Omelia (06-01-2017) |
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Al tempo dell'imperatore Cesare Augusto, viveva nella città di Ectabana, tra i monti della Persia, un giovane sapiente di nome Artabano. Anche lui, come i magi, studiava le antiche profezie e scrutava le stelle in attesa che apparisse nel cielo un segno che indicasse il luogo e il tempo in cui sarebbe nato il Re Messia. Dopo aver decifrato le antiche tavole, attendeva che la stella cometa cominciasse a brillare nel cielo per raggiungere i suoi amici, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre a Babilonia e partire alla volta di Gerusalemme per adorare il Messia, il Re del re. Per questo, Artabano aveva venduto tutti i suoi avere per comprare tre bellissime pietre preziose, le più belle mai viste: uno zaffiro, blu come i cielo, un rubino rosso come il raggio al tramonto, e una perla, bianca come le cime delle montagne innevate. Aveva confidato questo progetto a lungo studiato suoi amici, ma questi, rimproverandolo di essere solo un sognatore, l'avevano deriso lasciandolo solo. Rimasto solo e sconsolato, il giovane Artabano, era salito sulla terrazza del suo palazzo a contemplare la volta del firmamento, quando ecco, alta nel cielo tornò a brillare la stella cometa della promessa. All'indomani in groppa al dromedario più agile e resistente della sua scuderia si diresse rapidamente incontro ai tre amici che l'attendevano a Babilonia. Ma quando ormai era vicino alla città, notò, anziano riverso sul ciglio della strada. Era stato vittima di un'aggressione. Artabano sapeva che fermandosi non sarebbe arrivato in tempo all'appuntamento, ma mosso da pietà verso quel poveretto fermò il suo dromedario, scese in fretta e gli prestò i primi soccorsi al malcapitato donandogli la prima delle tre pietre preziose: lo zaffiro. Arrivò finalmente a Babilonia ma i suoi tre amici erano già partiti. L'avevano atteso a lungo, ma poi si erano messi in viaggio per paura di non arrivare in tempo. Artabano in groppa al suo dromedario si mise a seguirli, ma un secondo contrattempo rallentò ulteriormente il suo viaggio. Fermatosi in un'oasi per abbeverare il suo dromedario udì le grida di aiuto di una giovane donna. Era stata catturata dai negrieri che la conducevano legata per venderla al mercato degli schiavi. Artabano comprese subito che per salvarla non poteva fare affidamento sulle sue sole forze, così decise di mettere mano alla cintura e di comprare la libertà della giovane con il rubino. Intanto Gaspare, Melchiorre e Baldassarre erano arrivati alla grotta dove si erano rifugiati Maria, Giuseppe e il piccolo Gesù. Si erano prostrati in adorazione, provando una grande gioia, e avevano consegnato i doni preparati per l'occasione. Gaspare aveva offerto uno scrigno pieno di oro, Melchiorre un braciere pieno di incenso e Baldassarre un vaso pieno di profumatissima mirra. Poi, avvertiti in sogno che Erode stava cercando di uccidere il Bambino e che per questo aveva ordinato la strage di tutti i bambini di Betlemme, se ne stavano tornando alle loro case per un'altra via. Quando finalmente giunse anche Artabano, si trovò davanti a uno spettacolo raccapricciante. La città era in fiamme, si udivano grida di dolore. Una madre, che cercava di fuggire con il suo bambino, era inseguita da alcuni soldati. Il giovane saggio allora corse in suo aiuto barattando la vita del neonato con l'ultima pietra preziosa che gli era rimasta. Stanco dal lungo viaggio e disperato per essere arrivato in ritardo meditava il pronto ritorno nella sua terra, quand'ecco la stella brillò ancora una volta e guidò il giovane Artabano verso una stalla. Aprì lentamente la porticina e vide un uomo che velocemente bardava un asinello caricando alcuni bagagli e una donna che stringeva al petto un piccolo bambino cantandogli una dolce nenia. Lentamente e ansimante si prostrò con la faccia verso terra e cominciò a parlare: "Signore, disse, io vengo separatamente dagli altri re che ti hanno reso omaggio e di cui tu hai ricevuto i doni. Perdonami, Signore Anch'io avevo un dono per te: tre pietre preziose...ma ora non le ho più....". E cominciò a raccontare le sue avventure. Quando ebbe finito, in tutta la stalla ci fu un grande silenzio. Artabano rimase prostrato per ancora qualche istante, poi alzò finalmente lo sguardo e vide Maria sorridere e il Bambino tendergli le mani. Maria allora glielo pose tra le braccia e si precipitò ad aiutare Giuseppe con i bagagli. Quella fu la fortuna di Artabano: trovarsi con le mani vuote per aver dato tutto quello che aveva ai poveri. E' il calore di quell'abbraccio illuminò per sempre la sua vita. Cari amici, questa storiella che abbiamo appena ascoltato è solo una leggenda, ma ci può aiutare, come tante altre storie che sono state scritte da quando Gesù è nato, a comprendere il vero significato del Natale. Quella di Artabano, che vi ho appena raccontato in una delle sue versioni, ci vuole ricordare che anche noi dobbiamo essere come i Magi cercatori di Dio, anche noi possiamo come i Magi incontrare il Signore nella nostra vita, a patto però di non cedere alla tentazione di pensare che tutto sia solo un sogno (come gli amici di Artabano), di avere la forza di non arrenderci davanti alle prime difficoltà, di continuare a fidarsi anche quando la stella potrebbe non brillare, come è avvenuto ai magi e al leggendario Artabano. Ma soprattutto senza aver paura di fermarsi per strada a dare una mano a chi è più bisognoso di noi. Se rallenteremo il nostro percorso per fare dono di noi stessi agli altri, il Signore ci aspetterà. Se saremo capaci di adorarlo veramente (che significa riconoscere di essere a "mani vuote" davanti alla sua grandezza), il Signore ci riempirà di se stesso e scopriremo che il vero regalo non saremo noi a farlo a Lui ma lo farà Lui a noi. Perché Natale è tutto questo: è Dio che si vuole manifestare (Epifania) a ciascun uomo, nessuno escluso. E' Dio che ci vuole fare il più bel regalo: regalarci se stesso. Buona festa dell'Epifania Commento a cura di Oreste Borrelli |