di Natanaele: da Nazareth può venire qualcosa di buono? Sempre Dio preferisce scegliere degli strumenti da poco, e per questo Gesù ha scelto la Galilea, la periferia, il paese religiosamente sottosviluppato. Il Vangelo non si stanca di parlarci di questo capovolgimento: il Signore sceglie le cose piccole, come ci ha insegnato Maria nel Magnificat: abbatte quelli che sono in alto, i forti, i potenti, e sceglie i piccoli. E non perché i Galilei fossero migliori dei Giudei, anzi, anche i Galilei non hanno accolto bene Gesù; semplicemente il Signore sceglie di predicare lì perché dal punto di vista religioso sono disprezzati e rifiutati. Dio è fatto così e di conseguenza vanno le sue scelte.

Il vangelo ci offre un'altra scelta di Gesù: quella per l'uomo e per quello più emarginato. Gli uomini emarginano, per paura e quindi fondamentalmente per sfiducia; chi si fiderebbe di un prigioniero, di un carcerato? In Gesù Dio si rivela come un Dio che crede nell'uomo, che crede nei poveri, nei prigionieri, negli oppressi, negli ammalati. Non un Dio prima di tutto creatore (hai visto mai che qualcuno potrebbe anche sentirsi in debito con lui), ma liberatore, che ti scioglie quindi anche da ogni vincolo di possesso facendo dei passi indietro per farti camminare da solo. Anche io vorrei essere capace di credere nell'uomo (è il titolo di un libro che sto leggendo in questi giorni, tanto affascinante quanto difficile per me).
Concludo con un pensiero per don Corrado, al quale ho inviato un messaggio dalla missione per assicurargli la preghiera di tutte le comunità per il cammino che comincia come pastore della Diocesi di Pavia. Mi ha risposto con queste parole che mi piace condividere, parole in linea con il vangelo che questa domenica la chiesa ci affida: Grazie di cuore Maurizio, trasmetti il mio grazie e la mia benedizione a tutte le comunità e famiglie in particolare ai bambini, ai malati e alle persone più provate. Restiamo uniti nella preghiera sotto il manto della Vergine Morenita.