Omelia (24-03-2005) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Meditate, gente, meditate "Questo è il mio Corpo... Questo è il mio Sangue... Fate questo in memoria di me" sono le parole che caratterizzarono in un certo qual modo la svolta della vita degli apostoli, riuniti in quella stanza appositamente predisposta al piano superiore dell'abitazione di Gerusalemme. Afferma tuttavia il papa (Ecclesia De Eucharestia) che essi probabilmente non afferrarono subito il senso delle affermazioni di Gesù intorno al pane e al vino che stava loro porgendo, ma solo dopo il mattino di Pasqua riuscirono ad assimilarne il significato e la portata: con tali parole, infatti, il Signore annunciava il sacrificio di se stesso sulla croce, l'immolazione che lo avrebbe condotto a realizzare il disegno di redenzione per la nostra salvezza e la vita eterna per tutti nella Resurrezione. E così anche oggi, nella celebrazione pomeridiana dell'Eucarestia, vediamo ripresentarsi il medesimo sacrificio compiutosi una volta per tutte, secondo un procedimento che la teologia chiama anamnesi = commemorazione e ripresentazione. Ed è per questo che l'Eucarestia deve considerarsi il dono per eccellenza che qualifica e riempie la vita cristiana. Sempre il papa, però (Mane nobiscum, Domine), aggiunge che tutte le iniziative eucaristiche come anche lo stesso anno 2005 dedicato al Sacramento scaturiscono necessariamente dalla "contemplazione del mistero dell'Eucarestia"; prima di fare ogni valutazione e ragionamento, occorre infatti soffermarsi in adorazione di fronte al Sacramento, per operare una meditazione profonda. Meditazione di che cosa? Del fatto che Dio, resosi uomo per la nostra salvezza, non contento di aver assunto forma umana per entrare nella storia, ha deciso di rendersi alimento per tutta l'umanità, così come egli stesso affermava: " Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno"; "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà in sé la vita e io lo resusciterò nell'ultimo giorno. Dio che si fa' mangiare, rendendosi cibo per noi, e allo stesso tempo ripresenta l'immolazione della sua carne nelle sembianze del pane e del vino. Che noi si debba meditare e che ci si debba orientare alla meditazione del Mistero è una necessità che oggigiorno si rivela alquanto urgente, visto che la civiltà attuale è poco propensa al misticismo e anche nelle nostre comunità ecclesiali si corre troppo e la vita pastorale molto spesso si riduce a una serie di iniziative esteriori che si realizzano nella foga del "fare" che molto spesso diventa attivismo o efficientismo, restando comunque cosa vuota: non vi è dubbio che lo zelo operativo e l'azione pastorale nelle sue varie forme, nonché le varie attività di ministero siano cosa lodevole e non possono mancare nelle nostre comunità ecclesiali, tuttavia ad animare e a fondare ogni nostra azione è proprio l'Eucarestia, e pertanto non vi può essere attività che non sia preceduta dalla contemplazione della Medesima. Sarebbe opportuno creare degli spazi di tempo più prolungati al silenzio, alla meditazione e alla contemplazione del mistero eucaristico affinché ogni nostro agire sia denso di significato e soprattutto assumiamo sempre più coscienza del Sacraemento per poterlo esprimere nelle varie attività. E soprattutto perché questo mistero si impossessi della nostra stessa vita per poterla trasformare in meglio, aiutandoci a vivere le vicissitudini del nostro quotidiano. Nel Sacramento troviamo infatti la costanza per la perseveranza nel bene, l'incoraggiamento necessario per progredire nella vita di tutti i giorni e raggiungere la calma e la serenità interiore necessarie ad affrontare tutti i problemi; si trova nell'Eucarestia la motivazione e lo sprone delle nostre azioni e la forza per non arrenderci alle vicissitudini in negativo; il Sacramento, appunto perché pane di vita è alimento che ci aiuta a vivere. E se è vero che vivere vuol dire lottare e soffrire, Colui che ha sofferto e si è immolato per farsi nostro pane ci darà costanza nella lotta, essendo il cibo per eccellenza, anche dal punto di vista vitale. Ed è per questo che è necessario cibarsene, tuttavia non senza la disposizione di cuore che è capace di andare oltre alle apparenze dei sensi, ossia la fede. Abbandonarci con fiducia al Mistero Eucaristico è la condizione previa per poterlo assimilare e per poterne beneficiare, specialmente adesso che ci approssimiamo alla celebrazione della gloria senza fine del Cristo Risorto e ad accrescere il desiderio di fede e di abbandono è propio il nostro atteggiamento orante e contemplativo che rafforza noi stessi e tramite noi il mondo intero. |