Omelia (10-04-2016) |
don Luciano Cantini |
Libero per amare Quella notte C'è una notte, un buio, una tenebra che fatica ad aprirsi alla luce. Giovanni ce lo dice fin dall'inizio del suo vangelo: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta (1,5). A Nicodemo Gesù aveva detto: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce (3,19). Le tenebre non portano a nulla o peggio ancora sono origine del male; quando Giuda esce dal cenacolo con in cuore il tradimento si dice che era notte (13,30). Nella notte con Nicodemo Gesù aveva affermato che se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio (3,3): è necessario "venire alla luce", invece ci divertiamo a nasconderci fin da bambini, solo che nel gioco il divertimento sta nel palesarsi mentre nella vita è il mantenersi nascosti, fin dal tempo di Adamo: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto (Gn 3,10). Nel nascondimento prolifera la corruzione, l'inganno, l'approfitto, la mafia... e quanto ancora. I discepoli sul mare di Tiberiade avevano pescato tutta la notte senza prendere nulla. Era iniziata male quella serata. Giovanni ci dice che i discepoli si trovavano insieme mentre Simone prende l'iniziativa per sé: «Io vado a pescare». È vero che gli altri lo seguono ma è anche significativo l'agire individuale di Simone che ancora stenta a capire la portata della sua e della vita degli altri.
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