Omelia (08-12-2017)
fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 1,26-38

Riprendiamo la riflessione iniziata domenica scorsa, sul rapporto di vicinanza/lontananza - per non dire amore/odio - tra l'uomo e Dio, quel misto di desiderio umano, paura, insofferenza, che rende così faticosa la relazione di fede.
Il racconto del peccato originale presenta l'eterna concorrenza tra l'uomo e Dio, tra la creatura e il Creatore... Intendiamoci, non si tratta del punto di vista di Dio, ma di quello dell'uomo.
Dio non teme nulla dall'uomo... lo ha creato Lui, e lo ha creato per amore!
È l'uomo, siamo noi a vivere il rapporto con il Divino in termini di timore, timore non inteso nel suo significato originale, di amore filiale; timore vissuto come paura.
E quando c'è paura, non c'è fiducia. Quale amore è possibile quando manca la fiducia? Nessuno!
Detto così, a molti sembrerà un'esagerazione: com'è possibile non amare Dio?
Soprattutto in questo tempo di preparazione al Natale, mistero di un Dio che si fa uomo e che muore per salvarci dai nostri peccati, si può aver paura di un Dio così buono, così umile?
Per contro, molti cristiani di fede convinta sono altrettanto convinti che, prima di affrontare una prova cruciale per la loro vita - un'operazione pericolosa, un esame importante... - convenga "rigar dritto"... non si sa mai. Prima di finire sotto i ferri, è meglio evitare il peccato... chissà che Dio ci sia propizio; lo prescrive anche il libro dell'Esodo (cap.19).
Il rimorso di coscienza per aver commesso ciò che è male agli occhi di Dio, volge l'amore di Adamo in paura; Adamo si nasconde, illudendosi di nascondere a Dio la sua nudità; a proposito di nudità, la Genesi non la interpreta in termini fisici, materiali, ma spirituali: essere nudi davanti a Dio significa non avere segreti per Lui; che ne dite, è un fatto positivo, o negativo? Per Adamo è un aspetto negativo, talmente negativo, che (Adamo) corre a nascondersi.
Il peccato, così come lo sperimenta il cuore del peccatore, è molto di più che un atto sbagliato; il peccato coincide addirittura con la persona, è nel suo stesso DNA...
Visto con gli occhi di Dio, il peccato non coincide affatto con la persona; e l'amore che Dio nutre per la sua creatura preferita, non viene meno a causa del peccato; anzi, per assurdo, l'amore di Dio diventa più forte! dico, "per assurdo", perché l'amore infinito di Dio non più aumentare... se è già infinito... Non esiste un infinito più infinito dell'infinito, vi pare?
Fatto sta che noi non siamo in grado di concepire un amore che rimanga intatto nonostante l'offesa subita. I nostri amori non sono così forti. È per questo che facciamo fatica a perdonare! Ed è per questo che la fede cristiana è così difficile da vivere in modo integrale.
Sulla questione del perdono, prima o poi, ci scontriamo tutti, e non ne usciamo indenni.
Il problema resta: come peccatori non ci sentiamo mai del tutto perdonati; come offesi dal peccato altrui, non riusciamo mai a perdonare del tutto.
Nella seconda lettura, Paolo esprime la dignità dell'uomo a motivo del sacrificio di Cristo: in Lui siamo stati scelti fin dalla creazione del mondo, anzi prima ancora, per essere santi e immacolati. Naturalmente queste caratteristiche sono funzionali alla fede. È la fede che ci rende sempre e comunque bene accetti a Dio. La fede ci consente di compiere il cammino inverso all'allontanamento; (in virtù della fede) possiamo ritornare a Dio ed essere pienamente accolti tra le braccia della sua misericordia.

...E veniamo al Vangelo: il saluto dell'angelo esprime l'atteggiamento che la creatura in grazia di Dio assume di fronte a Lui: rallegrarsi perché il Signore è con lei.
Tuttavia anche Maria, pur essendo senza peccato originale, e non avendo, dunque, motivo di temere alcunché da Dio, anche lei prova un'istintiva paura, intuendo che qualcosa di straordinario sta accadendo dentro e fuori di lei. E allora l'angelo spiega. Ecco cosa succede quando abbiamo il coraggio di non fuggire: Dio ci rivela la sua volontà e ci spiega ogni cosa.
La nostra risposta non è un ‘sì' dato completamente al buio. Il nostro assenso è piuttosto un consenso; in altre parole, la volontà di Dio intercetta il nostro desiderio di Lui: il punto di incontro costituisce l'aspetto che l'uomo ha in comune con Dio e che fonda il consenso.
È vero, ciò che abbiamo in comune con Dio è poca cosa, rispetto a ciò che supera il nostro intelletto, la nostra volontà e libertà. Tuttavia, quel poco ci basta a sottoscrivere l'impegno.
Per Maria fu lo stesso. Nonostante la sua immacolata concezione, la futura Madre di Dio dovette superare la fatica quotidiana di accogliere il piano di Dio, pronunciando ogni giorno il suo ‘sì'.
Strada facendo, il Figlio le avrebbe ripresentato la domanda dell'angelo, affinché (Maria) vi facesse memoria, e questa memoria restasse viva ed efficace nel cuore di lei.
Pensate al coraggio di Maria nel dire sì a Dio, quando, alla nascita del bambino, dovette fuggire in Egitto, per salvarlo dalla furia di Erode; o quando, dodici anni dopo, lo perdette per tre giorni; considerate il dolore intimo di lei quando vedeva crescere l'ostilità dei capi religiosi nei confronti di Gesù; il coraggio, infine, di dire ‘sì' alla sorte tragica di Gesù, condannato a morte e crocifisso...
La passione del Figlio fu la passione della madre, come profetizzò il buon vecchio Simeone, stringendo tra le braccia il bambino Gesù, il giorno della sua presentazione al Tempio.
Vorrei rimarcare per l'ultima volta il fatto che il ‘sì' di Maria, non è solo l'accettazione della volontà dell'Onnipotente, ma, prima di tutto, un atto di fede in Lui. Dire di sì a Dio non è un'altra cosa rispetto alla fede; l'assenso della fede contiene tutti i nostri ‘sì', dal primo all'ultimo.
Per contro, la nostra fede, che non è pura come quella di Maria, contiene anche i nostri ‘no', dal primo all'ultimo.
Coraggio, facciamo la nostra professione di fede, nella speranza che cresca più forte e sincera.