Omelia (01-11-2016) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Ap. 7,2-4 1GV. 3,1-3 MT. 1-.12a Festa di tutti i Santi. Una festa che offre subito un paradosso culturale ancora diffuso tra i cristiani per non dire tra i cattolici, ovvero sia considerare "pochi" i buoni cristiani, i veri cristiani, insomma coloro che possono fregiarsi del titolo di "Santi", e poi invece i testi biblici ci offrono una visione numerica dilatata di santi "il mio sangue, dice Gesù, è sparso per voi e per la moltitudine (Mt. 26,28), e ancora "Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa che nessuno poteva contare di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap. 7, 9a). Ricordo come durante il Convegno ecclesiale di Verona (1991), nella mitica Arena, durante la preghiera serale, furono esposti illuminati i volti dei Santi Patroni invocati in tutte le Diocesi italiane...spettacolare. Non era mai stata celebrata così comunitariamente una dimensione di Chiesa rappresentata dall'assemblea festosa dei santi. Ma chi sono i Santi? Domanda più che legittima, soprattutto quando in diverse cerimonie religiose si invocano tutta una serie di Santi, più o meno emeriti sconosciuti, e che ci lasciano con il punto interrogativo: ma chi è? A questa domanda spesso, nel tempo, si è voluto dare una risposta indicando persone che della loro vita cristiana ne hanno fatto una esperienza di sublimità spirituale quasi, anzi senza quasi, ancestrale ed irraggiungibile; niente di più sbagliato, perché santi, con o senza la S maiuscola, sono tutti coloro che semplicemente compiono il volere di Dio, e pertanto vivono costantemente nella "grazia" di Dio: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, ed esserlo realmente in pienezza." (1Gv 3,1). I cosiddetti "Santi" del calendario, che tanto amiamo perché in un certo senso ci danno un riconoscimento quasi fisico dell'esserci nel panorama della santità ecclesiale e che spesso consideriamo in termini sociologici, culturali e storici, sono semplicemente dei riferimenti di stile di vita improntata a una vita vissuta concretamente all'ombra delle "Beatitudini", le quali sono affermazioni, non benedizioni o esortazioni, di una realtà che già esiste, ma che ha bisogno di una Parola che la manifesti, e questa parola è Amore, è Cristo che si mette dalla parte dei "non pieni di sé", di coloro che non hanno appoggi sociali, degli ultimi. Le Beatitudini, pur tracciando la strada della felicità spirituale ed umana, devono saperci inquietare con questo interrogativo presente in uno scritto di Raul Follerau, l'Apostolo dei lebbrosi:
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