Omelia (25-12-2016) |
padre Gian Franco Scarpitta |
A Betlemme l'Amore si fa salvezza A Betlemme i pastori corrono verso una greppia e appena giunti vedono quello che un angelo aveva loro annunciato poco prima: un bambino avvolto in fasce trastullato da due giovani sposi, identificato come il Messia tanto atteso, il Signore Re di pace di cui avevano parlato i profeti. Comprendono allora che la loro speranza si è realizzata e le attese si sono concluse: Dio è venuto in mezzo a noi. La natura umana è stata assunta dalla Persona divina di Cristo senza per questo essere stata annientata, ma in Cristo esistono due volontà: quella divina e quella umana. Egli è vero Dio e vero Uomo. Vive da uomo la vita stessa di Dio, assume tutti i comportamenti di Dio Padre e di questi esprime anche la sua Volontà; allo stesso tempo come uomo assume tutta la nostra esperienza, assumendo anche quanto di deprecabile e di ignobile essa possa offrire. Afferma il Concilio Vaticano II: " Il Figlio di Dio ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato." Il fascino della grotta di Betlemme è davvero seducente, perché in essa si esplicita questa grandiosa opera di Dio a vantaggio dell'uomo: a Betlemme non nasce semplicemente un bambino privo di comodità e nelle condizioni ostili di abbandono, ma è Dio stesso, l'onnipotente e infinito, l'ineffabile Signore che nasce nella carne assumendo immediatamente la condizione più aberrante dell'umano, cioè quella di un'infanzia abbandonata e precaria. A Betlemme avviene l'incarnazione di Dio che per l'appunto nulla omette di questa umanità assunta, neppure la condizione di un fanciullo esile e indifeso. Stando alle aspettative tipicamente umane, il Figlio di Dio dovrebbe pretendere ben altro, esigere maggiore attenzione da parte degli uomini e richiedere un'accoglienza sulla terra degna della sua grandezza. Anzi, per condurre l'uomo a salvezza avrebbe potuto procedere in ben altro modo che incarnarsi, per esempio manifestando la sua potenza per mezzo di prodigi, fatti eclatanti o comunque di estrema evidenza. Ma il pensiero propriamente umano non collima affatto con quello del nostro Dio, nel quale Onnipotenza e Amore coincidono senza opporsi e l'amore per l'uomo si esplicita nell'umiltà e nell'accettazione dei soprusi e delle umiliazioni. Nasce infatti nel nascondimento, lontano dal plauso degli uomini, in condizioni di estrema inopia e indigenza. Solo l'amore di Dio è in grado di realizzare tanto per noi. Solo in forza del suo amore il nostro Dio, che è pur sempre indescrivibile onnipotenza e onniscienza, poteva essere capace di ciò che nelle nostre congetture appare stupido e insensato. E ancora solo per amore nei nostri riguardi Dio poteva assumere la nostra natura condividendola in tutto, ma prendendo le distanze dal peccato e anzi convincendoci intorno alla perniciosità della realtà stessa del peccato. Perché infatti Dio si è reso uomo? Pietro risponde: "Perché noi fossimo partecipi della natura di Dio"(2Pt 1, 4) e Sant'Atanasio gli fa eco: "Il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio." E tutto questo si realizza con la sconfitta del peccato, con la vittoria sulla schiavitù a cui esso ci costringe. Il peccato è la radice di tutti i mali personali è sta alla base della rovina delle nostre relazioni e quello che è più demoralizzante è che della sua realtà è istoriata la società intera e sussistono perfino delle "strutture di peccato", cioè delle condizioni di vita e dei sistemi vigenti impostati in modo da legittimare ciò che oggettivamente è illecito. Smodatezze, vizi, passioni, frenesie e alterigie legate a indifferentismo religioso e miscredenza ostinata conducono l'uomo alla presunta autoaffermazione di se stesso e a intraprendere scelte poco edificanti anche in ordine al vissuto. La concupiscienza, questa intesa come volontà generale dell'effimero e non soltanto della soddisfazione del piacere sessuale, induce inevitabilmente al desiderio incontrollato della ricchezza smisurata e del denaro e per ciò stesso dà luogo alla violenza e alla sopraffazione. Il mancato senso di responsabilità nel promuovere l'interesse degli altri e la sola attenzione al proprio tornaconto sono all'origine delle ingiustizie sociali e degli scandali deprimenti nella politica e nell'amministrazione pubblica. Tutto questo cosa riflette se non la persistenza di un regime di peccato al quale siamo soggetti e che inficia perfino gli animi più sensibili e coscienziosi? Se questa è la condizione deprimente che ci caratterizza, abbiamo bisogno di chi ci salvi e ci risollevi, no soltanto per possedere la vita piena al presente, ma anche per guadagnare la vita eterna nella salvezza definitiva: il peccato rovina l'uomo terreno e lo precipita negli abissi quanto al futuro ultraterreno. Prima della sua incarnazione, Dio aveva manifestato in tanti modi di essere dalla nostra parte, di parlarci e di venirci in soccorso nelle varie modalità che la sua rivelazione ci illustra, ma "quando venne la pienezza del tempo Dio ha mandato il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge" (Gal 4, 4) e la "pienezza del tempo", cioè il momento propizio e favorevole, è quello che si verifica alla grotta di Betlemme e che viene preconizzato ai pastori, ai Magi e da questi al mondo intero: Dio si fa Uomo egli stesso per condurci a redenzione e salvezza e liberarci dalla schiavitù del peccato. Cristo, che non conobbe peccato sebbene Dio Padre lo abbia trattato come peccato (2 Cor 5, 21), da questa perniciosa realtà viene a riscattarci e a risollevarci, orientando la nostra attenzione verso la più promettente prospettiva di vita che solo le vie di Dio possono garantire. Questo è di fatto il Natale: l'amore che trionfa sul peccato e sulle nequizie umane e che dimostra come l'Inverosimile per l'uomo sia fattibile per Dio, perché solo Dio è capace di amore vero e di onnipotenza piena. Amore e infinito potere che si compendiano in un esile Bambino indifeso apportatore di vita per tutti. Commozione e gioia davanti al fenomeno unico di Betlemme, il cui significato peraltro è "casa del pane": l'Eterno e ineffabile Dio, creatore e redentore viene a trovarci, convive con noi, percorre i nostri stessi sentieri e diventerà anche nostro alimento di vita, pane di salvezza. Nel Bambino Dio non dona infatti qualcosa di sè ma concede tutto se stesso, mettendo a repentaglio anche la sua infanzia terrena perché anche noi possiamo essere divini e semplici e farci "fanciulli quanto a malizia e adulti nel giudicare."(1Cor 14, 20) BUON NATALE A TUTTI DI CUORE |