Omelia (27-03-2016) |
Agenzia SIR |
È il Vangelo di Giovanni, colui che sa di essere l'ultimo testimone oculare della risurrezione. Il più giovane tra gli Apostoli, probabilmente è vissuto molto a lungo, sapendo che tutti gli altri erano scomparsi e allora prepara il passaggio dalla fede di chi ha visto a chi, senza aver visto, crede alla sua parola, aiutando nel passaggio dall'esperienza dei primi alla nostra. La scoperta del sepolcro vuoto è una conferma importante. A fare la scoperta per prime sono state alcune donne, la cui testimonianza era priva di valore giuridico: indizio già questo di un ricordo effettivo e non di una invenzione. Senza il sepolcro vuoto, i discepoli mai avrebbero potuto credere nella risurrezione di Gesù: un risorto il cui cadavere fosse ancora visibile nella tomba, sarebbe stato assurdo e inimmaginabile. Mai inoltre avrebbero potuto annunciare la risurrezione a Gerusalemme: sarebbero stati coperti di ridicolo. Anche se il sepolcro vuoto da solo non basta a provare la risurrezione, costituisce comunque un segno che il risorto è proprio il crocifisso. L'amore attrae con la sua bellezza; ma deve superare lo scandalo della sofferenza del mondo. Da sempre nella storia dell'umanità si leva verso il cielo l'interrogativo tremendo, che a volte diventa ribellione e negazione: Perché il male? Perché Dio lo permette? Il credente sa di non essere più solo nella sua sofferenza; sa che una potente forza di liberazione conduce avanti la storia delle persone e dei popoli, anche quando è densa la notte del dolore, dell'odio, della distruzione, dell'angoscia e della morte. La poesia "Mio fiume anche tu" di Giuseppe Ungaretti vuole testimoniare che la vicinanza di Cristo placa il gemito e il grido e trasforma la protesta in fiduciosa preghiera: "(...) Fa piaga nel Tuo cuore La somma del dolore Che va spargendo sulla terra l'uomo; Il Tuo cuore è la sede appassionata Dell'amore non vano. Cristo, pensoso palpito, Astro incarnato nell'umane tenebre, Fratello che t'immoli Perennemente per riedificare Uamnamente l'uomo, Santo, Santo che soffri, Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo, Santo che soffri Per liberare dalla morte i morti E sorreggere noi infelici vivi, D'un pianto solo mio non piango più, Ecco, Ti chiamo, Santo, Santo, Santo che soffri". Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |