Omelia (01-01-2017)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Nm 6, 22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

«(I pastori) andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo».

Quando recitiamo l'"Ave, Maria", sicuramente una delle preghiere più amate dai credenti di fede cattolica e di fede ortodossa (gli Ortodossi la recitano nelle seguente forma: «Vergine Madre di Dio, gioisci, Maria piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo, perché hai partorito il Salvatore delle nostre anime ») esprimiamo il più delle volte, forse senza che vi ci soffermiamo in modo specifico, una delle professioni più significative della teologia mariana: Maria Theotokós, Maria che genera Dio. Affermazione confermata dal Concilio di Efeso nel 431, dopo aver superato varie controversie teologiche: questo titolo mariano, "Maria madre di Dio" viene celebrato dalla Chiesa cattolica il primo giorno dell'anno civile.

Le letture di oggi sembrano lasciare un po' sotto traccia questa affermazione teologica, anche se poi, in realtà, la perenne saggezza della Chiesa ci consente di ritrovarla. Vediamo come.


Numeri 6,22-27 è un brano noto come la formula di benedizione sacerdotale: «Ti benedica il Signore / e ti custodisca./ Il Signore faccia risplendere per te il suo volto/ e ti faccia grazia. / Il Signore rivolga a te il suo volto / e ti conceda pace". / Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». Porre il nome di Dio sugli Israeliti significa rendere Dio presente e benedicente in mezzo al suo popolo; ed è ciò che ha fatto Maria generando Gesù, il figlio unigenito di Dio.


Anche il Salmo 66 parla di benedizione. Dal popolo che si raduna per la festa del raccolto sale spontanea la lode a Dio per tutto ciò che Egli ha operato. L'abbondanza dei frutti della terra è un segno della sua potenza, ma soprattutto della sua bontà misericordiosa, quella stessa che, attraverso Maria, ci ha dato la più grande testimonianza d'amore: un Figlio che ha voluto condividere con noi l'esperienza assurda della morte.


E Paolo, scrivendo con le sue mani callose ai cristiani della Galazia, ribadisce un concetto che gli è caro. Se ieri la legge faceva la parte del pedagogo e dirigeva le coscienze in un contesto di paura di un Dio lontano, inaccessibile e giudicante, oggi tutto questo è passato: siamo giunti alla "pienezza dei tempi"; la schiavitù è finita. E un bimbo, nato da donna, un essere fragile e senza potere, ci indica la strada della libertà, quella libertà alla quale siamo chiamati come figli di Dio; e ci indica la strada della liberazione, dono e compito della nostra vita. Concetto che Primo Mazzolari sintetizza così: "Occorre dare potenza alla coscienza, dopo aver dato per tanti secoli coscienza al potere".


L'evangelo di Luca posto in epigrafe ci presenta un quadro familiare tutt'altro che edulcorato e retorico. Una famiglia povera, quella di Maria, Giuseppe e del loro figlio Gesù. In ricerca di un ricovero, non hanno trovato ospitalità neppure in una locanda di infimo ordine. Così - ci dice Luca - il bambino era adagiato ("giaceva" secondo altre traduzioni), e probabilmente strillava per il freddo, nella mangiatoia di uno di quei ricoveri per mandrie che si trovano nelle zone impervie dei nostri paesaggi. Un'immane fatica e un'umiliazione alla quale i poveri sono regolarmente sottoposti. Unici compagni, altri poveri: i "paria" del tempo, senza patria e senza leggi, senza Chiesa, "briganti" ripudiati dal potere civile e dal potere religioso, troppo spesso accomunati da un progetto comune. Poveri "impuri", non praticanti, donne e uomini senza illusioni e forse senza speranza di riscatto. Ed è a loro che "questo" Dio, di cui Maria è Madre, annuncia il progetto di liberazione ed essi, a differenza dei ricchi e dei potenti che confidano solo nel denaro e nella forza che proviene loro dal potere, si fidano di un Dio bambino, debole e infreddolito, e a Lui si affidano.


Perché i poveri credono nella liberazione? Proprio perché sono bisognosi e alla faticosa ricerca di un riscatto; e quando, con quella sensibilità che essi possiedono, la intravedono, il loro cuore si riempie di gioia. Il Dio con cui essi sono, ancorché inconsapevolmente, in contatto, non nel chiuso di un tempio, ma negli spazi aperti di un universo in cui brilla la sua gloria, è vicino a loro, li accetta, non li rifiuta. E a Lui, figlio di Maria, essi portano doni, i poveri doni dei poveri. Il "Dio per noi" dei ricchi e dei potenti, per loro, i poveri, è diventato il "Dio con noi": perché, in fondo, il problema non è credere in Dio, ma dare una risposta alla domanda incessante di ogni tempo: "Qual è il Dio in cui posso credere?".


È proprio il Dio figlio di Maria l'oggetto della nostra fede brancolante. Un Dio che soffre con chi soffre, che si fa piccolo con chi è piccolo, povero con chi è povero, silenzioso con coloro ai quali è negata la parola. Tutte queste cose conserva Maria, la madre di Dio, nel suo cuore, per entrare nel nostro cuore, nel nostro mondo fisico, antropologico e teologico insieme con il suo uomo Giuseppe e il suo figlio Gesù. Così anche noi, resi poveri come i pastori, corriamo ad adorare questo Dio, non su questo o su un altro monte, ma nel tempio del nostro cuore e della nostra coscienza, nella speranza e nel pianto di ogni persona.


Traccia per la revisione di vita
- Che cos'è per me Maria, la madre di Dio: un'immagine da adorare oppure un modello da imitare?

- Nel cammino di imitazione di Maria, quale posto occupa nella mia vita la povertà del cuore e la sobrietà del linguaggio?

- Sono disposto come Maria, personalmente e con la mia famiglia, a vivere e ad evangelizzare la speranza dei poveri?


Luigi Ghia Direttore della rivista "Famiglia Domani"