Omelia (01-01-2017) |
don Alberto Brignoli |
Nonviolenza, caratteristica del cristiano La Giornata Mondiale di preghiera per la Pace raggiunge quest'anno un traguardo importante, ovvero quello del mezzo secolo: da cinquant'anni, infatti, iniziamo il nuovo anno civile nel nome della Pace, oltre che sotto la protezione della Maternità di Maria, che liturgicamente parlando è stata istituita molto prima, addirittura nell'VIII secolo. Il messaggio che Papa Francesco ha promulgato l'8 dicembre scorso per questa 50esima ricorrenza ha come tema: "La nonviolenza, stile di una politica per la pace". In sostanza, il Papa chiede sin dalle prime battute del suo messaggio che ognuno di noi "faccia della nonviolenza attiva il proprio stile di vita". Papa Francesco, com'è suo solito, non cita, a sostegno delle proprie affermazioni, solamente l'esempio di Gesù Cristo o le parole del Vangelo: parla invece di testimoni umani, spesso appartenenti anche ad altre religioni, che hanno fatto della nonviolenza attiva il loro stile di vita. Tra essi, menziona in modo particolare Santa Teresa di Calcutta, da lui canonizzata in questo anno che si sta per concludere; ma anche Gandhi, Martin Luther King e le donne responsabili di un movimento di nonviolenza basato sulla preghiera, operante in Liberia durante la guerra civile che ha colpito quel paese all'inizio del millennio (tra l'altro, insignite nel 2011 del Premio Nobel per la Pace). Ciò manifesta l'intenzione del Papa di rendere evidente che esiste una globalizzazione non solo della logica della guerra, ma anche della logica della pace e, appunto, della nonviolenza. Quando poi passa a indicare alcune forme concrete di instaurazione della mentalità della nonviolenza, Papa Francesco spiega che questa non si gioca solo sui massimi sistemi, ma in ogni aspetto della nostra esistenza: "Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell'ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme". Ora, per quanto riguarda noi, credo che nessuno - a partire dal sottoscritto - abbia la pretesa di poter influire sulle decisioni e sulle azioni che vengono intraprese a livello nazionale o internazionale riguardo a interventi armati, a conflitti, a situazioni violente: forse, possiamo anche solo attuare quelle forme di protesta nonviolenta o di boicottaggio di alcuni meccanismi economici e di mercato che portano a finanziare, ad esempio, la corsa agli armamenti piuttosto che le spese per la difesa militare o la presunta sicurezza interna dello Stato. Tra le cose che certamente sono alla nostra portata, ci sono almeno tre livelli sui quali possiamo giocare un ruolo attivo e concreto nella vita di ogni giorno: la famiglia, noi stessi in quanto individui, e la Chiesa. La prima, la famiglia, viene indicata dal Papa stesso nel suo messaggio: "La famiglia è l'indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell'altro, la misericordia e il perdono. Dall'interno della famiglia la gioia dell'amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società". Che nelle nostre famiglie si debbano attuare atteggiamenti di nonviolenza, è un discorso che non riguarda solamente le 120 famiglie italiane colpite da un femminicidio commesso tra le mura domestiche nell'anno appena concluso (uno ogni tre giorni): riguarda ogni nostra famiglia, ogni qualvolta assumiamo atteggiamenti anche solo verbalmente violenti (speriamo solo verbalmente), oppure ogni volta in cui vogliamo imporre al nostro coniuge, al nostro partner, ai nostri figli o a uno qualsiasi dei nostri familiari il nostro punto di vista, convinti di avere sempre ragione; oppure ogni volta che pensiamo che la soluzione dei conflitti sia quella di incrementare i salari di avvocati e notai (che non credo siano contenti di guadagnare la loro mensilità sulle liti familiari per questioni di eredità). C'è poi il livello personale, quello in cui ognuno di noi, come individuo, deve fare ogni sforzo possibile perché la violenza sia bandita dai suoi atteggiamenti quotidiani. Lo dico a partire da me stesso, quando rispondo alle persone con molta meno pazienza di quella che dovrei avere, o quando reagisco a dei torti subiti facendo altrettanto agli altri; ma ci mettiamo dentro anche tutti quei modi di fare che denotano uno stile abusivo e sopraffattore nei confronti degli altri, dal parcheggio fuori dalle strisce con cui si occupano due posti auto, allo sfrecciare con l'auto lungo le vie del paese come se fosse un autodromo, allo schiamazzo notturno che manca di rispetto a chi, il mattino seguente, ha qualcosa di più serio e intelligente da fare che ubriacarsi, all'immondizia gettata per terra incuranti del danno all'ambiente pubblico, piccolo o grande che esso sia, alle modalità "padronali" di chi dirige un'azienda convinto che gli altri siano oggetti e non persone, e chi più ne ha, più ne metta. Ognuno per la propria parte, ha un grosso ruolo di responsabilità individuale nel cercare di attuare una cultura nonviolenta. Infine, anche la Chiesa ha la sua parte di responsabilità nell'attuazione di una cultura della nonviolenza, non solo come intermediaria in molti processi di dialogo, di disgelo o di riappacificazione tra i popoli (e quest'anno è stato davvero un anno straordinario per la Chiesa, in questo senso), ma anche - è il Papa stesso che lo dice - "limitando l'uso della forza attraverso le norme morali". Spesso, infatti, lo stile della Chiesa nella determinazione di alcuni comportamenti morali non si è dimostrato dialogante o tollerante nei confronti dell'uomo contemporaneo, e questo rischia di far apparire la Chiesa per ciò che non deve essere, ossia come la manipolatrice delle coscienze di cristiani e non cristiani. Le leggi morali che la Chiesa è chiamata a insegnare e a far rispettare a ogni credente non possono assumere la caratteristica di coercizioni all'uso della coscienza personale, ma devono rispondere all'unica legge morale che Cristo ha consegnato alla Chiesa, quella che egli, nuovo Mosè, ha inaugurato con il Discorso della Montagna, ossia le Beatitudini, citate dal Papa come "manuale" della strategia di costruzione della pace. Se la Chiesa non torna con forza a urlare a tutto il mondo: "Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, gli affamati e assetati di giustizia", con fatica riuscirà ad essere madre e maestra di un modello di pace basato sulla nonviolenza. |