Omelia (25-12-2017) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Perché l'uomo fosse tale appieno "Io vedo la sua onnipotenza adesso limitata, la sua immensità raccorciata, la sua eternità assoggettata al tempo, la sua giustizia disarmata, la sua maestà carezzevole e familiare, e la sua grandezza abbassata fino alla stregua di un uomo, e di un uomo appena nato." Così riflette nel suo testo spirituale sulla Divina Infanzia il P. Avrillon, religioso dei Minimi del 1600, invitando ad associarci ai pastori che accorrono all'annuncio dell'angelo, apportatore per loro di liete notizie. Proprio ai pastori, categoria sociale reietta e disprezzata perché rozza e illetterata e non in grado di comprendere la Scrittura, il messaggero divino annuncia l'immensa gioia di un bambino che giace in una mangiatoia. Un bambino era già stato prefigurato da Isaia (7,14), anche questo figlio di una vergine (o giovane fanciulla); sempre Isaia preannunciava, sia pure per metafore che "vitelli e leoncelli pascoleranno insieme, sarà un bambino a guidarli"(Is 11, 7). Certamente il profeta si riferiva nell'immediato a personaggi specifici dell'epoca, come il re Ezechia, ma i testi sono anche messianici: si riferiscono effettivamente re universale salvatore tanto atteso, adesso giacente immobile e gemente nella grotta di Betlemme. In definitiva, Dio attraverso un disponibile e casto verbo vergineo diventa Bambino per la gioia dei pastori e di tutti gli uomini peccatori. Assume una carne innocente per avere modo di recare su di sè il gravame dei peccati dell'umanità. Cosa che avverrà effettivamente sulla croce, dove il suo sangue sarà il prezzo del nostro riscatto, ma anche adesso, nella sua semplicità, nella sua debolezza, nel suo silenzio eloquente si fa apportare di salvezza. Sempre il P. Avrillon osserva: Gesù Bambino piange e le sue lacrime lavano i nostri peccati. Piange e geme affinché noi possiamo cessare il pianto delle nostre colpe. Ma il Dio Bambino, concepito fra i disagi e i dolori di una donna gravata dalle doglie del parto, con la sola premura dello sposo Giuseppe e priva di qualsiasi assistenza e conforto materiale, mentre poco prima veniva rifiutato dai gestori refrattari dell'albergo, divenendo oggetto di cinismo, di rifiuto, di indifferenza anche da parte della gente del villaggio, ora diviene al contrario oggetto di attenzione da parte di persone che addirittura non avrebbero mai pensato di prostrarsi in sua adorazione: appunto i pastori. E poco più tardi anche i sapienti e dotti Magi. Betlemme significa letteralmente "casa del pane", alimento che accomuna e pacifica tutti gli uomini. Gesù Bambino, che avrà modo di definirsi successivamente pane vivo disceso dal Cielo, in questo luogo raccoglie persone di diverse estrazioni: rozzi e triviali pastori e intellettuali raffinati, divenendo la meta preferita anche di preclusi e miscredenti. Sia pure nel silenzio e nell'estrema debolezza, Dio nella sua Infanzia coinvolge tutti, attira e apporta un saggio della salvezza il cui annuncio si concreterà nelle parole "Convertitevi e credete al Vangelo" Perché Dio si è umiliato così tanto da rivestire la debolezza di un Fanciullo indifeso? Semplicemente perché qualsiasi altro ricorso o espediente per raggiungerci non sarebbe stato sufficiente a convincerci della nostra estrema precarietà, della nostra insufficienza e del sottaciuto bisogno di essere recuperati alla dignità di uomini. Dio si è fatto Bambino perché l'uomo prendesse coscienza che per essere tale ha bisogno di Dio. Ma soprattutto perché solo l'incarnazione nella Divina Infanzia poteva renderci adeguatamente consapevoli che Dio nei nostri confronti è Amore e non coercizione, umiltà e non sopraffazione, pace e giustizia e non costrizione nel timore servile. Chi è smarrito e abbandonato a se stesso ha bisogno di sentirsi amato e favorito e appunto questo è l'obiettivo di un Dio che si fa Bambino: amare l'uomo fino in fondo, o meglio sin dall'inizio. Cioè sin dai primi passi dell'infanzia umana e della successiva crescita e formazione. In definitiva, Dio si è fatto Bambino perché l'uomo fosse uomo appieno. Come dice allora S. Agostino: "Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà. Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Saresti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti stato liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato Ti saresti trovato per sempre in uno stato di miseria se lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere se lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno se lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto se lui non fosse arrivato." |