Commento su Proverbi 31,10-13.19.20.30-31; Matteo 25,14-30
Amici che mi leggete, certamente il mio intento non ? fare una predica. Sono una mamma, vorrei usare le letture della domenica per aiutarci a vivere meglio, per correggere l'idea di Dio, che nel corso della vita ci siamo fatti, spesso errata.
La nostra intelligenza non pu? contenere Dio, allora la tentazione ? di rimpicciolire Dio a nostra misura e ci roviniamo la vita. S?, perch? Dio non vuole niente per s?, a lui non manca niente. Vuole invece che ognuno di noi realizzi se stesso come essere umano-divino: non dimentichiamo che siamo sue creature!
Occorre che scopriamo Dio magnanimo e vicino! Quando lo si considera lontano, infatti, si ? tentati di pensarlo a misura propria, o anche semplicemente di dimenticarlo. Importante per incontrare Dio ? riconoscere che quanto siamo e possediamo ? tutto dono di Dio da trafficare per lui e per il prossimo che ci fa incontrare. Il Padre ha fiducia in noi! non ? affatto un padrone esoso, n? uno sfruttatore esigente, ma uno che fa appello alla nostra responsabilit?, alla nostra inventiva, alla nostra operosit?. La ricchezza che mette nelle nostre mani non ? un regalo destinato solo a noi, a nostro esclusivo beneficio. Sotterrare la nostra fede, coprire la nostra speranza, mortificare l'amore, significa condannarle alla sterilit? e vederle appassire. Si tratta di doni inestimabili, ma anche molto fragili, bisognosi di essere spesi nella vita quotidiana.
PROVERBI 31, 10-13. 19.20. 30-31
La prima lettura ? tratta dal libro dei Proverbi. E' una raccolta di nove collezioni di detti, che come tutti sappiamo contengono la sapienza, che in questo caso, non ? sapienza umana, ma da tutti i testi sapienziali nasce Qualcuno che esce da Dio stesso: Cristo, Sapienza di Dio. Il testo cerca di scoprire ci? che va verso la vita, non verso la morte. In particolare il brano ? al termine del libro ed ? un canto della donna ideale. Potrebbe essere un insegnamento di un maestro, che sta per terminare la formazione dei suoi discepoli, che si preparano a mettere su casa. Egli teme che i suoi giovani si lascino attirare solo dalla bellezza. Il valore supremo della donna descritta sta nel fatto che rispetta il Signore. Oppure potrebbe essere anche un elogio funebre a una sposa e madre. Il marito poteva contare su di lei: responsabile degli affari di casa, li ha fatti fruttificare tutti i giorni della sua vita. Certo una donna cos?, vale pi? che la ricchezza. Il suo valore sta nell'intelligenza e nella sua attenzione agli altri, non sono solo quelli di casa, ma anche i poveri. Seguiva l'organizzazione dell'impresa del marito, faceva personalmente la pasta per il pane, con la parola e l'esempio esprimeva la sapienza a quanti abitavano o lavoravano nella sua casa. I suoi consigli erano ispirati alla bont?. Se trovate una donna cos?, qualunque et? abbiate non lasciatevela scappare! Va beh, ? un po' esagerata come descrizione, ma siamo abituati che quando uno muore diventa perfetto. Certamente sar? stata una buona sposa e madre ammirata e amata.
Cosa vuole dire a noi oggi quanto abbiamo ascoltato? Ci sono due aspetti nella nostra vita: uno esterno, fatto della laboriosit? della donna descritta, artefice di felicit? e di sicurezza familiare, larga verso i poveri. La donna che viene esaltata non ? la donna che fugge il mondo impaurita. L'altro aspetto della nostra vita ? quello in cui sentiamo il nostro limite. Molte volte ci sentiamo dominare da questo aspetto e lo viviamo negativamente. Siamo precari, siamo fragili, siamo gocce di rugiada nel deserto. La saggezza ? tener conto dei due aspetti e vivere intrecciando rapporti d'amore, di consolazione, di aiuto verso le creature che sperimentano su di s? i limiti della condizione umana.
MATTEO 25, 14-30
Oggi si legge la parabola dei talenti. Puntiamo la nostra attenzione su chi ? Dio per noi! Al tempo di Ges?, padroni che intraprendevano lunghi viaggi all'estero per affari o altri scopi, non erano una rarit?. I servi principali di una casa avevano i compiti importanti, sovente dovevano sostituire i loro padroni.
Il talento ? una somma consistente. Si tratta concretamente di un peso, non di una valuta, perch? il valore della valuta dipendeva dal suo peso. Il talento corrisponde a 34 chili. Il primo servo che riceve 5 talenti, riceve 170 chili di oro o di argento. Il secondo ne riceve 2. Questi due servi riescono a far raddoppiare la somma affidata a loro perch? il tasso di interesse era molto alto. Il terzo servo, ne riceve 1 solo. Secondo la mentalit? rabbinica, lo seppellisce, perch? cos? era raccomandato dalla legge (Es.22,6-7; Lv.5), fa quindi il suo dovere. Cosa c'? che non va? Perch? viene rimproverato? Come mai i 2 servi fanno fruttare i talenti? Non era stato chiesto, il padrone aveva solo affidato loro i suoi beni. Agiscono di loro iniziativa. Notate la reazione dei 2 servi:"Subito, quegli che aveva ricevuto 5 talenti se ne and? e li fece fruttare" Perch? questa fretta? Agiscono come fossero stati loro averi. In altre parole non agiscono da servi, che eseguiscono ordini, ma come soci e stretti collaboratori del padrone. Sono intelligenti, onesti e affidabili: non approfittano della situazione. Ci? che li differenzia dal terzo ? il rapporto col padrone. Non si sentono servi, ma soci.
Il terzo ? pi? come noi, ha paura del padrone. Vi devo confessare che questa parabola mi ha tormentato non poco. Spesso mi giudicavo incapace di far fruttare i miei talenti e mi dicevo: sar? trattata come quel servo! Non ha rubato al suo padrone, non si ? fatto derubare, non ha perso il bene che gli ? stato affidato e lo restituisce intatto. Il padrone lo rimprovera perch? non ha avuto iniziativa, non ha saputo rischiare: ? rimasto troppo servo, troppo servile, non ha avuto fiducia nel padrone, ne ha avuto paura. L'ha giudicato duro. Ha voluto salvare il talento e l'ha perso! Gulp! Amici ? ora di chiederci chi ? per me -Dio-, che mi ha regalato le doti, per esempio la capacit? di ascoltare, di pazientare, di perdonare; il buonumore, la sincerit?, accorgermi degli altri, la semplicit?.. il tempo.? Se faccio crescere queste doti, la felicit? si diffonder? "Prendi parte alla mia gioia" dice il padrone. Il servo non aveva capito che l'impegno per sfruttare il suo talento, sarebbe andato a suo beneficio. Gli era stato chiesto di lavorare per se stesso non per il padrone. Dio non ? un ragioniere e neanche un commercialista. Non gli interessa la contabilit? finale, ma che ognuno cresca interiormente e sia felice. Non ? neanche il risultato che dobbiamo guardare ma l'impegno e la fiducia. Ho capito che Dio non mi chiede nient'altro che fidarmi di lui, che ? un Padre, mi ama gratuitamente e mi vuole felice. Perch? avere paura? Gli sbagli, lo scoraggiamento, le mie debolezze non mi devono fare pi? paura perch? posso contare sull'amore del Padre. Il senso della vita ? nell'amore. Solo amando si vince la paura. Se riponiamo la nostra sicurezza nella forza, questa ? una falsa sicurezza.
Le parole del padrone apparentemente dure sono invece un accorato lamento del padrone che non ? stato capito dal servo:"tu mi hai giudicato duro, accetto questa calunnia, ma tu non hai conosciuto e creduto al mio amore per te. Tu sei mio socio, mio figlio, fidati e non avrai pi? paura." Ma chi ? duro? Mi pare che lo siamo noi, che non sappiamo amare e non riusciamo a credere che Dio ci ama. Notate che il padrone non vuole indietro niente, rende partecipi i suoi servi dell'intero patrimonio, del suo amore. Una falsa immagine di Dio ha paralizzato la vita del servo.
Non ho pi? parole, adesso dobbiamo fare i fatti. Sappiamo che Dio creandoci ha voluto condividere qualcosa di se stesso con noi: il suo Amore e vuole che lo condividiamo con gli altri, perch? ? nella natura stessa dell'amore, essere diffuso.
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