Omelia (24-03-2016)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su 1Cor 11,23-26

Collocazione del brano

Nel capitolo 11 della prima lettera ai Corinti, Paolo redarguisce severamente i suoi fedeli poiché quando si riunivano per la cena del Signore, ognuno prendeva il proprio pasto senza che la cena fosse una vera esperienza di condivisione. Così alcuni se ne tornavano a casa satolli ed ubriachi, mentre altri tornavano ancora affamati. Ai tempi di Paolo l'Eucaristia era ancora celebrata al termine di un vero e proprio pasto, quindi era ovvio che potessero avvenire questi eccessi. Il rimprovero di Paolo gli offre l'occasione di scrivere una delle testimonianze più antiche della Cena del Signore, forse ancora più antica di quella riportataci dal vangelo di Marco.

Anche per noi, riflettere su queste parole che vengono pronunciate durante ogni Eucaristia ci aiuta a ricordare il significato fondante del nostro partecipare alla Messa e agli impegni che ne derivano per la nostra vita di cristiani.


Lectio

23Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito,

Paolo riporta i Corinti alla corretta celebrazione della Cena ricordando ciò che egli fin da principio della sua predicazione aveva trasmesso loro. Questa testimonianza della Cena del Signore è senz'altro un blocco letterario prepaolino, molto antico che si può far risalire alla chiesa di Antiochia. Presenta molte assonanze con il racconto di Luca 22,19-20, mentre presenta alcune differenze con Marco 14,22-24. Importante è la precisazione cronologica: nella notte in cui veniva tradito. L'elemento fondante della Chiesa quindi non si rifà ad eventi mitici, situati oltre i confini estremi del tempo, bensì a un avvenimento databile.

Inoltre il verbo paradidomai riporta al tradimento di Giuda, ma ancora più profondamente all'avvenimento globale della morte di Cristo, secondo il piano di Dio: Egli è stato consegnato.


prese del pane 24e, dopo aver reso grazie, lo spezzò

Prendere in mano il pane, pronunciando la preghiera di benedizione, spezzarlo e darlo ai commensali faceva parte del rituale giudaico di ogni pasto solenne, cui non mancava un accentuato carattere religioso. Gli stessi gesti si ripetevano poi alla fine della cena sulla coppa del vino, che però non veniva fatta passare tra i commensali. Nell'uno e nell'altro caso i partecipanti rispondevano con un "Amen" alle parole del capo famiglia. Si trattava di gesti sacri, comunicativi dei doni divini. Le preghiere di benedizione pronunciate sul pane e sul vino non esprimevano soltanto la lode e il ringraziamento a Dio, ma possedevano anche un valore di richiesta di aiuto.


e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me.

Gesù ha ripetuto il rituale, ma in modo originale, pronunciando sul pane e sul calice parole nuove. Esse indicano il valore simbolico del rito compreso nella prospettiva della prossima fine. Il pane spezzato e il vino diventano il segno della sua persona (corpo e sangue) che stava per essere consegnata alla morte. Mangiando e bevendo si partecipa alla sua morte e alla salvezza che essa comunica.

Bisogna sottolineare le parole "per voi", vale a dire che la sua morte ha valore salvifico, espiatorio per i credenti che celebrano l'eucarestia. Nella morte Cristo ha espresso una solidarietà concreta estrema. La sua convivialità con i discepoli ha questo significato. Perché i Corinti non avvertono di essere in stridente contraddizione? Anche il comando fate questo in memoria di me va nella stessa direzione. Sta all'origine della prassi eucaristica della Chiesa, specificandola quale "memoria" di Cristo solidale fino alla morte con i credenti. L'antecedente nell'AT del termine greco anamnesis (memoria), cioè zikkaron vieta di intendere la Cena del Signore come puro ricordo psicologico. Si tratta di una vera e propria attualizzazione sotto forma simbolica o sacramentale. La comunità cristiana partecipa efficacemente all'evento salvifico della morte di Gesù: partecipazione che impegna e responsabilizza in senso di concreta condivisione, espressa nel pasto comune, con i fratelli, soprattutto con i più bisognosi.


25Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me.

Le parole sul calice indicano un rapporto stretto tra la morte di Gesù (il suo sangue) e la nuova alleanza di Dio con il popolo. Già il patto del Sinai si era concluso con un rito sacrificale (Es 24,8). Geremia poi aveva preannunziato per i tempi ultimi un nuovo patto che avrebbe sostituito quello del Sinai, reso vano per l'infedeltà del popolo di Dio (31,31-33). Ora la tradizione cristiana vede realizzata nella morte di Gesù la profezia: Dio instaura a beneficio dell'umanità il definitivo ordine di salvezza - questo vuol dire alleanza - con la mediazione di Cristo crocifisso. Celebrare il rito eucaristico significa dunque per la comunità cristiana entrare a farvi parte.


26Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Questa è un'aggiunta di Paolo. Riprende il motivo tradizionale della memoria per spiegarlo. Fare la memoria di Gesù significa annunziare la morte del Signore. Vi sono tre sottolineature:

1. Paolo accentua il legame inscindibile tra la Cena del Signore, celebrata nel rito del pane e del vino, e la sua morte. Egli vuole così controbattere il cristianesimo entusiastico di Corinto con una Cristologia della croce. Questa è il simbolo concreto e storico della storicità dell'esistenza cristiana e l'espressione responsabilizzante della solidarietà e dell'amore di Cristo.

2. Paolo intende chiarire il motivo di quell'annunciare. Chi celebra la Cena annuncia la sua fede e si impegna a un'adesione pratica al significato della morte di Cristo. L'Eucaristia non può ridursi a un rito magico.

3. Infine si parla di morte del Signore. Questo titolo viene dato a Gesù dopo la risurrezione. Il risorto è presente nella comunità. Si tratta però di una presenza che rimanda alla sua morte, sollecita i credenti a un impatto provocatorio. La croce non è un evento relegato nel passato, è un evento che si rende attuale ad ogni celebrazione eucaristica e che ci chiama ad avere tra di noi lo stesso amore che Gesù ci ha mostrato con la sua morte.

La memoria della morte del Signore si mantiene viva nell'Eucaristia finché egli venga. L'Eucaristia si colloca tra la morte di Gesù e la sua venuta finale. E' l'espressione del tempo storico della Chiesa, del suo arduo cammino in questo mondo. Non può tramutarsi in evasione, fuga in avanti, liberazione dai drammi e dalle contraddizioni dell'esistenza terrena. Esprime attesa e speranza.


Meditiamo

- Cosa significa per me partecipare all'Eucarestia?

- Mi sento partecipe degli eventi di cui si fa memoria?

- Cosa significa nella mia vita, mantenere la memoria di un fatto, di una persona?