Omelia (10-04-2016) |
don Michele Cerutti |
Soffermiamoci sulle tre letture per avere un quadro d'insieme sulla liturgia della Parola. Dalla prima lettura impariamo il paradosso cristiano: il martire soffre ed è nella gioia! E' Gesù stesso che lo dice con estrema chiarezza dal monte delle Beatitudini: "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (M t 5,11-12). Come Gesù, così anche gli apostoli ripeteranno questo invito a gioire nella sofferenza patita per causa di Cristo. San Pietro scrive: "Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito q ella gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi" (1 Pt 4, 14). Interessanti queste ultime parole, che fanno luce su di una ragione capace di spiegare il paradosso cristiano di una sofferenza che non toglie la gioia: "lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi". Il cristiano che soffre per il Vangelo non è lasciato solo: in lui è presente e operante, con tutta l'incontenibile energia divina, lo Spirito che è Signore e dà la vita. E Gesù non l'aveva forse preannunciato ai suoi discepoli? «E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi" (M t 10, 19-20). Dalla visione dell'apocalisse si afferma che Gesù è al centro della storia. E' osservando la sua vicenda di morte e resurrezione che noi possiamo comprendere la realtà profonda della storia. Non occorre, dunque, una nuova rivelazione, ma una "memoria". Se "ricordiamo" la vicenda di Cristo, comprenderemo che il disegno di Dio è sempre combattuto; che addirittura c'è un tempo in cui le forze del male sembrano prevalere (la Croce), ma sappiamo anche che l'ultima parola è la risurrezione. La via dell'amore, della non violenza coraggiosa e del martirio, è crocifissa ma non vinta. Se vogliamo fare la storia, dobbiamo metterci alla sequela di Cristo, percorrere la sua stesa via, metterci "in cammino", come Lui, verso Gerusalemme. Gesù mette alle strette Pietro lo invita a una sequela che non si limita al lato emozionale ma che deve coinvolgerci in maniera più decisa. Non è un appello generico è un appello alla sequela rivolto a tutti che comporta a vivere la fede con più passione sapendo che Gesù guida i nostri passi. |