Omelia (20-03-2016) |
mons. Roberto Brunelli |
Le ultime parole dell'innocente in croce La Pasqua, centro della fede cristiana, celebra di Gesù due aspetti che, come le due facce di una moneta, sono tra loro inscindibili: la passione e la risurrezione. La liturgia della domenica detta delle Palme li richiama entrambi due volte. Nella prima lettura (Isaia 50,4-7) e nel salmo responsoriale (è il n. 21), entrambi scritti secoli e secoli in anticipo sugli eventi, troviamo un impressionante preannuncio delle sofferenze cui il Messia è stato sottoposto, mentre nella seconda lettura (Filippesi 2,6-11) è ricordata la sua esaltazione dopo la morte. La Messa di oggi è preceduta di norma dal rito che dà nome alla festa, la breve processione verso la chiesa portando rami di palma o d'ulivo, per ricordare il Gesù osannato dalla folla al suo ingresso a Gerusalemme. E' una simbolica anticipazione della gloria del Risorto, mentre il vangelo narra l'altra faccia, quella della passione, morte e sepoltura. Soffermandosi sul vangelo, quest'anno si legge quello di Luca (capitoli 22 e 23) che si distingue dagli altri per alcuni particolari. Soltanto lui, ad esempio, riferisce che Gesù, mentre pregava nell'orto degli ulivi, sapendo a che cosa andava incontro provò un dolore tale da fargli sudare sangue (particolare straziante, da non credere se anche la moderna medicina non lo ritenesse possibile). Ancora: soltanto Luca parla di un processo avvenuto anche davanti ad Erode, il quale al vederlo si rallegrò perché sperava lo divertisse con qualche miracolo; ma Gesù, che non era un clown, gli oppose soltanto il silenzio, per cui il tiranno lo insultò, si fece beffe di lui e lo rimandò a Pilato. Di particolare rilevanza sono poi le parole di Gesù in croce: poche, considerando quale fatica, in quelle condizioni, gli devono essere costate; ma straordinariamente significative. Luca tramanda tre brevi frasi, nelle quali si concentra larga parte della valenza del suo messaggio; tre brevi frasi, coerenti con tutto il suo insegnamento, e orientative per come dovrebbero vivere i suoi seguaci. La prima: "Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: 'Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno'". Nessun odio, nessun desiderio di vendetta traspare da questo atteggiamento; anzi, vi troviamo persino la voglia di spiegare e quasi giustificare chi si stava comportando da nemico. Tante volte, nel corso del suo ministero, Gesù ha perdonato i peccatori; ma arrivare a perdonare persino quelli che lo stavano crocifiggendo... Ci può essere prova più grande della divina misericordia? Si impone un confronto con i nostri sentimenti e i nostri comportamenti verso quanti, a torto o a ragione, riteniamo ci abbiano fatto del male. Seconda frase: "Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: 'Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!' L'altro invece lo rimproverava dicendo: 'Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male'. E disse: 'Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno'. Gli rispose: 'In verità di dico: oggi con me sarai nel paradiso'". Il cosiddetto buon ladrone: una vita sbagliata, riscattata all'ultimo dalla fede, che lo premia con la più importante delle promesse. Quanto abbiamo da riflettere, ciascuno di noi! Terza frase, le ultimissime parole: "Gesù, gridando a gran voce, disse: 'Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito'. Detto questo, spirò". Il Padre, che egli aveva insegnato essere il suo e il nostro, era stato il costante riferimento della sua vita: a lui si rivolgeva spesso, in pubblico e in privato, e sino all'ultimo, quando tutto induceva a disperarsi, ha manifestato la sua piena fiducia in lui. Una fiducia ripagata con la risurrezione; ma di questo si parlerà domenica prossima. |