Commento su Mt 26,14-27,66
Collocazione del brano
Il capitolo 26 di Matteo è interamente dedicato alla Passione di Gesù e ai suoi preliminari. Si apre con un annuncio esplicito da parte di Gesù ai discepoli: Il figlio dell'Uomo sarà consegnato per essere crocifisso. (1-2) Seguono gli accordi dei capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo insieme al sommo sacerdote Caifa (3-5) e l'unzione a Betania da parte di una donna anonima, anticipazione dell'unzione del suo cadavere (6-13). In questa prima parte del capitolo 26 ritorna in modo insistente il verbo paradidomai, che in italiano viene tradotto in due modi: essere consegnato, essere tradito.
Lectio
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti 15e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento.
Che Gesù sia stato tradito da uno dei suoi stessi discepoli non è un fatto che i primi cristiani potessero inventarsi. Il nome Iscariota significa forse uomo di Keriot, una località abitata dalla tribù di Giuda al ritorno dalla terra promessa (Gs 15,25). Meno probabile che derivi dal latino sicarius (pugnalatore), utilizzato per indicare i terroristi giudei del primo secolo d.C..
La domanda che Giuda fa ai capi dei sacerdoti suggerisce che il motivo che l'ha indotto a tradire Gesù sia stato l'avidità, però dobbiamo ammettere che al riguardo non possiamo trovare alcuna motivazione certa. Soltanto Matteo dà la cifra esatta, trenta denari (lo stipendio di un mese) che in Es 21,32 è il valore attribuito a uno schiavo in caso di risarcimento per un incidente. In Zc 11,12 trenta sicli d'argento sono la paga del pastore (una paga misera), che egli getta nel tesoro del tempio. L'allusione a Zaccaria prelude alla descrizione della morte di Giuda in Mt 27,3-10.
16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
In questo momento la vicenda di Gesù assume una svolta. Il termine eukairia (tempo propizio) presenta un risvolto ironico: è l'occasione propizia per il complotto di Giuda e dei capi dei sacerdoti, ma è l'occasione ancor più propizia per tutta l'umanità, la morte di Gesù e la sua Pasqua.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Il primo giorno degli Azzimi era il giorno stesso di Pasqua, quindi a rigor di logica i preparativi dovevano essere già stati fatti. Tra gli studiosi vi sono molti dubbi nel collocare l'ultima cena. Per alcuni elementi (il pasto notturno, la frazione del pane a metà banchetto, l'uso del vino...) sembra essere proprio il pasto di Pasqua, per altri (la parola pane e non azzimi, la mancanza dell'agnello, il processo il giorno dopo che doveva essere un giorno solenne...) fanno pensare solo a una cena tra amici.
La domanda dei discepoli però è inequivocabile, essi chiedono a Gesù dove voleva prendere il banchetto previsto per la festa di Pasqua.
18Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: "Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli"».
Mentre Marco riporta numerosi particolari che mettono in risalto la preveggenza di Gesù e gli elementi simbolici e profetici della preparazione, Matteo abbrevia il tutto sottolineando la completa padronanza della situazione da parte di Gesù. Infatti dice "Il mio tempo è vicino". Giuda stava cercando il momento opportuno, l'occasione propizia per consegnarlo, ma è Gesù che stabilisce quando debba essere questo momento opportuno. Farò la Pasqua nell'originale greco è al presente. Ciò aumenta il senso di destino già così marcato in tutto il racconto della passione. Il fatto che poi la celebri con i suoi discepoli mette in risalto un legame che durante la passione si dimostrerà estremamente fragile.
19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Lo stupore che Marco ci trasmette nello scoprire come vero quello che Gesù aveva detto loro, qui è del tutto annullato. I discepoli fanno semplicemente ciò che Gesù ha ordinato.
20Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. 21Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
Gesù si reclinava a tavola. L'uso dei romani e dei greci di mettersi a banchetto era quello di stare sdraiati e i anche i giudei avevano preso questo costume. Gesù afferma che uno di loro lo tradirà. Egli è a conoscenza del complotto contro di lui e al tempo stesso è pienamente padrone della situazione.
22Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».
I discepoli facendo questa domanda in questa forma sembrano richiedere una risposta negativa.
23Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà.
La pratica di prendere tutti il cibo da un piatto comune faceva parte del rituale della Pasqua. Così il traditore viola non solo il legame che accomuna tutti quelli che mangiano insieme, ma anche il legame che unisce tra loro quelli che celebrano la pasqua insieme come una famiglia. Si ricorda anche il salmo 41,10: "Anche l'amico in cui confidavo, anche lui che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno".
24Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».
Nell'AT non vi è un brano che parla specificatamente delle sofferenze e della morte del Figlio dell'uomo. L'adempimento delle Scritture riguarda la persona di Gesù in toto, non questo particolare titolo che gli viene attribuito. La Chiesa delle origini riconosce che la sofferenza e la morte di Gesù si sono svolte "secondo le Scritture". Pur affermando ciò, la seconda parte del detto attribuisce la responsabilità del tradimento di Gesù a Giuda. Giuda non è una pedina o una marionetta nello svolgimento del piano divino.
25Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Mentre tutti gli altri discepoli chiamano Gesù Signore, Giuda si differenzia chiamandolo Rabbi. Per Matteo questo è un segno importante, per il discepolo Gesù non può essere soltanto maestro. Con questo appellativo Giuda tradirà il Signore nell'orto del Getsemani. Gesù tra l'altro aveva detto di non farsi chiamare rabbi dalla gente (Mt 26,49).
Giuda dunque già durante la cena si smaschera come il traditore. Gesù alla sua domanda risponde "Tu l'hai detto", un modo piuttosto evasivo. In questo modo Matteo ci suggerisce che Giuda agisce di sua iniziativa, e non perché Gesù li ha detto che lo avrebbe tradito.
Meditatio
- Quali potevano essere i sentimenti di Gesù nel sapersi tradito proprio da uno dei suoi amici più cari?
- Qual è la mia opinione a riguardo di Giuda?
- Ho mai assistito a fatti negativi che hanno poi avuto esiti positivi?