Omelia (10-04-2016)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Gv 21,1-19

La terza domenica di Pasqua ci offre delle letture veramente interessanti e particolari, dato che con il capitolo 21 si chiude il Vangelo di Giovanni, testo che ancora una volta evidenzia come la nostra vita non può prescindere dalla relazione, ma soprattutto dalla relazione con Cristo.

E' interessante in questo capitolo conclusivo come, ancora una volta, Cristo invita (ci invita) ad agire sulla sua Parola, usando uno strumento particolare la "rete".

Nei vangeli si evoca spesso l'immagine della rete: il primo cenno è nel Vangelo di Marco 1,16-20, poi in Luca 5,1-11, e insieme ci troviamo anche i pescatori, che annodano e riassettano le reti, le quali, al termine del capitolo stesso, reggono la bellezza di 154 grossi pesci, senza rompersi.

Ogni giorno gettiamo la rete, ossia facciamo relazione con il prossimo, spesso senza successo perché ci manca un elemento portante della relazione: la fiducia.

Cristo ci chiede solo questo, credere in Lui, avere fiducia in lui, gettare la rete dove dice lui...anche se lo abbiamo fatto fino poco tempo fa, ma senza successo.

La nostra realtà quotidiana è una "rete" di relazioni, fate di reti formali e sostanziali, di reti materiali e virtuali, di reti egoistiche e solidali ecc.; purtroppo una rete "debole" e spesso ridotta a poche ed intime persone della famiglia, alla quale però basta poco per sfaldarsi, per distruggersi, a causa di diffidenze, di egoismi, di tornacontismi, di sfiducia, di incomprensioni e spesso annodata con una fede labile, superstiziosa, opportunista.

Cristo è il nodo di inizio e di fine di tutta la rete della salvezza, dalla quale passano e si intrecciano tutte le vite dell'umanità, anche la nostra vita.

Fare rete, ed essere rete, vuol dire prima di tutto fare ed essere "testimonianza" di amore, di vicinanza, di solidarietà, di fraternità, in ogni realtà in cui si vive, prima di tutto come persona, poi come coppia, come famiglia, come società e non per ultimo come comunità ecclesiale, attraverso gesti concreti, come quelli di Cristo che quando appare non rimane puro spirito, ma si relaziona con i suoi discepoli con azioni concrete "Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane"..."Gesù disse loro: Venite a mangiare", e quindi...

E sulla testimonianza sono emblematiche anche le parole degli Atti degli Apostoli - "Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone, nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore" - parole che rappresentano un po' la situazione di sempre, in cui spesso è più facile essere spettatori che attori...per paura di confrontarsi con se stessi o di essere coinvolti, per poi magari pretendere o esigere quello che noi stessi non abbiamo saputo essere o fare.

L'amore e l'amare, ai quali tutti siamo chiamati, non è una questione di romanticismo, ma è un agire che implica anche la sofferenza, il prendersi una croce che è l'altro, che è il nostro prossimo, e che spesso ci porta là dove magari non vorremmo andare o non vorremmo fare...ma che chiede anche tanta accettazione e sopportazione, sapendo però che in quello che faremo o che diremo Lui sarà sempre con noi, aiutandoci nel portare la croce dell'amore.


Domande:

- Quanto sono disposto a "fidarmi" di Cristo?

- Come possiamo come famiglia concretizzare la nostra vicinanza a chi è in difficoltà, sia all'interno che all'esterno della famiglia stessa?

Come comunità riusciamo a creare relazioni di rete per far crescere ogni appartenente nella sua testimonianza cristiana?


Mariagrazia e Claudio Righi di Pisa