Omelia (02-11-2016)
don Maurizio Prandi


Una delle idee che ieri ha guidato la nostra preghiera è stata questa: la solennità di Tutti i Santi è un momento di speranza, perché ci fa celebrare chi nel mondo, nei modi più diversi e personali, fa vivere Dio e fa risplendere il Suo volto. Speranza perché ci sono delle vite, magari sconosciute ai più, che sono capaci di aprire squarci di sereno e di azzurro in un cielo che rischia di essere invece di oscurità e di tenebra. Si tratta di essere capaci di vedere, di accorgersi, di andare al di là di ciò che vediamo. È bello che la settimana che viviamo sia stata aperta, domenica scorsa, dall'ascolto del vangelo di Zaccheo che in tutti i modi cercava di vedere chi era Gesù! Siamo qui perché desideriamo vedere, siamo qui perché desideriamo passare dalle tante domande che ci abitano alle speranze contenute in queste domande. Ecco cosa hanno fatto i santi ed ecco cosa fanno i santi di oggi: fanno vivere Dio perché sono capaci di dare una speranza.

La celebrazione di oggi, vissuta nella gratitudine verso chi ci precede nella casa del Padre, ci apre alla conoscenza del sogno e del desiderio di Dio, che è quello dell'intimità con gli uomini. È un Dio, vi dicevo ieri, che lega la sua vita alla nostra per aiutarci a guardare in alto anche nei momenti in cui siamo tentati dallo scoraggiamento e il nostro capo si china verso il basso.

Quale volto di Dio emerge dalle letture che abbiamo ascoltato? Un Dio che desidera lasciarsi guardare ad esempio. È questo uno dei tanti aspetti della prima lettura che mi colpiscono e mi piacciono. Dio stesso, afferma il profeta Isaia, toglie il velo che copre i nostri occhi e ci impedisce di vedere, di capire. Il velo che siamo noi stessi a mettere: sapete che la tradizione del Primo Testamento dice che nessuno può vedere Dio e restare vivo ed è per questo che in diversi episodi notiamo che Mosè si copre il volto, Elia si copre il volto, Davide si copre il volto, quel velo che l'uomo mette, viene tolto da Dio stesso. Ecco il sogno, ecco il desiderio di Dio, lo ripeto: lasciarsi guardare dall'uomo. Non temere ci dice Dio, non aver paura, guardami. Torno alla prima lettura di ieri e a quel "processo": una moltitudine immensa che sta davanti al trono e all'agnello, davanti a Gesù, l'agnello, e alla Croce, il trono. Guardami, non temere, perché sei qui, davanti a me, al crocifisso, e io sono qui non per giudicarti ma per amarti!

Sapete anche quanto mi piaccia il particolare dell'inghiottire la morte da parte di Dio. Dio non elimina (traduzione erronea) ma inghiotte (traduzione corretta). Ancora una volta Dio desidera condividere la vita delle sue creature e lo fa attraversando la morte, inghiottendola, assumendola, facendola diventare così parte di se.

La seconda lettura ed il vangelo ci parlano di un Dio che scende (la Gerusalemme, Gesù stesso). Mi piace la profezia della seconda lettura: scende la città di Dio ed il mare che è sempre simbolo del male, scompare e con il male scompare la paura delle diversità, delle differenze: un Dio che abita non con il suo popolo, ma con i suoi popoli. Finalmente la pace, la convivenza: un popolo solo fatto di tante diversità, di tante ricchezze. Ma anche Gesù stesso discende, discende per raccogliere e accogliere tutti, per non perdere nessuno: è la volontà del Padre, che lui non perda nulla di quanto Egli gli consegna. L'immagine più bella forse è proprio quella del ladrone che con Gesù entra in Paradiso: è l'immagine della gratuità dell'amore di Dio, della sua misericordia. Cosa ha fatto per guadagnarsi la salvezza se non riconoscere l'innocenza di Gesù? Nulla, davvero non possiamo fare nulla che ci "guadagni" la salvezza, tutto dipende dall'amore di Dio. Siamo chiamati a vedere il Figlio di Dio per poter credere in Lui dice il vangelo; ringraziamo per quanti lo fanno vivere nella nostra vita e chiediamo l'intercessione dei nostri cari perché siamo capaci di farlo vivere nella vita degli altri.

Da ultimo mi veniva in mente anche una frase (non so se sia un proverbio o un modo di dire) che ho ascoltato dalla Maria, una signora di Breccanecca malata da tanto tempo e che sento come sintesi di quanto detto fino ad ora, una frase che dice la condivisione, l'accoglienza, la cura, l'amore gratuito anche verso chi magari si allontana o si perde: una mamma tiene sempre la porta aperta e il fuoco acceso! Non so come sia il Paradiso, ma questa è un'immagine che mi piace molto e che credo ci si avvicini.