Omelia (07-02-2016) |
don Michele Cerutti |
Coraggio, prontezza e umiltà Questa domenica ci riferiamo al volto di chiamati. Il brano dell'Antico Testamento ci presenta il primo Isaia. Gli eventi che fanno da sfondo all'opera di Isaia sono principalmente la guerra siro-efraimita (736 circa). Isaia inizia la sua opera pubblica verso la fine del regno di Ozia, re di Giuda, attorno al 740 a.C. A quel tempo, l'intera regione siro-palestinese è fortemente minacciata dall'espansionismo assiro. In particolare, il giovane successore di Ozia,, è Acaz, vassallo del re assiro Tiglat-Pileser III, come anche molti principi vicini, fra cui il re di Israele Pekach e il re di Siria Rezin. Questi ultimi due re tentano di ribellarsi al giogo assiro raccogliendo una coalizione di principi locali, ma poiché Acaz non sembra voler correre tale rischio, essi gli muovono guerra nel tentativo di sostituirlo con un personaggio a loro vicino. Acaz è preso da dubbi e timori, ma Isaia gli porta la consolante parola divina, assicurandogli che la fedeltà al re assiro gli risparmierà la catastrofe che invece toccherà ai suoi nemici. È in questa fase che si colloca il cosiddetto libretto dell'Emmanuele, in cui Isaia annuncia ad Acaz la nascita del suo primo figlio (il futuro re Ezechia) come segno della benevolenza di Jhwh; questo brano è stato successivamente interpretato dalla tradizione cristiana come annuncio della nascita di Gesù. Da questo comprendete le remore iniziali di Isaia a essere profeta e come il Signore vuole infondere coraggio a questi perché sostenga la sua funzione profetica. Rispondere alla chiamata del Signore richiede coraggio davanti alle sfide che ci vengono proposte. Teniamo conto del contesto di povertà religiosa che stiamo vivendo. Davanti a questa povertà, che porta all'incomprensione di chi annuncia la verità, non bisogna assolutamente spaventarci. Tutti in forza del battesimo siamo invitati a indicare Gesù e la verità del Vangelo. Questa domenica non stiamo ascoltando brani che riguardano religiosi, religiose e sacerdoti, ma tutto il popolo di Dio. Elemento importante nel rispondere alla chiamata del Signore è l'umiltà. Paolo si definisce "aborto di Dio". Questa espressione mette in evidenza come Paolo si sente piccolo di fronte a quella grazia che gli è stata riversata. Umiltà affermata in quella comunità di Corinto che influenzata dalla cultura greca cercava sempre grandi oratori. Paolo si presenta come piccolo strumento nelle mani di Dio. Penso a Madre Teresa di Calcutta e all'umiltà provata nel definirsi piccolo strumento nelle mani del Signore. Penso al Curato d'Ars che si definiva il "somaro" di Dio. E' Dio che fa nella nostra vita direbbe don Guanella. Dal Vangelo impariamo, invece, la prontezza nel rispondere alla chiamata ad un servizio. Quante volte abbiamo sentito risuonare il brano di Luca 5. I discepoli pronti a lasciare tutto e a mettersi in gioco nel seguire Gesù. Titubanze, calcoli sono messi da parte. Chi conosce l'amore non può che buttarsi e immergersi in questo. I martiri sono la risposta estrema a questo amore. Il loro sangue effuso ci dovrebbe interpellare anche oggi. Il sangue dei martiri cristiani in Siria, in Nigeria e in tante parti del mondo dovrebbe scuoterci e invitarci a essere pronti a rispondere a questo amore così grande che ci continua a chiamare per essere annunciatori di una verità e di una luce che vuole avvolgere. |