Commento su Gv 8, 53
«Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?»
Gv 8, 53
Come vivere questa Parola?
Ormai il potenziale dialogo tra farisei e Gesù si è trasformato in controversia; non c'è più disponibilità a comunicare. Rimane solo un conflitto strategico, volto a difendere le proprie posizioni.
I farisei, i giudei presenti si sono irritati perché gli sembra sia stata sminuita la loro discendenza da Abramo. Provocatoriamente ribadiscono a Gesù che egli pretende di essere addirittura più di Abramo, il padre nella fede. Cosa effettivamente determina l'epilogo di ogni disponibilità a comunicare è l'accenno alla resurrezione. Un'espressione velata ("se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno") introduce questo tema e se la domanda "Tu chi sei?" che la liturgia ci riportava ieri, sembrava aprire uno spiraglio, oggi quel "Chi credi di essere?" non lascia più dubbi. Gesù non è più credibile, addirittura si trastulla con temi che sono assolutamente da rifiutare: la resurrezione. Questa possibilità non è considerata dai farisei. Non è lecito pensare ad una vita che sa andare oltre la morte. A questo punto ogni parola di Gesù è sentita come frutto della sua presunzione. Ed egli non merita di vivere, è un pericolo. Nella mente di questi, si formula chiara l'idea di eliminarlo.
Signore, noi inorridiamo di fronte a queste manifesta ottusità e durezza dei farisei. Ma non siamo troppo diversi. Quando l'irragionevolezza delle cose arriva a disturbarci, con un "chi ti credi di essere?" ci sbarazziamo dalla scomoda sollecitazione a pensare e a saper dare ragione della nostra speranza. Perdonaci Signore!
La voce della liturgia
Cristo è mediatore della nuova alleanza
perché, mediante la sua morte,
coloro che sono stati chiamati
ricevano l'eredità eterna
che è stata loro promessa.
Eb 9,15
Sr Silvia Biglietti FMA - silviabiglietti@libero.it