Omelia (24-03-2016)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Gv 13,1-15

Collocazione del brano

Il capitolo 13 apre la seconda parte del vangelo di Giovanni, quella in cui si parla dell'ora di Gesù. In questa ultima parte del suo Vangelo (13-21) il quarto evangelista si riavvicina al racconto dei sinottici, pur mantenendo la sua originalità.

Nel capitolo 13 Giovanni pone il racconto dell'ultima cena. In esso come è noto non riporta l'istituzione dell'Eucarestia, bensì il gesto della lavanda dei piedi, che ha un significato importante per la vita della Chiesa. Dopo l'allontanamento di Giuda cominciano i discorsi di addio di Gesù, che continueranno anche nei capitoli 14-17. Gesù apre il proprio cuore ai discepoli, parlando loro del suo futuro e del futuro della comunità dei credenti.


Lectio

1Prima della festa di Pasqua

Questo primo versetto ci offre un'introduzione solenne al racconto dell'ultima cena e della passione di Gesù. In essa troviamo gli elementi fondamentali della visione dottrinale di Giovanni. Importante la precisazione temporale prima della festa di Pasqua. La Pasqua rappresenta la trama di fondo dei capitoli 13-21, la chiave di interpretazione di tutta la vicenda. Durante la Pasqua, che veniva celebrata il 14 del mese di Nisan, veniva immolato l'agnello pasquale.


Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre,

Segue il riferimento all'ora, che spesso veniva annunciata nel corso della vita pubblica. Gesù la conosce, poiché è il Verbo (Logos) che viene dal Padre, è il pastore che dona volontariamente la sua vita (Gv 10,17ss.). Il fatto che egli sappia a cosa va incontro, dona una grande intensità al dramma che sta per iniziare.

L'ora riguarda certo l'ora della morte ma Giovanni ce la presenta come l'innalzamento e la glorificazione del Figlio dell'uomo. Qui è espressa come il passare da questo mondo, in qui è disceso, al Padre da cui è uscito: i poli di questa traiettoria definiscono il "passaggio" di Gesù. Questo mondo indica il mondo di quaggiù, separato dal regno celeste, in quanto non ha accolto la luce del Logos.


avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.

Gesù aveva amato i suoi. Si tratta dei soli discepoli (presenti e futuri)? Questa espressione la troviamo anche nel Prologo di Giovanni (1,11): i suoi che non l'hanno accolto. Quindi c'è un amore che previene l'uomo, i suoi sono tutti coloro che sono destinatari della Rivelazione. Però questo amore si realizza solo per coloro che rispondendo all'amore, esprimono la loro fede verso il Figlio. L'amore pienamente realizzato esiste solo tra coloro che si donano reciprocamente. Gesù chiama suoi quelli che ascoltano la sua Paola. I suoi sono nel mondo, questa espressione ritornerà nella preghiera di Gesù in Gv 17,15. I suoi devono rimanere nel mondo perché per mezzo loro Gesù resterà presente a tutti gli uomini. Così i suoi indica principalmente la comunità dei credenti.

L'espressione li amò fino alla fine riguarda certo la fine della vita di Gesù, ma ha anche un aspetto qualitativo. La pienezza dell'amore riporta all'atto di Dio che ha dato al mondo il proprio Figlio unico, ma si manifesta pienamente nella Pasqua di Gesù.


2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo,

Abbiamo qui una nuova introduzione, riguardante più strettamente la cena compiuta da Gesù con i suoi discepoli. Essa corrisponde in molti punti alla Cena della tradizione sinottica, legata anch'essa a un annuncio di tradimento. Però vi sono alcune differenze. Prima di tutto non si tratta della cena di Pasqua perché si colloca il 13 di Nisan e non il 14 (si dice infatti prima della festa di Pasqua). Poi non si parla dell'istituzione dell'Eucaristia, ma della lavanda dei piedi.

Il pasto insieme, per la mentalità antica aveva un significato molto forte. Condividere un pasto significa non solo mangiare insieme lo stesso cibo, ma avere anche occasione di scambiare pensieri e di entrare in profonda comunione di sentimenti. In questo pasto c'è anche il gesto di un boccone dato da colui che presiede: è un segno di ospitalità e sottolinea una relazione profonda. In tale prospettiva di comunione, la presenza di un falso convitato - Giuda - si mostra intollerabile.

Giovanni approfondisce la situazione. Non si tratta semplicemente di un tradimento i cui motivi possono essere meschini: è il diavolo che lo ispira. Nel IV vangelo il divisore per eccellenza (diaballo) è già stato nominato in relazione a Giuda (cf. Gv 6,70). Diventato strumento del diavolo, Giuda lo rappresenta; facendo da contrappunto all'amore rivelato, agisce come un figlio del diavolo, la cui razza è orientata al rifiuto e all'omicidio.


3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,

Di fronte al diavolo vi è Gesù. Uscito da Dio, egli sa che Dio gli ha dato in mano ogni potenza di salvezza (Gv 3,35). Gesù proclamerà alla fine del discorso d'addio: "viene il principe di questo mondo, ma su di me non ha alcun potere". Gesù se ne torna a Dio, come è stato detto nel v. 1: passa da questo mondo al Padre.


4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto.

L'azione di lavare i piedi era usuale nell'antico Oriente, per onorare un ospite che era giunto percorrendo strade polverose. Eseguita prima del pasto, era d'ordinario affidata a un domestico; eseguirla implicava una situazione di inferiorità. In seguito il gesto aveva finito per significare la riverenza nei confronti di qualcuno, soprattutto all'interno della famiglia.

Si tratta dunque di un gesto anomalo se compiuto da Gesù. Egli è il Figlio a cui il Padre ha dato in mano ogni cosa, è il Maestro. D'altra parte, l'azione non ha luogo prima, ma durante il pasto. Questa stranezza suggerisce al lettore, così come ai discepoli, una finalità singolare.

La descrizione del gesto è estremamente lenta e particolareggiata. Gesù ha compiuto un gesto simbolico. Il senso di questo gesto si comprende alla luce di altre pagine evangeliche. In Luca, proprio durante l'ultima cena, Gesù dice "Io sono in mezzo a voi come uno che serve" (Lc 22,27). Ancora Luca alla fine di una parabola scrive "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli" (Lc 12,37). Gesù prende dunque la parte del servo.


6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?».

Pietro vede solo il fatto che Gesù si mette dalla parte del servo. Egli parla sia a nome suo che come portavoce di tutto il gruppo. Come Giovanni Battista (tu vieni a me? Mt 3,14), pone una distanza tra sé e Gesù. Pietro, che ha proclamato la sua fede nel Santo di Dio (Gv 6,69) non può sopportare che Gesù lo serva e voglia rovesciare i ruoli. La sua domanda retorica rappresenta un rifiuto netto.


7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo».

Gesù risponde in modo benevolo. Pietro capirà questo gesto solo più tardi. Questo più tardi riguarda il tempo post-pasquale, quando lo Spirito Santo scenderà sui discepoli. Pietro è invitato dunque a lasciar fare, per il momento; gli è tuttavia suggerito che il gesto ha una ragione misteriosa.


8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».

Disattento alle parole con cui Gesù gli aveva risposto, Pietro ripete il suo rifiuto con ancor maggiore vigore. La ripetizione non mi laverai i piedi ha l'effetto letterario di ribadire il carattere sconcertante di ciò che Gesù sta per fare. La replica di Gesù ora viene in modo categorico: Se non ti lavo non avrai parte con me. Questa volta la distanza te/me viene rovesciata. Per Gesù si tratta di colmare questa distanza. L'avere parte, nella bibbia significa condividere con qualcuno un bene, un'eredità, sociale o spirituale. Nelle parole di Gesù indica un'appartenenza definitiva, una comunione di vita con lui. Il gesto della lavanda ne riceve significato: esso diventa ciò che permette al discepoli di accedere a tale comunione.


9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

Pietro pensa di comprendere che si tratta di un nuovo rito di purificazione, quindi si offre di farsi lavare anche le mani e la testa. Ma non è questo il vero significato del lavare i piedi. Gesù fa appello a una specie di proverbio. Una volta fatto il bagno, andando per strada ci si può sporcare di nuovo i piedi. I discepoli sono tutti puri, tranne uno. La purezza dei discepoli è data dall'ascolto della parola di Dio. Infatti in Gv 15,3, Gesù dice: "Voi siete puri per la parola che vi ho detto". Quindi chi stava per tradirlo non era puro, proprio perché non aveva accolto la sua Parola.

Il senso della lavanda dei piedi quindi non è la purificazione, bensì un'azione che simboleggia il dono di sé che sta per realizzare consegnandosi alla morte. Il suo gesto è spossessamento di sé, ma anche accoglienza dei discepoli nei luoghi misteriosi dove egli stesso sta per recarsi (Gv. 12,26; 14,3).


12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.

Questo mistero di kenosi, abbassamento e risurrezione sembra essere suggerito dal gesto che Gesù fa di riprendere le sue vesti dopo aver terminato di lavare i piedi ai discepoli. Dopo aver ripreso il proprio posto Gesù parla al gruppo. Le sue parole non sono tanto una spiegazione di quello che egli ha compiuto, piuttosto si tratta di ciò che i discepoli dovranno fare a loro volta, a partire da questo gesto. Lui che è Signore e Maestro ha compiuto un gesto da schiavo. I discepoli devono trarne le conseguenze, anche loro devono mettersi a servizio gli uni degli altri.


15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Gesù ha dato un esempio. Il termine hypòdeigma ha una connotazione visiva, di immagine, modello, non solo di esempio in campo morale. Come il Padre mostra al Figlio tutto quello che fa, così il Figlio fa ciò che vede che il Padre sta facendo. Lo scopo di Gesù è che i discepoli agiscano come lo hanno visto agire. Lo sguardo ha in Giovanni un grande valore: vedere significa essere sorpresi da una presenza, contemplare in profondità.

L'esempio di Gesù è anche un dono che genera il comportamento futuro dei discepoli. Essi devono fare kathos lui. Questo termine significa come, non nel senso di confronto, bensì con un legame genetico. E' come se dicesse: agendo così io vi dono di agire allo stesso modo.

Cosa dovranno fare i discepoli? Ovviamente non si tratta di riprodurre l'azione materiale di lavare i piedi, ma della disponibilità di fondo ad essere a servizio reciproco, un servizio senza riserva, esente da volontà di potenza. E' un comando simile al fate questo in memoria di me che troviamo nei Sinottici. Entrambi i comandi puntano sul fare e creano una comunione di vita con Gesù.


Meditatio

- Mi sento amato/a da Gesù fino alla fine?

- Mi lascio purificare dall'ascolto della Parola di Dio? Da cosa lo posso costatare?

- In quale modo anche io sono stato disponibile a lavare i piedi ai miei fratelli/sorelle?


Preghiamo

(Orazione per la Messa nella Cena del Signore)

O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa' che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita. Per il nostro Signore...