Omelia (01-01-2017)
mons. Roberto Brunelli
Il tempo che passa avvicina alla meta

E' capodanno: auguri a tutti i lettori. Oggi sarebbe festa anche se non fosse domenica, ma non perché comincia un anno nuovo: la liturgia celebra oggi, ottavo giorno dal Natale, il maggior titolo di gloria di Maria, il fatto di essere la Madre di quel Bambino che è nel contempo, inestricabilmente, uomo e Dio, sicché pur essendo creatura umana ella può essere detta Madre di Dio.
E' il suo maggior titolo di gloria: tutti gli altri privilegi che la riguardano dipendono da questo; basti ricordare i due maggiori, celebrati in altrettante feste. La celebriamo Immacolata: Dio l'ha preservata dal peccato originale, proprio perché doveva diventare la Madre del suo Figlio; la celebriamo Assunta: Dio ha glorificato quel corpo che aveva portato e dato alla luce il suo Figlio.
Il vangelo (Luca 2,16-21) parla di lei, con una bella espressione che fa comprendere come anche lei sia stata 'pellegrina nella fede', cioè non abbia capito tutto subito, ma al pari di ogni credente sia andata maturando nella comprensione del mistero divino: "Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore".
Subito dopo l'evangelista annota un altro fatto relativo a questo giorno, il fedele adempimento delle prescrizioni cultuali ebraiche e l'imposizione del nome al Bambino: "Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo". Un nome dunque deciso dall'alto, un nome che prefigura la missione del neonato: Gesù significa 'Dio è il Salvatore'.

Queste le ragioni per cui oggi la Chiesa invita alla festa. In più, oggi è anche la Giornata mondiale della pace, la cinquantesima da quando l'ha istituita quel grande quanto incompreso papa che fu Paolo VI. Il tema di quest'anno invita a pregare e operare in rapporto alla violenza, quella delle armi come quella verbale, quella dei privati come quella degli stati, quella esplicita e quella subdola, che volge al male le potenzialità della nostra intelligenza. Ogni forma di violenza è un attentato alla pace: e che questo mondo abbia bisogno di pace, è tanto evidente da essere quasi ovvio.
 Infine, pur se non è il motivo della festa, la liturgia non dimentica il capodanno; la prima lettura (Numeri 6,22-27) formula gli auguri, con un'antica benedizione voluta da Dio per il suo popolo: "Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace". Come si vede, auguri diversi da quelli che ci scambiamo noi, spesso banali e distratti; quel duplice richiamo al volto di Dio ricorda che il fine ultimo del credente è di poter vedere Dio 'faccia a faccia' (1Corinzi 13,12).
Un anno nuovo porta con sé riflessioni sul tempo che passa, su quanto inevitabilmente ci lasciamo alle spalle, sul futuro con i suoi enigmi; torniamo a interrogarci sul senso della vita, sul chi siamo, da dove veniamo, e soprattutto dove andiamo. Da sempre l'uomo si pone in rapporto col tempo: scruta il passato, ne cerca i documenti, ne scrive la storia; circa il futuro, ricerca quanto può rendere più agevole il suo soggiorno in questo mondo; dopo di sé, tutt'al più pensa ai suoi figli: non va più in là. In genere il suo è il limitato orizzonte della vita terrena; rimpiange la giovinezza passata, le occasioni perdute o sprecate, e guarda con inquietudine all'inesorabile approssimarsi della fine.

 Non così il credente, che si muove entro ben altri parametri. Egli opera per il bene in questo mondo come se dovesse restarci sempre, nel contempo sapendo che un giorno lo lascerà: ma lo lascerà per passare in una condizione infinitamente migliore, alla quale guarda con intimo desiderio. E allora non si cura del trascorrere del tempo; con la soddisfazione del bene compiuto si prepara a quell'incontro 'faccia a faccia'. Ogni giorno che passa avvicina alla meta.