Commento su Luca 22,14 - 23,56
Collocazione del brano
Il racconto dell'ultima cena apre la lettura della Passione di nostro Signore Gesù Cristo nella celebrazione delle Palme. In realtà il racconto inizia con 22,1 in cui si parla di Giuda che si mette d'accordo con i capi dei sacerdoti e gli scribi per consegnare loro Gesù e dei preparativi della Pasqua da parte dei Dodici.
Lectio
14Quando venne l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,
Finiti i preparativi per la cena, Gesù e i suoi si mettono a tavola. Luca parla dell'ora. Non si tratta dell'ora di cui parla Giovanni in tutto il suo Vangelo, è l'ora dell'istituzione delle Eucaristia. Questa introduzione attira la nostra attenzione, sta avvenendo qualcosa di importante. Nel testo greco si legge che Gesù si sdraia: infatti ai suoi tempi nei banchetti, il cibo si prendeva adagiati su tappeti, in terra.
15e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,
Con solennità Gesù rivela l'importanza particolare che egli dà a questa Pasqua che vuole mangiare con i suoi discepoli. E' infatti un pasto speciale e non solo perché si tratta di un banchetto di addio. Luca mette in evidenza lo stato d'animo di Gesù in quella sera così importante. L'espressione letterale di ho tanto desiderato è con desiderio ho desiderato, forma che imita l'infinito assoluto ebraico. Gesù parla anche della sua passione. Egli sa bene che la sua morte è vicina.
16perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio».
Gesù introduce questa profezia, è l'ultima volta in cui mangia su questa terra. Ciò non significa, come hanno spiegato alcuni studiosi, che Gesù si dia al digiuno come segno di intercessione a favore di Israele colpevole. Semplicemente i fatti a cui Gesù andrà incontro nei giorni seguenti non gli permetteranno di mangiare. Ancora più importante è la sua affermazione: la Pasqua ebraica avrà il suo pieno compimento grazie al sacrificio di Cristo. La liberazione del popolo di Israele sarà piena e definitiva con il compimento del Regno di Dio.
17E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi,
Gesù prende il calice che gli viene porto da un'altra persona e compie l'azione di grazie secondo l'uso giudaico di lodare Dio per i doni ricevuti. Non si tratta ancora del calice del suo sangue, lo vedremo al v. 20. Il verbo rendere grazie (eucharistein) all'assoluto appartiene al linguaggio del culto della Chiesa e ha dato origine alla parola Eucaristia.
Gesù fa passare il calice tra i presenti. Normalmente il capofamiglia beveva per primo, seguito dai presenti che bevevano ognuno dal proprio calice. Il testo non permette di dire se Gesù abbia o no bevuto da questo calice, ma egli ha compiuto un gesto significativo facendo circolare il suo calice di vino fra i discepoli: essi sono resi partecipi del dono di benedizione, di salvezza escatologica del Regno di Dio. Per Luca è anche un invito alla comunione fra i credenti, significata dall'Eucaristia.
18perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Questo versetto è molto simile al v. 14. Gesù si congeda dai suoi con una dichiarazione solenne; egli annuncia la sua morte come imminente, tuttavia non si sofferma sull'angoscia dinanzi al futuro patire, ma parla del Regno di Dio, del banchetto escatologico. Quindi la prospettiva della morte non ha distrutto la sua convinzione sulla venuta del Regno di Dio; egli non si sente fallito. Sa che il Padre interverrà e porterà a compimento il suo disegno di salvezza.
19Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro
Il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia si trova solo in questi ultimi due versetti. I verbi puntuali ci suggeriscono che l'azione si è svolta proprio in questo modo. Gesù ha preso il pane. Ha reso grazie: era la benedizione pronunciata sul pane dal capofamiglia: "Sii benedetto, Eterno, Dio nostro, Re dell'universo, Tu che fai uscire il pane dalla terra". Gesù spezzò il pane. Ricordiamo che il pane veniva cotto in grandi forme, non in panini, quindi durante il pasto doveva essere suddiviso in tanti pezzi e distribuito ai presenti. Ciò avveniva all'inizio del pasto. La frazione del pane è diventato un termine tecnico per indicare la cena del Signore, nella Chiesa delle origini. I pezzi di pane vengono distribuiti e dati ai commensali. Per ultimo il capofamiglia rompe un pezzo per se stesso e lo mangia. E' il segnale di inizio del pasto.
dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi;
Con il termine "corpo" bisogna intendere non la parte fisica dell'uomo, distinta dall'anima, né la parola va intesa secondo il binomio corpo-sangue del linguaggio sacrificale; si intende invece la persona in quanto è in relazione con gli altri e con il mondo. Gesù presenta se stesso ai discepoli, quando dice questo è il mio corpo. Va inteso dunque in senso dinamico: la sua presenza vuole essere un incontro, un dono. Egli dice infatti dato per voi. E' il dono di sé che Gesù ha fatto sulla croce. Però tutta l'esistenza di Gesù è stata per, a favore dell'uomo. Le parole dell'ultima cena sono profetiche, danno una chiave di interpretazione al sacrificio della croce che si sarebbe compiuto di lì a poche ore.
fate questo in memoria di me».
Il ricordarsi era un atto importante nella vita del popolo di Israele. Il termine ebraico zikkaron non significa tanto ricordare mentalmente un fatto del passato, si tratta di un atto liturgico. Nel raccontare un fatto passato lo si rende presente e ancora efficace nell'oggi. Nelle spiegazioni della Pasqua si diceva: "In ogni generazione e generazione, ognuno è obbligato a vedere se stesso come fosse proprio lui uscito dall'Egitto". A Pasqua Israele ricordava la storia della liberazione ed entrava in quella storia salvifica sempre efficace perché compiuta da JHWH.
La memoria dell'ultima cena sostituisce la Pasqua di Israele con la Pasqua che Gesù Cristo ha attuato attraverso la sua croce e risurrezione. Il gesto del pane rimane come segno efficace del sacrificio di Cristo.
20E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
Il calice di cui si parla qui è il terzo calice della cena ebraica, il calice della benedizione. Luca dice fece lo stesso, quindi pronunciò anche sul calice la preghiera di benedizione, come aveva fatto sul pane. Le parole che dice ai discepoli sono interessanti. Il calice è la nuova alleanza costituita mediante il sangue di Cristo. Bere al calice eucaristico significa quindi entrare in una nuova comunione di vita creata da Dio. L'attenzione è posta su questa alleanza nuova. Il sangue versato indica la morte violenta di Gesù, ma anche l'elemento vitale che nel sacrificio di comunione congiunge le due parti dell'alleanza, Dio e il suo popolo.
L'eucaristia dunque, pur avendo alla base l'offerta cruenta di Cristo, si rivela soprattutto come un gesto di comunione, che costruisce l'unità all'interno della comunità dei credenti e tra i credenti e il Signore.
Meditatio
- Durante i pranzi di festa con le persone a me care, riesco a vivere un'atmosfera di comunione e di affetto?
- Ho mai vissuto un'Eucaristia con questa consapevolezza di unità tra i presenti e con Dio?
- Mi sento partecipe della nuova alleanza?
Preghiamo
(Orazione per la domenica delle Palme)
Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive...