Omelia (22-11-2017)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su 2Mac. 7, 1; 20-21; 27-29

«In quei giorni ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Soprattutto la madre era ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un solo giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva (al più giovane): "Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia"».

2Mac. 7, 1; 20-21; 27-29


Come vivere questa Parola?

Questa volta mi soffermerò brevemente sulla prima lettura del giorno, tratta dal secondo libro dei Maccabei e riportata riassuntivamente più sopra. Per un duplice motivo: primo, per evitare ripetizioni noiose, giacché il Vangelo odierno di Luca è l'identica versione, con poche varianti, di quella già meditata nel Vangelo di Matteo domenica scorsa (a cui rimandiamo); secondo, perché questo bel libro della sacra Scrittura è raramente citato dalla liturgia e poco conosciuto.

Ci troviamo come spettatori immersi in una scena di martirio cruento di sette fratelli e della loro eroica madre, ove il protagonista non è il crudele tiranno di quel tempo, ma la voce alta della fede di Israele, che per la prima volta proclama ad alta voce la certezza della risurrezione e della vita eterna che verrà consegnata ai martiri. Il periodo storico è quello del dominio del re Antioco IV Epifane (175-164 a. C.) che mirava a estendere il culto delle divinità greche anche nella popolazione giudaica. Fu questo un momento terribile di persecuzione per tutti gli osservanti del culto ebraico e della Legge, secondo la tradizione dei padri, e che si opponevano con tutte le forze al processo di ellenizzazione pagana, sistematicamente perseguito dai dominatori del tempo, i Seleucidi. Ben presto questi racconti edificanti divennero un modello molto seguito per i successivi atti dei martiri e contribuirono a infondere coraggio e forza ai perseguitati.

Il brano che leggiamo si sofferma sulle affermazioni tenere e commoventi della madre dei fratelli maccabei di fronte all'ultimo figlio più giovane che sta per essere trucidato: "Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia".

Testi come questi ritornano oggi di bruciante attualità anche per noi cristiani del terzo millennio!


La voce di un Autore spirituale del nostro tempo

"Riaccendi nel nostro cuore il tuo folle amore per il rischio, la tua incrollabile fiducia nella vita. Ridonaci la passione per la vera vita dell'uomo, l'ardimento di anteporre a tutto il compimento del tuo amore".

G. VANNUCCI, La vita senza fine, Milano 1985), p. 221


Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it