Omelia (25-12-2017)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Lucia Piemontese

Nelle rappresentazioni più correnti, la scena della nascita di Gesù (cf Lc 2, 1-14) è corredata da mille piccoli elementi che tendono ad esaltarne la tenerezza fino a sfociare, a volte, in un dolciastro tenerume. Purtroppo in questo modo viene annacquato il potente messaggio del Vangelo, che è bellissimo e scomodante allo stesso tempo. Per comprenderlo è utile cominciare dalla divisione interna del racconto. Su quattordici versetti i primi sei riferiscono le circostanze storiche, uno è dedicato alla descrizione della nascita di Gesù, gli ultimi sette riguardano il messaggio ai pastori. Quindi due parti ampie e un versetto (v.7) centrale.
La prima parte è molto importante, fondamentale per la nostra fede perché afferma la verità storica della nascita di Gesù, il Cristo. L'evangelista, proprio per sottolineare che non si tratta di un'invenzione, riporta dati storico-geografici, indica il dove e il quando è avvenuta. Il significato è che con Gesù Dio è entrato realmente nella storia umana, fatta di luoghi e di date, di governatori e censimenti, di imperatori e sudditi. E' bello notare anche che questi riferimenti sono carichi di mistero: il richiamo a David contiene una allusione messianica, l'insignificanza dei luoghi è un segno delle scelte di Dio, c'è già - sebbene ancora nascosta nel grembo di Maria - la presenza di Gesù l'Emmanuele - Dio con noi che cammina con il suo popolo oppresso, condividendone le fatiche.
Il versetto della nascita è caratterizzato da una estrema sobrietà espressiva. Il narratore non ci fa udire il pianto del bimbo né vedere i primi sorrisi, perché non vuole indirizzarci verso un' emozione sentimentale; gli interessa piuttosto sottolineare la semplicità e povertà della situazione, la mancanza di posto per loro, e quell'essere avvolto in fasce che sarebbe una notazione fin troppo ovvia trattandosi di un neonato se non alludesse alle bende che avrebbero avvolto il corpo di Gesù nella sepoltura. La scena è carica di silenzio: la venuta di Dio non fa rumore e non fa paura, veramente giunge come pioggia sul vello e come rugiada sull'erba!
La terza parte è dedicata al messaggio ai pastori, i quali costituivano una delle categorie più reiette ed infime; considerati impuri a causa del loro mestiere che non permetteva le abluzioni rituali, erano esclusi dalla comunità. Proprio a queste persone marginali l'angelo del Signore porta l'annuncio della grande gioia e rivela l'identità del bambino. Le prime parole sono «non temete!». Dal giorno in cui Adamo ha peccato e si è nascosto da Dio per paura, da allora Dio gli ripete: non temere! E' il leit-motiv di tutta la storia della salvezza: non temere Abramo! non temere Giosuè! non temere Israele mio servo! non temere Geremia! non temere Sion! non temere Zaccaria! non temere Maria! non temere Giuseppe! non temere Simone! non temete donne venute al sepolcro... non temete voi che celebrate il Natale oggi!
Non c'è da aver paura, anzi, c'è da essere felici perché oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore
. Le parole di queste annuncio riempiono davvero di gioia, fanno sospirare di sollievo e gratitudine!
L' oggi di cui parla l'angelo è il punto centrale della storia umana, è il suo punto di svolta: è venuto al mondo Gesù il Messia, il Verbo di Dio si è fatto carne, ha assunto la nostra umanità, si è unito a noi per unirci per sempre a Lui. E' il mistero dell'Incarnazione, il meraviglioso scambio, l'impensabile con-discendenza di Dio verso la sua creatura! E quell'oggi di oltre duemila anni fa, pur essendo un momento preciso e puntuale nella storia, è profondamente e indissolubilmente legato al nostro oggi, a quello che siamo e possiamo essere oggi, perché nel mistero del suo farsi uomo Dio ha abbracciato la vita di ogni persona per liberarla trasformarla salvarla.
La bella notizia è che è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore. Grazie al Cielo, non è uno dei tanti Cesare Augusto della storia, non è il solito salvatore della patria che ciclicamente si impone in qualche angolo di mondo, ma è Colui che è Cristo Signore, è il promesso e la promessa di Dio, è il suo Figlio unigenito, l'unico Salvatore. Ed è stato partorito/è nato a noi, alla nostra umanità e per noi, a nostro favore e vantaggio. Il suo esserci è proprio per noi, ci è stato dato, ci riguarda direttamente.
L'annuncio è accompagnato da un segno che orienti le fede dei pastori, figura degli umili della terra: un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. Il segno di Dio è quanto di più lontano ci possa essere dalle aspettative umane: un neonato in una mangiatoia!
Ma come potrà mai salvarci uno così inerme, così bisognoso, così «povero»? Eppure, Dio viene e ci salva così, offrendosi a noi in punta di piedi, con i segni di una debolezza disarmante, in una umiltà così estrema da poter essere solo divina. La scena termina con una visione di Cielo, con la moltitudine celeste che canta l'inno Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama. Gli angeli proclamano la gloria di Dio, cioè la grandezza della sua bontà che sfolgora nell'alto dei cieli e che ora si manifesta sulla terra con il dono della pace/shalom, l'insieme dei beni della salvezza che Dio offre a tutti gli uomini perché li ama, perché sono i figli della sua benevolenza. La buona volontà qui non è quella degli uomini (come traduce la Vulgata, pax hominibus bonae voluntatis) ma è il buon volere di Dio.
Giunti alla fine, ci accorgiamo che il racconto della nascita di Gesù comincia mostrandoci quello che fanno i potenti della terra, un censimento per contare i sudditi e misurare il potere al fine di dominare/ sfruttare e finisce con quello che fa Dio ossia camminare con il popolo/rivelarsi agli umili/donare la pace/portare la gioia/inondare di luce/salvare. Terra e cielo si toccano, si incrociano, le tenebre della terra vengono illuminate dalla luce del cielo. Al centro c'è Gesù che con la sua nascita cambia le sorti dell'umanità e da senso, gioia, speranza a quelli che accolgono la buona notizia della sua venuta.
Contemplando il mistero della nascita di Gesù siamo davanti all'immenso amore di Dio.
L'atteggiamento giusto non può che essere il silenzio adorante. Silenzio profondo per ascoltare il Verbo di Dio che ci parla in questo Figlio dell'uomo nato per noi a Betlemme di Giudea. Silenzio profondo per far risuonare in noi le parole del profeta Isaia: attenti! questo bambino è Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace! Silenzio profondo per accogliere l'invito dell'apostolo Paolo: rinnegate l'empietà, vivete con sobrietà giustizia e pietà perché questo bambino è la grazia di Dio che si è manifestata e che porta salvezza a tutti gli uomini. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità.
Sappiamo che i pastori hanno accolto l'annuncio dell'angelo e sono andati in fretta a Betlemme a vedere il bambino. Dopo averlo visto, annunciavano la parola udita e glorificavano Dio. E noi? Andremo incontro oggi a questo Dio dai pensieri così diversi dai nostri, che ha voluto abbassarsi per innalzarci, farsi povero per arricchirci? Risponderemo oggi alla sua benevolenza con la nostra buona volontà? Daremo accoglienza al Signore che vuole nascere/venire oggi a liberare la nostra vita? Se diciamo di sì, facciamo in modo che quei sentimenti belli e quella nostalgia di bene che proviamo davanti al presepe non rimangano solo emozioni ma si traducano in scelte concrete e quotidiane di fede e di speranza, di pace e di perdono, di giustizia e di carità.
Diciamogli di sì, Egli è la nostra Pace.