Commento su Gv 13, 1; 4-8
«Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (eis tèlos) [...]. Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?". Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, lo capirai dopo". Gli disse Pietro: "Tu non mi laverai i piedi in eterno!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me"».
Gv 13, 1; 4-8
Come vivere questa Parola?
Questa sera siamo invitati a partecipare all'Ultima Cena del Signore. Entriamo in punta di piedi nel cenacolo preparato per noi e disponiamoci ad accogliere la sua presenza tra noi, ricevendo i suoi ultimi doni ed ascoltando le sue ultime parole che Egli ci lascia come un sacro testamento, prima «di passare da questo mondo al Padre». I nostri occhi e il nostro cuore si riempiranno di stupore e di meraviglia nel contemplare il Maestro inginocchiato umilmente ai nostri piedi.
La nostra tendenza spontanea ci porta in genere ad attirare l'attenzione su ciò che facciamo noi, sui nostri meriti, i nostri sacrifici che offriamo al Signore, sui nostri difetti e peccati. Ma questa sera il Signore vuole da noi che ci preoccupiamo soltanto di un atteggiamento fondamentale: accogliere semplicemente il suo Amore, e basta.
Giovanni, all'inizio del Vangelo, ci dice che Gesù giunse all'estremo dell'Amore: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Questa affermazione dell'Evangelista va interpretata nel suo vero significato più profondo: non solo in senso temporale (cioè, sino alla fine della vita di Gesù che sta per concludersi), ma soprattutto in senso qualitativo, cioè, fino al culmine supremo, oltre il quale Gesù non avrebbe potuto andare. Infatti, Egli si è fatto servo di tutti per amore, per amore ha dato la sua vita («Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» cfr. Gv 15,13), per amore ha preso su di sé i nostri peccati, e per estremo amore è morto per noi sulla croce. La stessa radice di télos ritornerà nel verbo usato da Giovanni per descrivere la morte di Gesù in croce ed è anche l'ultima parola del Signore prima di morire (tetélestai). (Cfr. la lectio di domani).
Orbene, non è vero che molti cristiani pensano che sia più importante dare noi a Dio le nostre cose, offrirgli le nostre buone opere, i nostri sacrifici? È esattamente l'atteggiamento manifestato anche da Pietro nel vangelo odierno. Egli non si adatta a ricevere l'amore del Signore e quando Gesù si china su di lui per lavargli i piedi, protesta: "Tu non mi laverai i piedi in eterno!". Pietro non aveva capito che prima doveva lasciarsi amare dal Signore e soltanto dopo sarebbe stato in grado di amarlo a sua volta. Egli pretendeva di andare avanti per primo, come quel giorno quando aveva rimproverato Gesù che saliva a Gerusalemme, e il Maestro gli rispose: «Va' dietro a me!» (Mt 16,23).
La voce della Liturgia
«O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena, nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa' che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita». Amen
Dall'orazione-Colletta del Giovedì Santo (Nella Cena del Signore).
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it