Omelia (25-03-2016)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Gv 18,1 - 19,42

Collocazione del brano

Il capitolo 17, che precede questo brano, riporta la Preghiera di Gesù. Alla fine della Cena e dei discorsi d'addio, egli affida al Padre coloro che gli sono stati affidati. Con il capitolo 18 ha inizio il racconto della Passione, con l'arresto di Gesù. Sin da subito vediamo che Giovanni nel suo racconto riporta numerosi elementi presi dai Sinottici, ma conserva la sua originalità. In questo caso vediamo infatti che non sono le guardie ad arrestare Gesù, ma è Lui che si consegna liberamente ad esse. Seguirà poi il confronto con i sacerdoti Anna e Caifa.


Lectio

1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli.

Le cose che ha detto Gesù sono i discorsi di addio dei capitoli 14-16 e la preghiera cosiddetta sacerdotale pronunciati da Gesù durante la cena. Ora la cena è finita e il gruppo esce da Gerusalemme, attraversando il torrente Cedron. Questo torrente scorre ad est della città e proprio al di là del Cedron si trova il Getsemani, il luogo di cui ci parlano i Sinottici. In questa direzione era fuggito il re Davide, quando suo figlio Assalonne prese il potere in città (2Sam 15,23). Il ricordo di questo re è plausibile, poiché nel racconto della passione si parla anche della regalità di Gesù.


2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi.

Questo giardino è un luogo familiare a Gesù e ai discepoli, quindi Giuda sa di poterlo trovare in quel luogo. Giovanni omette di raccontare gli accordi presi da Giuda con i sommi sacerdoti. Quest'ultimo viene dunque nel giardino insieme a un gruppo di soldati romani e alle guardie del tempio, quelle che precedentemente non erano riuscite ad arrestare Gesù poiché non era ancora giunta la sua ora (Gv 7,30.32-46). Per indicare i soldati romani Giovanni usa il termine coorte, un drappello piuttosto numeroso, dai 200 ai 600 uomini. Una tale presenza sembra un po' esagerata. La cosa che qui più importa è il fatto che Giovanni coinvolga in questo arresto anche le forze dell'ordine romane. Questo per dimostrare che il Figlio che Dio ha dato al mondo (Gv 3,16) è stato condannato sia dai giudei che dai pagani, allo stesso modo.

La truppa è munita di armi ma anche di lanterne e fiaccole. Giovanni mette in evidenza il fatto che al momento in cui Giuda uscì dal cenacolo "era notte" (13,30). Anche Luca ricorda "l'ora delle tenebre" (Lc 22,53). C'è un dunque un effetto di chiaroscuro: Gesù è solo di fronte a una folla di nemici che lo investe di luce.


4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?».

Una volta definito il quadro, inizia l'azione. Gesù che "sa", esce dal gruppo e si presenta. Non attende di essere sorpreso, né di ricevere da Giuda il bacio che secondo i Sinottici, deve indicarlo ai soldati; dopo essere avanzato, mantiene anche l'iniziativa della parola e interroga: Chi cercate?

Questa è un'espressione caratteristica del Vangelo di Giovanni. Le prime parole pronunciate da Gesù (Gv 1,38) erano rivolte ai discepoli del Battista "Che cosa cercate?", e facevano appello alla loro motivazione profonda. Quasi alla fine del Vangelo, Egli chiederà a Maria di Magdala: "Chi cerchi?" (20,15). Tra queste due domande il Vangelo di Giovanni è modulato sulla ricerca di Gesù. Vi sono coloro che lo cercano attirati dalla sua persona, capace di dare la vita in abbondanza o di restituire la vita ai morti. Altri lo cercano per farlo morire.


5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!».

Con la sua domanda, Gesù provoca i soldati a nominarlo e così a prendere posizione sulla sua identità. Ignorando il mistero di Gesù, le guardie si accontentano dell'appellativo corrente, che sottolinea la sua origine galilaica e rispondono "Gesù il Nazareo". Egli risponde: "Sono io". Troviamo qui il nome di Dio, così come si è rivelato a Mosè nel roveto ardente.(Es 3,14). Questa affermazione la troviamo anche in Gv 8,58, quando Gesù dice: "Prima che Abramo fosse, io sono".


Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.

La rivelazione del nome di Dio non può passare inosservata. Gli interlocutori di Gesù cadono a terra. Se facciamo riferimento all'Antico Testamento, a qui Giovanni fa continuo riferimento, possiamo vedere le l'indietreggiare e cadere è proprio dei malvagi che scoprono la loro impotenza davanti a Dio o davanti al giusto perseguitato che si affida a Dio, vedi Sal 34,4; Sal 26,2. Quindi in questo caso Gesù è il Giusto sofferente ma salvato da Dio (che fino ad allora aveva reso vani i tentativi di catturarlo, poiché non era giunta la sua ora). Ancora il cadere dei soldati è l'anticipazione della definitiva sconfitta del male. In questo senso acquista un significato particolare la ripetizione del fatto che Giuda era con loro. Satana, che aveva reso Giuda suo strumento, cadrà anche lui, privato della sua forza.


7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano»,

Senza dire che le guardie si erano rialzate, Giovanni ripete la domanda e la risposta di Gesù, seguita da un'altra affermazione importante. Gesù accetta di essere catturato e insieme ordina che i suoi discepoli siano lasciati andare. L'evangelista modifica il dato ricevuto dai Sinottici secondo i quali i suoi discepoli erano fuggiti. Giovanni sottolinea l'atteggiamento di Gesù verso di loro: nell'istante cruciale in cui si consegna ai soldati, il Figlio si preoccupa prima di tutto di coloro che il Padre gli ha dato e annuncia anticipatamente la loro salvezza.


9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato».

Abbiamo qui il commento del narratore. Si realizza quanto Gesù aveva detto, così come si compie la parola divina della Scrittura (Gv 17,12, anche se la citazione non è precisa). Il testo ricordato da Giovanni non riguardava la salvaguardia della vita fisica; tuttavia preservando la libertà dei propri discepoli, Gesù vuole anche evitare che siano tentati al di sopra delle loro forze: prima del suo passaggio al Padre, sarebbero stati incapaci di seguirlo sulla strada, che attraverso la croce, li conduce a Dio (Gv 13,33.36).


10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.

Il gesto violento di Pietro si trova anche nei Sinottici, ma senza l'indicazione del discepolo che l'ha compiuto. Significa che i Dodici non avevano compreso la missione di Gesù. Fino alla fine essi hanno sognato un messianismo terreno, che si doveva stabilire mediante la violenza.

Vi è anche un altro significato. Il servo del Sommo Sacerdote è una specie di "prefetto dei sacerdoti", anch'egli sottoposto alle condizioni dell'esercizio del sacerdozio, tra le quali non avere nessun difetto fisico (Lv 21,18). Uno di questi difetti nella Bibbia dei Settanta è appunto l'avere un "orecchio tagliato". Questo handicap è ricordato anche da Giuseppe Flavio. Il gesto di Pietro avrebbe come effetto di rendere invalida la funzione sacerdotale del rappresentante del Sommo Sacerdote.

Costui inoltre si chiamava Malco, dalla radice ebraica MLK (melek: re) indica qualcosa di regale, inteso in modo ironico.


11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

Pietro viene introdotto nella narrazione. Più tardi rinnegherà il suo Maestro. Gesù lo richiama al senso di ciò che sta per accadere. C'è un calice che Gesù deve bere. Il calice nell'AT è la sorte a cui ognuno è destinato, spesso significa sofferenza. Oppure il calice è segno di condivisione, di ospitalità. Per Marco il calice è soprattutto la sofferenza che Gesù sta per sopportare. Giovanni sottolinea la comunione con il Padre. Grazie alla sua solidarietà con gli uomini peccatori, l'Inviato da Dio subisce la morte, ma così facendo opera la distruzione della morte stessa.


12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù e lo legarono.

La scena dell'arresto si conclude qui. Gesù nel suo combattimento contro Satana sembra aver perso il primo round. Giovanni presenta Gesù come un soggetto pericoloso (Gv 11,57), perciò deve essere subito legato e portato via.


Meditatio

- Ti è mai capitato di collaborare, o per lo meno di lasciare spazio d'azione all'avversario di Gesù?

- Perché cerchi Gesù?

- Ti sembra plausibile che uno che viene arrestato come un malfattore sia Dio?


Preghiamo

(Orazione per la funzione del Venerdì Santo)

O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell'antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l'immagine dell'uomo terreno, così per l'azione del tuo Spirito, fa' che portiamo l'immagine dell'uomo celeste. Per Cristo nostro Signore.