Commento su Mc 12, 1-9; 12
«Gesù si mise a parlare con parabole: Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro... e poi molti altri... Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". Ma quei contadini dissero tra loro: "Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra!". Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. [...]. Avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro».
Mc 12, 1-9; 12.
Come vivere questa Parola?
Nella polemica circa l'operato di Gesù, che si fa sempre più aspra con i capi dei sacerdoti e gli scribi a Gerusalemme - la ‘parabola dei vignaioli omicidi' - riportata nel Vangelo odierno di Marco - raggiunge il suo culmine. Gesù ora passa al contrattacco e oppone il suo insegnamento circa il piano della storia della salvezza progettato da Dio: esso è legato in modo inscindibile al suo destino, e diventa anche il giudizio storico di condanna per i suoi avversari, che tentano di contrastare l'azione di Dio. Tutto questo viene esposto con un linguaggio parabolico (mashal) tipico, che si rifà a immagini caratteristiche della tradizione biblica dell'Antico Testamento, in special modo del celebre ‘canto della vigna' di Isaia (5,1-7). La ‘vigna' è il regno di Dio, i servi sono i profeti, il Padrone-Signore è Dio, i vignaioli sono Israele e i suoi capi, i frutti la fedeltà all'Alleanza. Questa trasparenza di linguaggio parabolico viene sottolineata dallo stesso Evangelista alla fine del testo: «Avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro».
Si noterà tuttavia che l'introduzione del Figlio - diversamente dagli altri servi - concentra ormai tutta l'attenzione del lettore sul vero significato Cristologico del racconto parabolico: «Un figlio amato. Lo inviò loro per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". In questa icona del Figlio-Amato spicca chiaramente il ruolo unico e storico di Gesù, l'ultimo inviato, l'erede oltraggiato e ucciso da coloro che pretendevano di gestire in proprio la ‘vigna'.
A questo punto interviene la domanda problematica, che coinvolge anche gli ascoltatori: «Che cosa farà dunque il padrone della vigna?». La storia biblica precedente offriva già una chiave di risposta: all'infedeltà del popolo corrisponde il giudizio storico di Dio di condanna dei vignaioli. Ma ora c'è una novità inattesa: non solo viene preannunciata la punizione dei responsabili, ma si annuncia che il disegno di Dio sarà realizzato «da altri». «Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri». Con la morte di Gesù vengono superati i privilegi razziali del giudaismo e la salvezza è offerta a tutti, anche ai pagani. Questo vale per tutti i tempi, anche per il nostro. Lo stile dell'azione di Dio contesta anche una comunità cristiana che pretenda di avere il monopolio del Regno di Dio. L'unica vera garanzia è la fedeltà, la gratuità del dono di Dio, e la libera adesione dell'uomo.
La voce di un grande Padre della Chiesa
«C'è dunque un solo e medesimo Dio Padre, che ha piantato la vigna, ha fatto uscire il popolo, ha mandato i profeti, ha mandato il Figlio e ha consegnato la vigna ad altri coloni che gli rendono il frutto al suo tempo»
Ireneo di Lione, Contro le eresie IV,36,2
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it
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