Omelia (13-04-2017)
don Maurizio Prandi
Dio sceglie i piedi

Oggi comincia quello che chiamiamo il Triduo Pasquale, cioè tre giorni nei quali, quasi come al rallentatore ripercorriamo il cuore della fede in Gesù, figlio di Dio e rivelatore del volto di Dio. La giornata di oggi è attesa come quella in cui si celebra il momento in cui Gesù istituisce il sacramento dell'Eucaristia. Al centro non le parole di Gesù sul pane ma un gesto e un verbo. Il gesto della lavanda dei piedi e il verbo amare. L'amore di Gesù, che non nasce solo da buoni sentimenti, ma da una consapevolezza: si avvicina il momento decisivo, il momento in cui Gesù entra nel mondo di Dio nel mondo del Padre sapendo che era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre. E' il momento decisivo, il più importante, un momento che, se vissuto male, avrebbe potuto cancellare tre anni di cammino, di condivisione, di preghiera, di segni compiuti. Gesù decide di vivere bene questo momento, decide di viverlo amando, come dice Giovanni, fino alla fine, fino all'estremo, fino al punto più alto, fino al massimo.


Mi piace tanto che nel vangelo si scriva che Gesù amò i suoi che erano nel mondo, mi piace perché ancora una volta ci viene detto il nostro nome (suoi) e mi piace per l'universalità della dimora: quelli che sono nel mondo. Un amore che abbraccia il mondo intero, un amore che abbraccia tutti! In forza di questo amore, che si dona fino alla fine, nasce la comunità dei "suoi". La chiesa nasce dall'amore, la chiesa nasce da questo amore! Un amore che molto concretamente è:

- Alzarsi da tavola

- Deporre le vesti

- Cingersi

- Versare acqua e lavare

- Asciugare

- Rivestirsi

- Rimettersi a tavola


Ci lascia questo gesto Gesù, come una responsabilità; ce lo lascia con le stesse parole che gli altri evangelisti gli mettono in bocca quando dà ai suoi discepoli il pane e il vino: fate questo in memoria di me/affinché come io ho fatto a voi, anche voi lo facciate! Era un gesto tradizionale di accoglienza quello della lavanda dei piedi (R. Fabris), non necessariamente un gesto servile o umiliante, ma che esprime premura, dedizione e rispetto. Gesto che faceva la moglie verso il marito, che faceva la mamma nei confronti del figlio, un gesto di amore vissuto nell'intimità della famiglia e della casa. È bellissimo secondo me che il vangelo collochi l'Ultima Cena di Gesù non nel segno del Tempio, o della Sinagoga, (o di una Basilica, o di una Cattedrale), ma nel segno di questa intimità, l'intimità della casa, l'intimità della famiglia, l'intimità dell'amicizia e della fraternità, fatta di gesti semplici e solidali, di silenzi forse imbarazzanti (il tuo maestro che lava i piedi!) ma che mettono in moto domande e desideri profondi per la propria vita e Pietro ce li indica con la sua unica paura, quella di non aver parte con lui.


Anche se Pietro non vuole, Gesù sceglie i piedi. Leggevo un bel testo che mi hanno inviato e che ha fatto nascere in me alcune riflessioni sul perché di questa scelta: sotto la pianta dei piedi della gente è archiviata la strada che hanno fatto. Dove è andata, in quale pozzanghera è caduta, che sentieri faticosi ha percorso o quanta erba fresca ha calpestato. I piedi sono il simbolo di tutto quello che percorriamo con la nostra vita. Lavarli leggevo, significa liberarsi di tutta quella terra, molto spesso fatta di dolore, che ci è rimasta attaccata addosso. Da una parte sento che è importante quella terra, perché è la tua storia, però dall'altra sento che il rischio è quello di continuare a tenere il proprio pensiero lì, a quella terra, a quel dolore, a quelle pietre conficcate nella carne e se cosi è non ci sarà tempo per accorgersi di nient'altro se non dei propri piedi. Forse ci deve bastare sapere che è una terra amata da Gesù che dimentico dei suoi, si prende cura dei nostri piedi. Se lo sguardo è fisso ai nostri piedi non ci saranno tramonti o panorami, volti o amori, speranze o silenzi, colori o musiche. Tutta l'attenzione sarà sempre fissa su questo archivio segreto relegato in fondo al nostro corpo, in quella parte che tocca la terra con tutto il peso del resto del corpo, della testa innanzitutto ma anche del cuore. Gesù libera l'attenzione dei discepoli e li abilita a sentire, vedere, accorgersi, mangiare, gustare, piangere.


E' interessante come il maestro ci tenga a dire "lavatevi i piedi gli uni gli altri". Cioè il cristianesimo è mettersi in ginocchio davanti ai piedi degli altri e non ai nostri. La fede in Gesù la si consuma solo a vicenda e mai nella solitudine. Lasciarsi lavare i piedi e lavare i piedi agli altri... Volesse il cielo che ci riprendessimo questa vocazione primordiale a liberare gli altri dalla sporcizia della terra che hanno calpestato. Dalla pece oscura del dolore che non si stacca più dalla carne. Dalle ferite profonde di chi è stato tradito o ha dovuto svoltare repentinamente per altre vie a causa di forze maggiori. Se non ci carichiamo della storia degli altri e non lasciamo che gli altri facciano altrettanto con noi, allora non siederemo mai a tavola. Non sperimenteremo mai la vertigine dell'amicizia, dell'intimità, delle parole sussurrate, della nostalgia, degli sguardi, dell'intesa. Ma avvertiremo solo la paura, la frustrazione, la rabbia, il rancore, l'insicurezza per tutto quello che ci è capitato (Luigi Epicoco).


Vogliamo lasciarci lavare anche noi allora per aver parte, ovvero per (è questo il significato delle parole di Gesù)

- ereditare il suo amore, quindi essere anche noi capaci di vivere come Gesù;

- condividere il suo destino ovvero saper spezzare il pane e la vita;

- entrare in comunione cioè, come abbiamo scritto nella spiegazione del sepolcro di quest'anno: scoprire che possiamo fare gli stessi sogni di Dio!