Omelia (15-08-2017) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Ottavio De Bertolis L'episodio della visitazione, che contempliamo nella pagina del Vangelo di oggi, Mostra, a ben vedere, alcune particolarità: una ragazza che, da sola, "si mise in viaggio verso la montagna"; le montagne, la Giudea, sono luoghi pericolosi da farsi per una donna, ancora quasi bambina, Conosciamo già dalle parabole i briganti che assalgono i malcapitati, e li lasciano sul ciglio della strada, mezzi morti, come quell'uomo che fu oggetto della compassione del Samaritano. La carità di Maria, che siamo abituati a contemplare in questo mistero della sua vita, non è la semplice gentilezza, o una ragionevole benevolenza: Maria infatti osa un viaggio più grande di lei. E' una donna intrepida: chi porta in sé il Signore, come lei, ha fretta, ha desiderio vivo di servire: caritas Christi urget nos, dice san Paolo, cioè la carità di Cristo ci spinge. Tutto è estremamente vivo e vitale in questa scena: lo Spirito che coprì la Madre di Dio, quello stesso Spirito che scende sui credenti, è fervore, prontezza, slancio. In una parola: Maria è generosa nella sua gioia, e la gioia che le ridonda intimamente dall'annuncio ricevuto aumenta ancora la sua generosità, la quale ancora aumenta la sua gioia, in un circolo virtuoso di grande umanità e di pienezza soprannaturale. Sembra di vederla infine correre, affettarsi verso la casa, chiamare; sembra di sentire la sua voce nel cortile interno della casa, parlare ai servi: Elisabetta non era una donna qualsiasi, come del resto suo marito, lo sappiamo da prima, avrà avuto dei servi. Maria, entrata in casa, non saluta però Zaccaria suo marito, il capo, il maschio, e per giunta il sacerdote: la grazia relativizza, ribalta e rovescia i ruoli sociali ed ecclesiali. Maria saluta Elisabetta, l'anziana che ha concepito quando il Signore ha guardato alla sua sterilità, segno qui della legge antica ormai superata dal dono di grazia fatto in Cristo. Qui non ha più importanza la legge, che teneva in ombra le donne, né il sacerdozio, e tutto è fatto nuovo: è un dialogo tra donne riempite di grazia, e perciò fatte libere, non tra suddite della legge mosaica, tra nuove creature, come tutti quelli che sono in Cristo, e non nell'uomo vecchio. Risuonano le parole di Elisabetta, che tutti noi ripetiamo, o dovremmo imparare a ripetere, decine di volte al giorno: "benedetta tu tra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo". Va notato che Elisabetta poté dire questo perché "piena di Spirito Santo", proprio come san paolo insegnerà che "nessuno può dire che Gesù Cristo è il Signore se non nello Spirito Santo". A quanti mi chiedono di imparare a pregare io suggerisco, con sant'Ignazio, di iniziare proprio così, ripetendo queste parole, gustandole, rivivendo in noi stessi la lode della Tuttasanta che fiorì in Elisabetta e da allora sgorga senza interruzione nella Chiesa. Infatti l'essenziale, quando si prega, è il dono dello Spirito, e, come ho già detto, queste parole non si possono dire se non sotto l'azione dello Spirito. "Beata colei che ha creduto": di Maria non è detto quanto è invece affermato di Elisabetta e Zaccaria, cioè che "erano giusti e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore". Maria è di Nazareth, e già sappiamo che da Nazareth non può uscire nulla di buono; siamo infatti nella Galilea delle genti, dove il culto non può essere osservato nella purezza rituale che si può avere solo a Gerusalemme, nel tempo, appunto in casa di Elisabetta e Zaccaria. E così la beatitudine di Maria non è dalle opere della legge, e perciò di lei non si dice che è "giusta", ma che è beata perché ha creduto. Come noi: la sua beatitudine è la nostra, di tutti noi che riconosciamo nel frutto del suo seno quel Figlio che il Padre ha donato al mondo, avendolo amato fino a tal punto. Il Magnificat, che la Chiesa proclama ogni giorno nei vespri, è l'esultanza della vergine, ma anche la nostra esultanza: "ha guardato l'umiltà della sua serva", la sua povertà. Maria non ci è presentata come una semidea, una privilegiata: è una di noi, vera nostra sorella, prima dei discepoli del Signore, la sua compagna più generosa e la serva più fedele, che riflette in se stessa quei doni che anche a noi sono fatti. Anche noi peccatori infatti possiamo ogni giorno esultare in Dio nostro salvatore, perché come Maria riconosciamo che non siamo stati noi ad amare Dio, ma Lui ci ha amati per primo, in un abbassamento, una grazia, una liberalità illimitata. Con Maria ogni giorno contempliamo la vita stessa di Gesù, i suoi "misteri", nella semplice profondità della preghiera del Rosario e nella Liturgia, custodendo come la Vergine la parola, ogni giorno, dimorando in essa, per portare frutto. E così la nostra vita è cristificata, è resa simile a quella di Gesù, per esserne segno e strumento efficace. Questa è l'assunzione di Maria: Colei che fra tutti fu unita a Gesù nella sua vita, nel suo nascondimento, nell'offerta del proprio "sì" quotidiano a Dio, fino alla comunione con le sue sofferenze, al calice del suo dolore, Colei appunto che fu conforme a Cristo nella vita e nella morte, lo è anche, anticipatamente, prima di tutti gli altri, nella Gloria del Risorto. La festa di oggi è la Pasqua di Nostra Signora: oggi possiamo contemplare come Cristo Signore, che la liberò dal peccato, trasfigurò non solo il suo spirito e la sua anima, ma anche il suo stesso corpo, e la conformò al suo. Maria, in altri termini, partecipa alla Gloria di Cristo risorto: per questo anche lei, come Lui e sempre in Lui, è sempre viva a intercedere a nostro favore: "prega per noi peccatori". Per questo Maria continua a visitarci, come già fece con Elisabetta, per portarci la sua gioia, per consolarci con la parola del suo Figlio, per comunicarci il dono dello Spirito che in lei fu pienezza di grazia: lo fa ogni volta che le apriamo la porta, lo fa ogni volta che la ricordiamo, lo fa ogni volta che con tutta la Chiesa la benediciamo. Così Maria prosegue nel tempo la sua missione nella Chiesa: le potenze degli inferi non prevalgono, e, se i credenti patiscono persecuzioni e prove, nel loro deserto sono nutriti dalla parola e dall'Eucaristia che li sostiene; la comunione dei santi e l'intercessione della Vergine ci confortano e custodiscono nella fede e nell'amore di Gesù Cristo, fino alla fine. |