Omelia (01-05-2016) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Giovanni 14,23-29 Il contesto del presente insegnamento è l'ultima cena. I due aspetti sui quali siamo chiamati a riflettere e a pregare, sono: l'amore cristiano e la pace di Cristo. Non tutti gli amori si possono definire cristiani; e anche la pace, non la si può chiamare cristiana se non a determinate condizioni. Si può parlare di amore vero, quando non ci si ascolta? quando manca la sensibilità e la volontà di fare posto alla persona del partner nella propria vita, tra i propri impegni?... Non vi sembra ipocrita ripetere "Ti amo!" e poi fare come se l'amato non esistesse? È egoismo bell'e buono! Significa tenere legata a sé una persona, pretendendone la fedeltà, ma senza corrispondervi. Il partner diventa proprietà privata, un oggetto di piacere, tra gli altri, una conquista della quale si può financo andare fieri... Ho incontrato più di un uomo che si sentiva frustrato nella propria identità virile, perché non aveva (ancora) una compagna; ma quando la trovò, non fu capace di amarla e di farsi amare. Unica soddisfazione, potersene vantare con gli amici, con i colleghi, con la famiglia... "Finalmente c'ho la ragazza!". Il discorso è del tutto analogo quando l'altro termine della relazione è Dio: vantare di essere cristiani, e dimenticarsi addirittura di Dio, significa pretendere che Dio ci sia fedele, venga incontro alle nostre necessità... ma non ascoltare le Sue parole, rifiutando di stare alla Sue condizioni; in una parola, mancare noi stessi di fedeltà. Per questo, i profeti parlavano del popolo di Dio come di un'adultera. Ebbene, di cristiani così, ce ne sono tanti! Pretendono tutti i diritti della fede - ammesso che ce ne siano!... -, ma di doveri non ne vogliono sapere! I famosi credenti non appartenenti. Reciprocità: Dio ci ama a prescindere dalla nostra risposta. OK! Tuttavia, come ci guarderemo allo specchio, la mattina? come avremo ancora rispetto di noi stessi, quando, pur potendo corrispondere all'Amore di Dio, ragioniamo e viviamo come se Dio non esistesse? Amare Dio e amare il prossimo sono le due facce della stessa medaglia, almeno secondo il Vangelo: il Signore si rende conto che l'uomo non è in grado di amare Dio direttamente: è vero, noi non siamo capaci di manifestare amore pieno e diretto a Colui che non vediamo, né sentiamo per un nostro limite oggettivo... Per questo, il Figlio di Dio ci ha indicato la via: e questa via è la carità. Gesù lo insegna ai discepoli, durante la cena di addio e lo ribadisce, la domenica di Pasqua, a Maria Maddalena: "D'ora in poi, l'unico modo di amare Dio, l'unico modo di amarmi, sarà quello di annunciare la (mia) risurrezione!" (cfr. Gv 20,17). Sappiamo che l'annuncio della risurrezione di Cristo non si può dare soltanto a parole, ma va manifestato in concreti atteggiamenti, operando determinate scelte di vita. Ciascuno deve assumersi la responsabilità dell'altro, perché tutti gli esseri umani nascono uguali e perché per tutti vige quella regola aurea che è fondamento di ogni religione e di ogni sistema etico: "fare agli altri quello che si vorrebbe che gli altri facessero a noi". Ciascuno dovrà imparare a discernere quali atteggiamenti, quali scelte concrete traducono il sogno di un mondo migliore nella realtà quotidiana, (il sogno) di un bene comune accessibile a tutti.
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