Commento su Gv 15, 9-11
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
Gv 15, 9-11
Come vivere questa Parola?
La pagina evangelica odierna è la continuazione di quella della "vite vera e dei tralci" che abbiamo meditato ieri e ne è anche il completamento, sempre nel contesto di fondo dei ‘discorsi di Addio'. Come le due tavole di un dittico, le due parti si illuminano a vicenda. Nella prima tavola, come abbiamo visto, predomina il linguaggio delle similitudini (la vite e i tralci), che conferisce plasticità alla tematica del "rimanere" e del "portare frutto". Nella seconda, invece, questi temi sono arricchiti da altri sviluppi non meno incisivi e singolari, come quello dei "comandamenti" e della "gioia".
Alla luce di tutto il contesto, possiamo dire che un'altra ‘parola' importante che Gesù lascia in eredità ai suoi discepoli di ogni tempo, e quindi anche a ciascuno di noi, è quella dell'Amore. E come è possibile vivere questo amore e obbedire ai comandamenti di Gesù? Il brano evangelico odierno sembra voler rispondere a tale interrogativo e così traccia un percorso, in cui indicativo e imperativo si compenetrano in modo inestricabile. Il primo indicativo costituisce l'origine e la base fondamentale di tutta la vita cristiana: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi». Questo amore si erge come una vetta e ci raggiunge senza nostro merito ed è più grande del nostro cuore. Ci avvolge, dilaga e ci sommerge, senza però forzare mai il nostro consenso. Come il Padre e il Figlio sono venuti a porre in noi la loro dimora (Gv 14,23), noi, a nostra volta possiamo porre la nostra in loro e abitare nel loro amore. È la mutua inabitazione della Trinità in noi e di noi in essa. Questo amore viene da lontano: non solamente da Gesù, di cui conosciamo il volto e la voce, ma, attraverso Gesù, dal Padre. Ecco quale amore abbiamo ricevuto in dono: l'amore stesso di Dio, che è vita eterna.
Gesù ci esorta a «rimanere nel suo amore». Questo è reso possibile dall'osservanza dei suoi comandamenti, grazie ai quali la linfa dall'amore divino circola dalla vite ai tralci.
Una novità inaspettata appare qui al termine del brano evangelico: il motivo della gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Queste parole riecheggeranno nella prima Lettera di Giovanni: «Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena». Tutto questo può apparire strano e paradossale! Mentre per il mondo la gioia viene cercata "fuori", nell'evasione e nel divertimento, nel Vangelo invece essa è connessa con i comandamenti di Gesù: "dentro", quindi, e non fuori della vita del cristiano. La sequela di Cristo, per quanto difficile possa essere, non può ignorare la gioia!
Riceve Signore il mio cuore, fa il esso una dimora di amore e gioia, dove tutti possano trovare Te.
La voce dell'Ipponense
«Cristo è venuto innanzi tutto per far conoscere all'uomo quanto Dio lo ami e per fargli sapere che egli deve ardere di amore per Lui che lo ha amato per primo, e amare il prossimo per ordine e sull'esempio di Lui che si è fatto prossimo dell'uomo amandolo».
S. Agostino, De catechizandis rudibus IV, 8.
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it